Considerazioni su un movimento che nacque nel contesto di un gruppo che si riconobbe in una rivista
L’idea di fondare una rivista è oggetto di discussione, già dal 1915, tra van Doesburg e Oud; Mondrian, in quel momento, è molto scettico, ritenendo del tutto ancora immaturi i tempi, soprattutto in ragione della scarsa capacità pervasiva della proposta suggerita dalla nuova profilatura stilistica di netta caratura geometrica che prende ad affacciarsi.
Dal ’15 al ’17 il progetto vandoesburghiano di una rivista prende, però, sempre più forza: c’è la condivisione dell’idea da parte di Van der Leck, mentre Mondrian appare ancora, nel febbraio del 1917, abbastanza tiepido, legato, come egli afferma, a “rappresentazioni figurative”.
E, rafforzando il concetto, Mondrian argomenta, nello stesso scritto che costituisce il testo di una lettera del 13 febbraio 1917 indirizzata a van Doesburg: “Io seguito ad usare colori secondari, per il momento, cioè, mi adatto al mio ambiente presente e al mondo esterno; ma ciò non significa che io non preferisca i colori primari”7.
Non è senza ragioni che Mondrian avverte l’esigenza di fare tali precisazioni: ed infatti, era da molto tempo che van Doesburg, come opportunamente spiega Jaffé, “aveva già indicato i nuovi principi dell’arte astratta
… e dal 1912 in poi, la fondazione di uno stile nuovo non solo era stata abbozzata in linea di principio, ma anche nella sua apparenza esteriore”8. Né meno chiara era l’idea che ci si dovesse impegnare per “smascherare tutto il ‘trucco’ del dipingere, di svergognare l’intera truffa del liricismo e del sentimento”9.
Più chiari di così non si sarebbe potuto essere. Si pone in agenda il tema della ortogonalità, che sarà un tema di grande impatto all’interno del movimento di ‘De Stijl’. Forse, può essere utile distinguere, innanzitutto, il tema della ortogonalità da quello del linearismo che ‘De Stijl’ affronta e definisce secondo scansione rettilinearistica.
In un articolo pubblicato nel 1912 in “Eenheid” van Doesburg sostiene che “mentre, col pretesto della bellezza, aveva predominato la linea ondulata, essa venne semplificata per ragioni di verità finché non raggiunse una base nuova: la linea retta … Nell’uso figurativo della linea retta sta la coscienza di una cultura nuova”10.
Queste parole sono molto significative ed additano innanzitutto come il ricorso alla rettilineità venga adottato sia in funzione di un’esigenza semplificatrice sia in relazione all’istanza morale che si pone di superamento dell’impasse ‘simbolistica’.
Il 1917 è l’anno di nascita della rivista ‘De Stijl’ e da questo momen- to l’approfondimento teoretico delle ragioni fondanti del Movimento si accompagna allo sviluppo della pratica creativa, avendo conto, comun- que che ‘De Stijl’, nella formulazione stessa dei suoi principi, che ne ren- de Mondrian nella sua teorizzazione del ‘Neoplasticismo in pittura’ (De nieuwe beweging in de schilderkunst), appare come una prospettiva non limitabile al solo ambito artistico, in ordine, d’altronde, con quanto ve- niva pubblicando anche van Doesburg (De nieuwe beweging in de schil- derkunst – Il nuovo movimento pittorico).
Occorreva, evidentemente, una sorta di notazione certificativa della nascita del movimento di ‘De Stijl’, che fu prodotta con la scrittura del ‘Manifesto’ del 1918 redatto da tutti i fondatori: i pittori van Doesburg, Mondrian e Huszar, gli architetti Van’t Hoff e Wils, lo scultore Vantongerloo, il poeta Kok. Non firmarono Oud e van der Leck.
Giova osservare, comunque, che il ‘Manifesto’ ispira l’azione creativa del movimento di ‘De Stijl’ avendo come incernieramento logico ed organizzativo l’omonima rivista ed impegna gli artisti su temi che sono di ordine umanistico e filosofico più che stringentemente legati alla stretta prassi creativa.
Più che l’organizzazione complessiva degli assetti compositivi, ciò che sta a cuore agli estensori del ‘Manifesto’ sono, infatti, i ‘contenuti’ del Movimento e, non a caso, sono oggetto di specifica perimetrazione i temi del superamento dell’individualismo, che viene identificato con il ‘naturale’, fatto oggetto, peraltro, di puntuale stigmatizzazione in quanto considerato ostacolo della possibilità propria di espressione dell’arte.
Un risultato pregevole e precoce delle prospettive di ampio respiro cui si apre ‘De Stijl’ può osservarsi nella Sedia di Gerrit Rietveld, in cui le istanze planari integrano le soluzioni cromatiche in un risultato di straordinaria vibratilità estetica e di grande rigore progettuale.
L’obiettivo dichiarato è di pervenire ad una unità nell’arte, nella vita, nella cultura, invitando ad una collaborazione aperta con la rivista in uno spirito che può essere non azzardato definire ampio ed ecumenico.
Tali impostazioni valgono a garantire a ‘De Stijl’ un significativo allargamento degli orizzonti e la conquista di conoscenza e di consenso, mentre il Movimento, nel suo insieme, grazie anche alla attività divulgatrice di van Doesburg, conquista una visibilità internazionale che si consolida tra il ’20 ed il ’21.
Hans Richter entra a far parte, infatti, della compa- gine proprio nel ’21 e con lui gli orizzonti di ‘De Stijl’ si aprono alla valutazione del fattore ‘temporale’, che necessariamente si affaccia grazie anche agli interessi di tipo cinematografico che Richter coltiva.
Nel ’24, con la Casa Rietveld ad Utrecht, opera di Rietveld12, si fissa un risulta- to organico della sintesi creativa di De Stijl, mentre in pittura, Controcomposizione di van Doesburg, nello stesso anno, apre definitivamente la via alla dimensione ‘diagonale’, segnando un punto di irredimibile conflitto con Mondrian, che, intanto ha provveduto ad irrigidire la sua posizione ‘ortogonalista’.
Si apre la via alla evoluzione verso l’Elementarismo e ciò porta alla rottura con Mondrian che esce dal gruppo di ‘De Stijl’ nel 1925. L’istanza ‘elementarista’ trova la sua spiegazione in un bisogno di superamento della staticità che rischiava di ingabbiare l’interpretazione pedissequa del dettato ‘neoplastico’; essa costituisce, pertanto, una apertura e non una negazione rispetto alle linee guida di ‘De Stijl’, proponendosi, di fatto, l’obiettivo di impedirne un rinsecchimento ‘manieristico’.
Il ’26 è l’anno dei lavori a l’Aubette, il celebre ristorante di Stasburgo e vede l’impegno di van Doesburg unitamente con quello di Hans Arp e di Sophie Täuber-Arp. Nel ’29, van Doesburg incontra a Parigi Joaquin Torres Garcia e certamente l’incontro tra i due artisti dové segnare il punto alto di un contatto che metteva in relazione, più ampiamente, le logiche di ‘De Stijl’ con quelle di ispirazione ‘costruttivista’.