Nuovo speciale che funge sempre di più da tappa di avvicinamento al 5 novembre prossimo
Avete ragione, abbiamo saltato un giorno: ma oggi ripartiamo subito dove ci eravamo fermati l’altro ieri: George Washington, John Adams, Thomas Jefferson, James Madison, James Monroe, John Quincy Adams ed Andrew Jackson. Come detto nella prima parte di questo speciale l’elenco si ferma qui, per poi riprendere grazie alla procedura che conosciamo noi per quanto riguarda l’elezione del Presidente degli Stati Uniti con l’applicazione del meccanismo relativo delle primarie.
Dunque, nella storia delle presidenziali, si potrebbe dire, esiste un prima ed un dopo. Un prima delle primarie, perdonateci il gioco delle parole, e un dopo le primarie stesse. Quello che stiamo ancora analizzando in continuazione, con qualche piccola e leggera variazione, a partire dal lontano 1832. A questo punto, seppur sempre brevemente, non ci rimarrebbe altro che scoprire in che modo i primi sei presidenti furono eletti.
Eppure, non possiamo farlo fin da subito; neanche in apertura di questa seconda parte. Ciò che possiamo al momento far notare e, soprattutto, farlo notare a voi, cari lettori, è quello di un dettaglio che sembra quasi insignificante ma che in realtà non lo è affatto. Partendo dal Primo Presidente, Washington appunto, fino ad arrivare, addirittura a Dwight Eisenhower l’inizio di quello che deve essere considerato il primo mandato non è mai caduto nello stesso giorno. Con ciò cosa stiamo cercando di dirvi e in maniera, forse, anche poco chiara per molti versi, che il giorno dell’inaugurazione non cadeva nella sempre nella stessa data.
Storicamente, anzi, tradizionalmente, ormai si sa, che il primo giorno del mandato presidenziale, in via del tutto generale, è stabilito con il giorno 20 gennaio di ogni quattro anni. Dunque, ritornando all’anno 2024, ovvero nell’anno delle elezioni, il quarantasettesimo Presidente degli Stati Uniti inaugurerà il suo mandato il prossimo 20 gennaio 2025.
Precedentemente a partire dal 30 aprile del 1789, paradossalmente anno della Rivoluzione Francese, seppur gli Stati Uniti d’America erano la prima vera democrazia nel mondo, George Washington inaugurò il suo primo storico mandato, quella che viene definita la prima vera presidenza della Nazione e rimanendo in carica per ben due mandati. Ovvero fino al 4 marzo del 1797.
Proprio da quel giorno, da quel mese e da quell’anno e per ben cinque decenni ed un lustro, voleva significare una sola cosa: la semplice inaugurazione della nuova presidenza. O meglio cambiava l’inquilino nel luogo in cui era considerata la residenza, per tutto il mandato, del Presidente e che non è stata sempre la Casa Bianca. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non fu George Washington ad inaugurarla, ma il suo primo successore John Adams, in un anonimo sabato datato 1° novembre del 1800. Ma non divaghiamo troppo anche se si tratta, giustamente, di semplici informazioni e curiosità storiche.
Dunque, la data 4 marzo è stato per molto tempo il giorno stabilito per l’inaugurazione del Commander In Chief fino al 20 gennaio del 1957, primo giorno di Presidenza di ‘Ike’ Eisenhower. Ciò però vuol dire solo una cosa, rischiando di divagare per l’ennesima volta, ossia che le elezioni non avvenivano nel mese di novembre e anche su questo non tarderemo a precisarlo in modo più opportuno in questo speciale e sempre con curiosità storiche.
Ma torniamo nuovamente a quel lontano 1832, in cui venne applicata per la prima volta nella storia, la procedura relativa delle primarie. Ricordando che il primo partito che adottò tale prassi non fu né quello repubblicano e né quello democratico. Fu, tanto per fare un piccolo ripasso, il Partito Anti-Massoneria. Quell’occasione è conosciuta come la Convention Nazionale del suddetto partito.
Quando si parla di convention, in sostanza a cosa si fa veramente riferimento? Significa riunire tutti i dirigenti del partito nel tentativo di trovare un candidato ideale da proporre al pubblico per le prossime elezioni presidenziali. Nella prima parte, comunque, avevamo precisato che da quella riunione vide spuntare il nome di William Wirt, come mero candidato presidente.
Ma in quel lontano 26 settembre del 1831, però, quella convention rappresentava solamente un vero e proprio esperimento. Dovettero trascorrere ben ottanta anni più per parlare effettivamente, nella sua essenza, di vere elezioni primarie all’interno di un partito.
In quel giorno tale procedura venne rispettata ed applicata in quattordici dei quarantotto stati che componevano la nazione. A partecipare fu l’allora Presidente uscente, William Howard Taft, Theodore Roosevelt e Robert LaFollette. Alla fine, fra i tre, a spuntarla fu lo stesso Presidente, il quale era riuscito a conservare un’ottima popolarità non solo tra i dirigenti del partito ma anche tra la popolazione.
Soffermandoci proprio sulla questione del Presidente in carica ci sarebbe da precisare, oltremodo, che chiunque stia per terminare il proprio mandato, il primo s’intende, riesce ad avere sempre la porta spalancata per la riconferma all’interno del partito eccetto per due esempi storici.
Il primo lo abbiamo appena visto e vissuto, ovvero quello di Joe Biden, e il secondo risale a quasi sessanta anni indietro, con l’allora successore di Jfk, Lyndon Baines Johson, che si ritirò dalla candidatura per le elezioni del 1968, dopo le caotiche primarie di quello stesso anno.
Tornando allo svolgimento della procedura delle primarie, le medesime avvengono con l’incontro tra i sostenitori di un partito e lo stesso movimento. in questo caso il termine esatto che si deve usare è caucus. Ovviamente, si parte sempre dal presupposto che l’accordo venga raggiunto per scegliere il candidato alla presidenza. Ma cosa succede se nessuno candidato non riesce ad ottenere la maggioranza prevista? Significa che non c’è il numero esatto di delegati che sostengono tale candidato.
Si, perché durante i caucus ad ogni candidato o comunque a quello finale che si giocherà le sue carte per la presidenza il giorno delle elezioni, deve essere in possesso di un maggior numero di delegati rispetto al suo avversario. In questo senso, rispondendo alla domanda di cui sopra, c’è un termine che indica questa sorta di fase, chiamiamola così, di impasse: brokered convention.
Da cosa può dipendere una situazione del genere? Dal fatto che non è obbligatorio in cui un delegato debba rispettare e dare il voto, cosiddetto di lealtà, verso il candidato per il quale è stato eletto.