Manca pochissimo al 5 Novembre e in questa prima parte di questo ultimo reportage sulle elezioni americani, continua la nostra analisi sulla procedura di voto

Finalmente ci siamo, il conto alla rovescia è ormai ridotto fino all’osso negli Stati Uniti d’America. Con oggi mancano esattamente solo quattro giorni alla resa dei conti tra Kamala Harris e Donald Trump. Chi sarà il quarantasettesimo Presidente degli Stati Uniti? Chi cercherà di riprendere in mano una nazione visibilmente con il morale a terra? Lasciando perdere, al momento, su chi sia il più indicato tra i due nel varcare la soglia dell’edificio situato all’indirizzo numero 1600 di Pennsylvania Avenue di Washington, è normale, da parte nostra, soffermarsi, almeno per questo primo appuntamento ancora sul meccanismo elettorale, non propriamente completato nell’ultimo speciale di qualche settimana fa.

Parafrasando il grande, sfortunato ed indimenticabile Enzo Tortora, ci chiediamo: dove eravamo rimasti? Fino allo speciale precedente abbiamo cercato di spiegare, per sommi capi quasi, il vero meccanismo di voto negli Usa; partendo dalla sbagliata concezione che il voto che ogni americano attribuisce ai rispettivi candidati sia diretto, ci siamo, quasi, impelagati, in un excursus storico con la speranza che sia stato se non proprio completo, almeno abbastanza esaustivo, per chiarire l’equivoco che porta a tale convinzione.

Come abbiamo potuto appurare, anche durante le cosiddette elezioni interne ai due partiti, le primarie, chi si reca a votare attribuisce il suo consenso ai cosiddetti delegati i quali, in maniera, diretta, rappresentato gli stessi candidati oggetto della procedura di votazione. Si, in fondo lo abbiamo ammesso anche noi nel precedente speciale: è un’operazione leggermente contorta. Ma, la medesima, viene anche applicata in vasta proporzione, quindi su scala nazionale, proprio per quanto concerne i cosiddetti Grandi Elettori. Cosa sono e soprattutto che valenza posseggono?

Anche in questo e, subito, per questo primo appuntamento con l’ultimo speciale o, sarebbe meglio dire, reportage interamente dedicato alle elezioni americane, il nostro classico mantra che ci contraddistingue: andiamo con ordine e, aggiungendo, anche con particolare attenzione.

Partiamo da un presupposto che tutti quanti, più o meno, sono al corrente: gli Stati Uniti sono una nazione composta da ben 50 Stati. Ognuno di essi, ognuno di questi Stati, ha un peso all’interno della stessa unione, con questo si vuol dire che alle volte l’importanza di un singolo stato o più stati può essere rilevante rispetto ad un numero elevato di voti ottenuto da un candidato per poter vincere le elezioni.

Lo sappiamo: scritto in questa maniera, involontariamente, il concetto tende a confondere molto le acque; ma per farvi comprendere al meglio tale concetto o comunque nel tentativo di spiegarvelo in maniera molto semplice, sarebbe più utile nel continuare ad andare per gradi.

Precisando che in qualsiasi elezione che si rispetti vale sempre il principio secondo cui chi conquista o comunque ottiene più voti vince o sale al potere, negli Stati Uniti d’America è così ma in maniera leggermente diverso. Innanzitutto, c’è bisogno di specificare, nella sua essenza, il significato dell’espressione ‘Grandi Elettori’ e non solo dal punto di vista giuridico, ma anche e soprattutto, dal punto di vista storico. Per non dilungarci molto, perché è quello il rischio in cui stiamo incorrendo, cari lettori, basta fare un solo esempio seppur in maniera anche semplicistica.

Con tale termine si è sempre indicato, nel corso del tempo e quindi della storia, un ristretto o limitato, per non dire anche, un gruppo di persone che detiene il potere di eleggere qualcuno ad una carica politica. Il primo vero esempio, per l’appunto, storico di Grandi Elettori lo possiamo trovare durante il periodo del Medioevo e, più precisamente, del Sacro Romano Impero.

Tale figura venne istituzionalizzata grazie alla cosiddetta Bolla D’oro, tra 1356 ed il 1508, che gli conferirono il potere di eleggere l’imperatore o anche il Re. In tale caso l’attribuzione di Grande Elettore veniva rappresentata dagli stessi principi. Prima di ritornare nel Nuovo Mondo, una piccola e doverosa digressione storica sulla ‘Bolla d’oro’. Quest’ultima era, ufficialmente, un documento fruito dalla o dalle cancellerie imperiali. Il primo uso storico avvenne durante il Regno di Costantinopoli e poi, successivamente, proprio nel Medioevo.

Dunque, fino adesso abbiamo solamente sfiorato l’argomento, lo abbiamo circumnavigato come le tre caravelle dirette, erroneamente, verso il nuovo continente tutto da scoprire e se ci siamo soffermati così a lungo c’è un motivo ben preciso: torniamo al concetto espresso precedentemente, quello secondo cui chi ottiene più voti, secondo la logica, vince le elezioni.

Negli Usa non è propriamente così. Gli stessi sono anche conosciuti con il termine di ‘Electors’ e, come specificato in maniera indiretta durante l’analisi sul sistema di votazione relativo alle primarie di ogni singolo partito, compongono il collegio elettorale, appunto, che elegge sia il Commander in Chief e sia il Vicepresidente. Il collegio elettorale, a sua volta, è composto dai delegati che sono eletti su base statale. Ricordiamo che gli stessi delegati sono coloro che decidono di rappresentare il candidato e non devono essere solo politici, ma anche semplici attivisti che credono nel programma proposto dal candidato di turno.

Dunque, questo collegio elettorale ha il potere di decidere le sorti delle elezioni americane ed è costituito da ben 538 componenti, la cui suddivisione di tale numero rappresenta il peso specifico di ogni Stato. Per esempio, tanto per citarne qualcuno: lo Stato della California ne ha ben 54, quello della Florida 30, Texas 40, New Jersey 14, Illinois 10.

Ripetiamo, questi numeri rappresentano il peso che ogni Stato possiede nell’ambito elettorale. Un peso specifico che è stato attribuito nel corso della storia degli Stati Uniti, a partire, esattamente, tra gli anni 1788/1800. Quando, proprio il sistema così come lo conosciamo iniziò a svilupparsi e ad avere, poi, una sua totale definizione.

Quindi, con l’applicazione di tale sistema può veramente capitare che un candidato, una volta ottenuto il numero maggiore dei voti rispetto al suo diretto avversario, non venga ugualmente eletto Presidente degli Stati Uniti, perché? perché tutto ruota intorno al numero che compone il collegio elettorale dei Grandi Elettori 538.

Il prossimo 5 novembre, sia Donald Trump e sia Kamala Harris, per sperare di entrare alla Casa Bianca, devono raggiungere quota 270 Grandi Elettori, ossia la metà più uno del numero previsto. Ecco perché, nel 2016, nonostante non prese il maggior numero dei voti a vincere fu proprio Trump grazie all’applicazione di questo particolare meccanismo.

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