Un film in cui si poteva fare di più, soprattutto per i nomi degli attori coinvolti

“In un luogo molto lontano, nel Sud dell’Impero Celeste, viveva il grande drago, le sue ciglia erano cosi lunghe da arrivare fin sotto terra, e una volta uscite dal terreno, divenivano piante in grado di guarire coloro che soffrivano. Le persone chiamavano le foglie di queste piante tè. La gloria di questa bevanda si diffuse in tutto il mondo, così il drago trovò degli uomini in grado di prendersi cura delle sue ciglia, preservando le proprietà curative del tè. Questi uomini venivano chiamati i “maghi bianchi”, il grande drago creò poi un sigillo magico, che diede agli uomini di cui si fidava di più; Il Maestro, sua figlia, e la principessa.”

Viene così introdotta l’origine della pianta da tè, in una maniera creativa e fantasiosa che da vita alla logica che lega gli elementi di fantasia a quelli realistici della trama. I mercanti di tutto il mondo offrivano grandi ricchezze per questo tè, in seguito però, alcuni maghi divennero avidi e passarono al lato oscuro per controllare il drago. Questi “maghi neri” erano guidati dalla strega “due facce”, che risvegliò un antico esercito e conquistarono la grotta del Drago, per avere più tempo, smisero di spuntare le ciglia del grande drago, e i suoi occhi divennero pesanti e finì per cadere in un sonno profondo. Le forze del male catturarono il mago e la principessa e li misero in due prigioni, ai due lati opposti del mondo.

Ad interpretare i panni del maestro arriva Jackie Chan, un vecchio cinese in prigionia nella Torre di Londra, insieme ad un uomo di nome Gray, personaggio minore che pensa solo ad elemosinare cibo ed acqua in cambio del suo “tesoro”, di cui nessuno saprà mai nulla. A far loro compagnia non manca lo zar di Russia Pietro il grande, irriconoscibile a causa di una maschera di acciaio da cui non può liberarsi (da qui il nome del film). In questa grandiosa avventura appaiono elementi verosimili che però si distanziano nei dettagli dai reali fatti storici. Arnold Schwarzenegger, produttore esecutivo del film, interpreta il Capitano James Hook, capo delle guardie ed elemento comico, a tratti assurdo, che prende parte all’inizio della trama per poi ricomparire in poche altre scene, tra cui quella finale. Il suo ruolo lo vede come un sadico capitano che si diverte a far soffrire i propri prigionieri e a farli combattere per la propria libertà, come se fossero più animali che esseri umani, si rivela però fondamentale per la fuga di Pietro il grande, che avrà il compito di riconsegnare il sigillo del drago, donatogli dal Maestro, alla principessa della Cina Chenlan.

La vera protagonista di questa storia, oltre al drago, è proprio la principessa, confinata in una prigione Russia sotto le vesti di un ragazzo, dopo che la strega “Due facce” che ne ha preso le sembianze ed infangato la reputazione. Si traveste per poter sopravvivere alla prigionia, per rivelarsi in seguito una volta arrivata in Cina, dove scambiata per colei che ha distrutto il regno e rovinato le piante di tè, non è ben accolta.

La storia di Chenlan si intreccia con quella di uno studioso inglese, Johnatan Green, cartografo e scienziato che ha avuto la possibilità di viaggiare in lungo e in largo, soprattutto nella Piccola Russia, della quale racconta gli straordinari incontri con dei cosacchi mutaforma e dei mostri antichi di cui si è sentito parlare solo negli antichi racconti russi, soprattutto del Viy, mostro dai mille occhi in grado di leggere dentro l’anima delle persone. Lui salva Chenlan dalla prigionia, permettendole di tornare a casa.

E’ inoltre il primo e l’unico ad aver inventato un metodo di mappatura preciso, che fa uso della quinta ruota del carro, attraverso cui poter tracciare alla perfezione ogni paese su carta, e grazie anche al suo aiuto e della sua amata Emma, Chenlan riesce a salvare e liberare il suo regno dalla perfidia e dalle menzogne utilizzate dalla strega nell’arco di moltissimi anni.

Dopo uno scontro all’ultimo sangue tra forze del male e forze del bene, la principessa riesce a recuperare la fiducia dei suoi sudditi, a liberare il drago dalle pesanti ciglia, e a custodire il sigillo ed usarlo per restituire alle piante di tè il proprio potere curativo, tornando a regnare con amore e restituendo ai propri sudditi una vita dignitosa e la libertà, lasciando che il drago possa finalmente vivere in pace e regnare insieme a lei.

Nonostante la presenza di personaggi grandi del cinema come Jackie Chan e Arnold Schwarzenegger, il film li tralascia come personaggi secondari e di poco conto, cosa che delude molto le aspettative dei fan e dei telespettatori, i quali, logicamente, si aspettano di vederli come protagonisti. Data l’influenza dello stesso Schwarzenegger sulla sceneggiatura e sulla direzione del film, viene da chiedersi come mai dopo così tanti anni di importante carriera, non ci sia stato un lavoro più minuzioso riguardo lo sviluppo della storia, che nonostante piacevole, appare comunque banale e semplice, un cliché.

La storia si conclude con Il Maestro che ritrova dentro di sé la forza e la connessione col drago, persa ormai da tempo, ritorna a casa e gestisce dei corsi di Kung fu per bambini, invitando anche il Capitano James Hook, che saluta come un vecchio amico. Le forze del bene tornano a regnare e quelle del male vengono completamente esiliate e distrutte, Jonathan ritrova l’amore della sua vita con cui può vivere felice e contento e Pietro il grande torna a casa, con un’altra avventura in tasca e riprendendo il posto che gli spetta, così che tutti possano trovare così il proprio posto nel mondo.

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