Per il film della sua vita dovette realizzarne altri due prima
Il successo irripetibile di ‘Per Un Pugno di dollari’ portò alla realizzazione di quella che, ancora oggi, viene identificata come ‘La Trilogia del Dollaro’ con i seguenti titoli: Per qualche dollaro in più e Il Buono, il brutto e il cattivo. Nel primo sequel, a scontrarsi saranno sempre Clint Eastwood e Gian Maria Volontè con l’aggiunta di Lee Van Cleef.
Nel secondo sequel, quindi nel terzo ed ultimo film del trittico cinematografico, Sergio Leone continuò a mantenere vivo il personaggio di Clint Eastwood cambiando, però, quello di Lee Van Cleef e aggiungendo uno nuovo. Non più con il volto di Gian Maria Volontè, ma bensì con quello di Eli Walach.
L’essenza di questi altri due film lo schema, nella sostanza era sempre la stessa. Ciò che mutava, ciò che contribuiva a garantire sempre, ad ogni uscita cinematografica, sempre un assicurato successo, era dovuto dall’ampliamento dello stesso schema, con dettagli si ripetuti ma rinnovati senza stancare in alcun modo chi andava a vedere il film.
Se nel primo viene mostrato il duello vero e proprio, nel secondo era già un mezzo triello, che poi nel terzo veniva confermato nel triello vero e proprio. Eppure, anche questo dettaglio sarà ampliato ancora in un altro capolavoro, ma lo scopriremo più avanti. Sessant’anni, dunque, da quel 12 settembre del 1964. Un western che toccò vette impensabili, mutando per sempre i canoni del genere e che, sempre nella sua essenza, rappresentava la prima vera lezione di cinema da parte di Sergio Leone al mondo intero.
Decenni più tardi, molti cineasti hanno affermato di essersi formati o addirittura di esser stati ispirati dal cinema dello stesso regista romano nell’intraprendere tale strada. D’altronde, rispetto al primo appuntamento stiamo condividendo alcune scene da youtube e ogni altro commento appare inutile, se non addirittura retorico in tal senso. Di questo film cosa veramente è rimasto a distanza di sei lunghi decenni?
Il modo di proporre certe tematiche, il modo di effettuare le inquadrature, il modo di legare la musica con le scene, facendole diventare iconiche, il modo di raccontare il west, il modo di intenderlo e il modo, anche, di mostrare il suo lato crudele e malinconico. Tutto questo non è solo ed esclusivamente riconducibile solo a questa pellicola, come si diceva un tempo, ma anche alle altre successive. Anche alle altre che hanno tracciato un confine netto tra un prima e un dopo lo stesso Sergio Leone.
Non a caso il regista romano continuava addirittura a stupire nel corso degli anni con delle idee, dei progetti sempre più in grande. In grande come molto probabilmente erano i suoi sogni. Non è un caso che su questa convinzione, su questa prospettiva nascosto gli altri due film, quelli successivi al 1964, dove i sogni stessi diventano sempre più grandi e immensi che, senza essere retorici, sono a sua volta troppo per i suoi stessi film.
Dopo ‘Il buono, il brutto e il cattivo’, del 1966, Leone trova l’idea della sua vita; trova l’idea che amerà più di qualsiasi altro progetto cinematografico che realizzerà fino agli anni ’70 con il suo nome. Infatti, dopo il suo primo vero kolossal del 1966, Sergio Leone trova un libro scritto da un gangster americano, un’autobiografia, insomma. Un libro che lo folgorerà sulla Via di Damasco, decidendo di realizzare, appunto, il film della vita.
Senza indugi si rivolse alla Paramount, la quale però lo fulminò con un: Ma certo, Mister Leone. Però la prego ci faccia un altro Western. Più o meno la richiesta venne posta in questi termini e il regista romano non sembrò prendere bene in un primo momento. D’altronde con quel genere aveva detto di aver chiuso una volta per tutte.
Aveva sentenziato, con sé stesso, di aver chiuso per sempre con quel genere di storie in ‘America’. considerava la sua ‘produzione’ western conclusa, come se avesse detto tutto quello che doveva dire e, giustamente, non voleva ripetersi con i soliti cliché e schemi che lo avevano reso famoso, non ancora maestro.
Ma per raggiungere tale titolo gli bastarono solamente un altro paio di anni. In fondo è semplice se ti chiami, appunto, Sergio Leone. Infatti, come raccontò lui in diverse occasioni, per poter realizzare il film della vita era nata l’esigenza di creare una seconda trilogia.
Se la prima è conosciuta come quella del ‘Dollaro’, la seconda avrà un’espressione ancor più evocativa rispetto alla precedente: La Trilogia del Tempo; e fu proprio grazie a questa intuizione che nacque quell’immenso capolavoro, nonché primo capitolo del terzetto, intitolato C’era una volta il west. Un film davvero epocale. Era l’anno 1968.
In quel film leggendario, che ad un certo punto Sergio Leone scriverà anche con un giovane Dario Argento per poi ritirarsi, riuscirà in due operazioni che prima, non avendo ancora un nome, non gli erano riuscite: la prima è di realizzare una sorta di ‘quadriello’; la seconda, invece, riguarda un dettaglio del west che, fino a quel momento non aveva neanche preso in considerazione: raccontare una storia che rappresentasse il passaggio da un’epoca ad un’altra.
Quale sarebbe stato il momento più adatto? Quello dell’avvento delle ferrovie, sfiorato nel secondo capitolo della ‘trilogia del dollaro’. Ma questa volta il passaggio era ancor più netto ed inequivocabile, scegliendo un punto di partenza totalmente differente per il nuovo periodo storico che si sarebbe affacciato di lì a poco.
Per quanto riguarda il cosiddetto ‘quadriello’? rappresentò la fine di tutto, la fine dei suoi stessi personaggi. Quelli che aveva ideato nella trilogia precedente.
Infatti, non è una leggenda metropolitana che inizialmente voleva usare ‘il buono’, ‘il brutto’ e ‘il cattivo’, per poi farli fuori per mano del personaggio interpretato da Charles Bronson. Voleva usare sempre Clint Eastwood, Eli Walach e Lee Van Cleef. Gli ultimi due erano propensi a prendere parte a questa scena, ma Clint Eastwood, intuendo che stava diventando una stella di prim’ordine nel mondo del cinema, rifiutò. Questo però non scalfì il successo mondiale del film.
Dal 1968 al 1971 passarono solamente tre anni e Sergio Leone consegnò alla Paramount solamente un altro film prima di dedicarsi finalmente alla storia della vita.