Come nacque l’idea di realizzare ‘Per un pugno di dollari’

La storia, quindi, ha raccontato altro, come abbiamo detto ieri, sul finire della prima parte di questo reportage cinematografico. Sergio Leone pensava in grande e quando lo faceva non si preoccupava di ricevere un sonoro rifiuto, come quello che gli rifilò il manager del leggendario Henry Fonda. E continuava per la sua strada puntando sempre in alto, cercando persino di ingaggiare per il misterioso e solitario pistolero James Coburn e, addirittura, Charles Bronson. Entrambi gli attori saranno diretti da lui, ma in altre opere cinematografiche che segneranno in maniera indelebile, anche queste, la storia del cinema.

In verità uno dei due accettò addirittura la parte ma voleva, come compenso, ben 25.000 dollari. Mentre per quanto riguarda Charles Bronson ritenesse che il copione non fosse all’altezza del suo nome. Si narra che lo stesso Leone, alla disperata ricerca di un attore protagonista, avesse anche in mente Cliff Robertson, ma quest’ultimo dovette rifiutare per impegni.

Alla fine a sbrogliare la matassa, a risolvere il problema nella ricerca dell’attore perfetto ci pensò una dipendente della William Morris di Roma, la quale le era stata recapitata la puntata di una serie televisiva che negli Stati Uniti stava andando fortissimo. Una serie tv western: Rawhide, in Italia conosciuto con il titolo: Gli Uomini della Prateria.

“Ciò che più di ogni altra cosa mi affascinò di Clint, era il modo in cui appariva e la sua indole. Nell’episodio Incident of the Black Sheep Clint non parlava molto… ma io notai il modo pigro e rilassato con cui arrivava e, senza sforzo, rubava a Eric Fleming tutte le scene. Quello che traspariva così chiaramente era la sua pigrizia. Quando lavoravamo insieme lui era come un serpente che passava tutto il tempo a schiacciare pisolini venti metri più in là, avvolto nelle sue spire, addormentato nel retro della macchina. Poi si srotolava, si stirava, si allungava… L’essenza del contrasto che lui era in grado di creare nasceva dalla somma di questo elemento con l’esplosione e la velocità dei colpi di pistola. Così ci costruimmo sopra tutto il suo personaggio, via via che si andava avanti, anche dal punto di vista fisico, facendogli crescere la barba e mettendogli in bocca il cigarillo che in realtà non fumava mai. Quando gli fu offerto il secondo film, Per qualche dollaro in più, mi disse: ”Leggerò il copione, verrò a fare il film, ma per favore ti imploro solo una cosa: non mi rimettere in bocca quel sigaro!” E io gli risposi: ”Clint, non possiamo tagliare fuori il sigaro. È il protagonista!”.

Con queste parole lo stesso regista romano descrisse il motivo per cui l’allora giovanissimo attore di Sa Francisco venne scelto per il ruolo del pistolero misterioso e solitario. Inizialmente, lo stesso Leone era addirittura riluttante a volerlo nel progetto, ma fu stesso lui ha trasformarlo in una stella di prim’ordine del cinema mondiale.

In fondo, le battute che si sentono nel film: ‘Prepara tre casse’, ‘Volevo dire quattro casse’ avrebbero avuto lo stesso valore, la stessa forza scenica se le avesse pronunciate un altro attore?

E cosa dire dello stesso Gian Maria Volontè? Con la sua altrettanto leggendaria battuta che metteva a paragone due pistoleri che hanno due armi diverse? ‘Quando un uomo con il fucile incontra un uomo con la pistola: quello con la pistola è un uomo morto’. Beh, poi sappiamo com’è andata nel finale. Perché abbiamo ampliato tale quesito? Per un semplice motivo: non era lo stesso Volontè la prima vera scelta per il ruolo dell’antagonista, quello del cinico Ramon Rojo.

Il personaggio fu ideato, sempre insieme Leone, dall’attore Mimmo Palamara, il quale dovette rinunciare per partecipare, per un paradosso, ad un altro western. Il titolo era ‘Le pistole non discutono’ ed uscì nelle sale cinematografiche lo stesso anno di ‘Per un pugno di dollari’. I

l paradosso quale sarebbe? Sarebbe quello che questo film, diretto da Mario Caiano, era considerato, in partenza, come un lungometraggio destinato al successo e, quindi, a rimanere nella storia del cinema italiano. Anche in questo caso: sappiamo come è andata a finire. Per di più ci sarebbe anche un altro paradosso legato allo stesso attore: dieci anni prima, Mimmo Palamara, doppiò ‘I sette samurai’, film che ispirò sei anni più tardi un altro film western leggendario: I Magnifici 7.

Fin dalle prime fasi di sviluppo di questo piccolo e grande film western, Per Un pugno di dollari si attirò un commento del tipo: non incasserà neanche una lira. Chi fece questa previsione sparì dalla vista del regista romano. L’incasso ufficiale di quello che viene considerato, erroneamente, il capostipite del genere western europeo, semmai fu quello che rilanciò lo stesso genere a livello globale, è quello di ben 3 miliardi e 182 milioni di lire. Cifra registrata a partire dal 1971, anno di un altro grande film di Sergio Leone: Giù la testa.

Il successo, dunque, fu eloquente. Il film rimase per molto tempo nelle sale cinematografiche e il pubblico non perdeva occasione non solo di vederlo per la prima volta, ma anche nell’andare a rivederlo come se fosse la prima volta. Trainato anche e soprattutto dalla memorabile colonna sonora firmata da Ennio Morricone, anche la critica si espresse positivamente tra cui anche un futuro regista che faceva parte, da ciò che riportano le cronache dell’epoca, dell’ordine dei giornalisti.

Fu questa la sua impressione: “La mia reazione al primo film di Sergio Leone fu entusiastica, ma gli altri critici italiani dissero perlopiù che era un film orrendo. Troppo crudo in tutti i sensi… Io andai a vederlo al Supercinema di Roma con tre giovani amici. Rimanemmo sorpresi. Sorpresi perché era un western che avevamo sognato di vedere – il western storico non era così inventivo, così pazzo, così stilizzato, così violento”. Queste parole vennero espresse da Dario Argento anni dopo alla sua stessa recensione.

Eppure, l’elemento della violenza non fu solamente sottolineato dal futuro regista dell’horror italiano; difatti anche altri giornali dell’epoca, nelle loro recensioni, non dimenticarono questo dettaglio: giornali come ‘Il corriere della sera’ e ‘Variety’ e ‘Segnalazioni cinematografiche’ tanto per citarne qualcuna.

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