Donald Trump torna di nuovo alla Casa Bianca, votato dalla classe media dimenticata dal Partito Democratico

Di solito quando si perde bisognerebbe ammettere l’errore o gli errori commessi. Nel caso della notte appena trascorsa, dove tutti attendevano la storia arrivare, passare e per poi rimanere nella memoria collettiva di tutti noi per l’avvento, alla Casa Bianca, di quella che doveva essere la prima donna Presidente degli Stati Uniti d’America, la medesima è passata, la storia intendiamo. Anzi, per qualcuno è tornata e nella veste o immagine peggiore in cui poteva materializzarsi.

L’apriamo così, dunque, questa ultima parte dell’ultima serie di reportage interamente dedicati alle elezioni americane che, in queste ore tra il 5 e 6 novembre, comunque, non si sono smentite. Si aspettava la sorpresa, come lo fu John Kennedy, nel 1960, come lo fu Ronald Reagan venti anni più tardi, come lo fu, giustamente, Barack Obama nel 2008, come lo è stato Donald Trump otto anni fa e, perdonateci cari lettori, nel ripetere la stessa parola, come lo stesso Donald Trump, il quale ripete, a sua volta, Glover Cleveland, il Presidente degli Stati Uniti che venne eletto per ben due volte ma non per due mandati consecutivi.

Kamala Harris non è riuscita a fare meglio di Hillary Clinton, Kamala Harris non è riuscita ad evitare che Donald Trump faccia il suo secondo ingresso alla Casa Bianca. Dicevamo, quindi, che quando si commettono degli errori, di qualsiasi entità, dovrebbero essere ammessi e, a seguire, cambiare la rotta.

Invece, in tutti questi anni, a partire dagli anni ’90 la rotta non è stata mai e poi mai cambiata da parte di un lato ben preciso e specifico della politica. Intendiamoci, le motivazioni e le intenzioni erano più che nobili, erano più che giuste nella loro essenza. Ma, molto probabilmente, chi si è alternato al potere, in questi lunghi trenta anni, non è mai e poi mai stato a contattato con i reali problemi che la stessa classe media iniziava a soffrire. Una classe media, negli stessi Stati Uniti d’America, che era risorta nell’intero decennio 1980.

Scelte, indirizzi, visioni, prospettive che più che portare quella concretezza economica sognata da coloro che l’avevano ideata e pensata; senza dimenticare anche coloro che, comunque, l’avevano accarezzata con la speranza che potesse diventare realtà.

È vero, con questa premessa che sarebbe ulteriormente lunga, si potrebbe aprire o inaugurare anche un altro speciale o reportage che avrebbe come inizio un’altra data: 9 novembre 1989. Quella realtà si chiamava globalizzazione e, come sappiamo, non è andata bene.

Il punto però è un altro: nonostante tutti i problemi si sono fatti sentire con mano, nella vita di tutti i giorni, seppure potesse essere complicata, la stessa classe politica non ha mai tentato, almeno una volta, di aggiustare le cose: è andata dritta come un treno, senza mai rallentare o fermarsi per vedere come realmente si stava sviluppando questo progetto ambizioso e che avrebbe avuto bisogno di altro tipo di partenza.

Ma lo sappiamo, per dovere di cronaca, dobbiamo rimanere al risultato di questa notte che, al momento di scrivere questo ultimo articolo di Road To Usa 2024, mancherebbe ancora la cosiddetta ufficialità numerica: Kamala Harris 210 Grandi Elettori, mentre Donald Trump 247. Al Tycoon gli mancano altri pochi voti per giungere a 270 Grandi Elettori ma, elemento che dovrebbe far riflettere, il voto popolare, in cui molte volte non combacia con la procedura descritta in questi giorni; invece, si è rivelato essere a valanga in un primo momento, per poi assottigliarsi leggermente nelle ultime ore.

Dunque, e a quanto pare il 47° Presidente degli Stati Uniti sarà nuovamente Donald Trump, sarà di nuovo l’uomo più diviso, più controverso e più imprevedibile della stessa tradizione presidenziale americana. Gli appelli all’unità e al voto da parte dei leader del partito democratico americano, avallati anche dalle stelle sia del cinema che della musica, non hanno sortito l’effetto sperato. L’onda blu, quello del partito della Harris, non è riuscita ad arginare l’onda rossa, quella rappresentante il partito del neo commander in chief.

Tutti adesso si chiedono cosa succederà veramente con la seconda presidenza del Tycoon: quale sarà il destino dei due conflitti, in Ucraina e in Medioriente, scoppiati durante la presidenza del suo predecessore, Joe Biden. Si diceva, con l’avvento del secondo presidente cattolico della storia degli Stati Uniti, che il mondo sarebbe stato migliore. Purtroppo, non è andata così.

Molti errori, molti tentativi di unire un paese verso una rivoluzione che faceva perdere di vista alcune problematiche interne, come per esempio; l’inflazione, l’educazione nelle scuole, qualcosa che molto probabilmente non convinceva in pieno.

Qualcuno potrebbe dire che Trump ha vinto per proprio merito; in verità ha vinto per gli errori del partito democratico o comunque di una cecità che diventava sempre più evidente per quelli che hanno sempre avuto senso critico o obiettività nell’osservare i risultati di alcune scelte o di alcune prospettive.

Ripetiamo, come abbiamo già specificato in precedenza, sia le motivazioni e le intenzioni erano più che nobili, su questo non c’è alcun dubbio. Il punto però che più di un segnale di allarme, più di un segnale di insofferenza non è stato mai e poi mai preso in considerazione.

La radicalizzazione di determinate posizioni su temi cruciali ha finito per esasperare i toni che portato, come mera conseguenza, un non dialogo fra i due schieramenti creando una frattura all’interno del tessuto sociale non solo americano. Anche se questa notte lo stesso popolo statunitense ha parlato chiaro. Per molti addetti ai lavori questo voto ha portato a scegliere il cosiddetto ‘usato sicuro’ rispetto alla novità che era rappresentata dalla stessa Kamala Harris.

Un ‘usato sicuro’ altamente rischioso e che non deve, in alcun modo, far dimenticare quello che accadde il 6 gennaio del 2021. Trump è riuscito a cavalcare l’onda della frustrazione di una classe media che non è stata adeguatamente sorretta, tutelata e protetta dall’establishment che ha corso in direzione sempre diversa da quella che la gente comune voleva.

Il che non significa che, molto probabilmente, non vuole in alcun modo voler dire che l’agenda ultra-progressista non era ben vista, forse è stata portata avanti con troppa velocità senza attendere, pazientemente, i singoli risultati per ogni settore.

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