Manca pochissimo al 5 Novembre e in questa prima parte di questo ultimo reportage sulle elezioni americani, continua la nostra analisi sulla procedura di voto
Sul finire della prima parte del reportage, ieri, ci siamo fermati sull’esempio dell’elezione di ben 8 anni fa, in cui Donald Trump sorprese tutti battendo la sua avversaria, Hillary Clinton, diventando, all’epoca il quarantacinquesimo Presidente degli Stati Uniti d’America. Eppure, siamo ben consapevoli che quello che abbiamo detto nella prima parte di questo lungo speciale, meglio inteso come reportage, non è ancora del tutto chiaro nella sua essenza, in relazione ai Grandi Elettori.
Mancano dei passaggi che ci permettono di fare chiarezza nel complesso meccanismo dell’elezione del Presidente degli Stati Uniti. Passaggi che sono, a rigor di logica, non solamente giuridici e costituzionali ma che affondano le loro radici nella storia di questo paese. Ieri ci eravamo soffermati, soltanto per un momento, sulla suddivisione del 538 sui cinquanta stati, menzionando solamente ad alcuni e non tutti quelli che compongono la nazione a stelle e strisce.
Soprattutto, in questa seconda parte, andremo a ricordare e, forse anche, ad analizzare ed approfondire, quei casi storici in cui, in alcune elezioni del passato, non tutti quelli che hanno vinto lo hanno fatto ottenendo un numero elevato di voti, semmai il contrario. Prima, però, e per una miglior informazione ecco tutti e 50 gli stati con il numero preciso di Grandi Elettori assegnatogli elencati in perfetto ordine alfabetico:
Alabama 9; Alaska 3; Arizona 11; Arkansas 6; California 54; Colorado 10; Connecticut 7; D.C. 3; Delaware 3; Florida 30; Georgia 16; Hawaii 4; Idaho 4; Illinois 19; Indiana 11; Iowa 6; Kansas 6; Kentucky 8; Lousiana 8; Maine 4; Maryland 10; Massachusetts 11; Michigan 15; Minnesota 10; Mississippi 6; Missouri 10; Montana 4; Nebraska 5; Nevada 6; New Hampshire 4; New Jersey 14; New York 28; Nord Carolina 16; Nord Dakota 3; Nuovo Messico 5; Ohio 17; Oklahoma 7; Oregon 8; Pennsylvania 19; Rhode Island 4; Sud Carolina 9; Sud Dakota 3; Tennessee 11; Texas 40; Utah 6; Vermont 3; Virginia 13; Virginia Occidentale 4; Washington 12; Wisconsin 13; Wyoming 3: in totale, dunque, e come detto fino adesso 538.
Tali valori, tale peso attribuito ad ogni singolo Stato però, non è sempre rimasto invariato a partire dal lontano 1788, no. Da quell’anno in particolare i valori sono mutati in base all’evoluzione di ogni singolo territorio degli Stati Uniti.
Adesso, però, prima di entrare ancora di più nel merito, ricordiamo, in ordine cronologico i casi in cui alcuni Presidenti hanno fatto ingresso alla Casa Bianca ottenendo meno voti rispetto al loro avversario di turno. Dobbiamo ammetterlo che tra tutti e quarantasei solamente quattro si sono avvantaggiati di tale procedura. Ma continuiamo ad andare con ordine, cercando di saltare nessun passaggio in merito. Il primo caso lo si ebbe nel lontano nel 1876, cento anni dopo alla Dichiarazione d’Indipendenza, quando Rutheford B. Hayes ottenne 4.034.311 di voti. Mentre il suo avversario Samuel Tilden 4.288.456. Hayes, in quell’occasione, divenne il diciannovesimo Presidente della storia della nazione. La seconda volta accadde qualche anno più tardi, nel 1888. A sfidarsi in quel momento erano il repubblicano Benjamin Harrison contro il Democratico Grover Cleveland. Harrison ottenne 5.443.892 contro i 5.534.488 milioni di voti del suo avversario, ma non bastò a farlo eleggere come il 23° Commander In chief degli Usa.
Dal 1888 al 2000 passano un bel po’ di decenni, diciamo così. La prima elezione del nuovo millennio vedeva come protagonisti George W. Bush, figlio di Bush Sr, e Al Gore. Quest’ultimo ottenne ben 50.999.897 contro il figlio d’arte il quale la spuntò con 50.456.002. Alla fine, sappiamo tutti com’è andò a finire. Come sappiamo tutti com’è andata a finire anche otto anni fa, dove il Tycoon vinse contro quella che poteva essere la prima donna alla Casa Bianca.
A questo punto non ci rimane che riprendere l’analisi sulla differenza tra i voti espressi dal popolo americano e come non possano bastare nel momento in cui i delegati stessi hanno il potere di ribaltare la situazione. Sull’elezione del 2016 ci furono aspre polemiche, talmente forti che si pensò, in un primo momento di abolire la procedura con i Grandi Elettori.
Come avete notato, dunque, ogni Stato ha un proprio peso, aumentato nel tempo in alcuni casi, soprattutto per effetto della popolazione. Per essere ancora più precisi il numero, ad ogni singolo Stato, viene assegnato dallo stesso Congresso. Un numero che, nella sua essenza, è lo stesso che rappresenta la composizione dei membri dello stesso parlamento statunitense. Con ciò significa, ulteriormente, ad ogni Stato vengono assegnati, proporzionalmente alla popolazione, sia i componenti della Camera dei Rappresentanti, i deputati, e quelli della Camera del Senato, i senatori quindi.
Attenzione, però, per quanto riguarda il numero dei componenti della Camera dei Rappresentanti da attribuire ad ogni singolo stato, rispetto ai senatori che è fisso a due, il numero stesso può variare. Come può variare anche il numero dei Grandi Elettori, come avete visto ma non può essere inferiore a 3.
Altro dettaglio da non sottovalutare o quantomeno da non dimenticare e che rappresenta, più di ogni altra cosa, il vero ostacolo per ogni candidato che vuole arrivare alla Casa Bianca è quello rappresentato dall’espressione ‘Swing State’. Dall’apparente pronuncia dolce, in verità questa espressione nasconde delle insidie molto rilevante. Anche in questo caso andiamo a chiarire con che cosa si fa riferimento con tale parola.
Partiamo da un solo presupposto. Per esempio, usiamo le nostre regioni, che non possono essere paragonabili agli stati americani ma almeno cerchiamo di rendere il senso della nostra spiegazione. Ogni regione, per ogni coalizione politica, è da sempre una roccaforte. Ciò vale anche negli Stati Uniti d’America con gli Stati, anche se non sempre è così.
Cosa vuol dire? Significa che, sempre storicamente, ci sono quelle regioni, per l’Italia, e Stati, per gli Usa, si possono definire come ‘Swing states’. È chiaro che questa ultima espressione vale più per la nazione a stelle e strisce che per noi e, nella loro essenza, con tale termine sta ad indicare quegli stati che possono passare da una parte o dall’altra in maniera repentina, durante la tornata elettorale.
Nel senso che se quattro anni prima, in un determinato Stato si è votato per i Democratici, non è detto che il prossimo 5 novembre questo risultato venga confermato e viceversa.