Il Campione del Mondo di Spagna ’82 morì per un incidente d’auto in Polonia il 3 settembre del 1989

Era chiaro a tutti che dopo quell’annuncio, dopo quella notizia, in quella puntata della Domenica Sportiva fu completamente impossibile continuare a parlare di calcio; lo stesso Marco Tardelli, come ricordato sul finire della prima parte di ieri, non riuscì neanche a rilasciare un commento a caldo. Impossibile era anche esprimere un pensiero o cercare, quantomeno, di spiegare ciò che effettivamente fosse successo; lo studio si presentava ammutolito.

Anche l’ex fuoriclasse della Juventus e del Napoli, Omar Sivori, non riusciva a trovare le giuste parole per una tragedia prima umana e poi sportiva. Gaetano Scirea, in quella maledetta domenica del 3 settembre del 1989, morì all’età di soli 36 anni. Aveva una moglie ed un figlio.

I funerali si svolsero in una Torino attonita e scioccata. Paradossalmente tale disgrazia, seppur comunque, interessando un solo giocatore, giunse a quarant’anni di distanza dalla tragedia di Superga, quella che interessò l’intera squadra del Torino, del leggendario Torino.

Non solo, la capitale piemontese vide anche un’altra tragedia materializzarsi per le stesse strade torinesi: quella di Gigi Meroni, ala destra del club granata, che morì, anch’egli a causa di un incidente stradale. Una sorta di maledizione, dunque, sulla quale non abbiamo alcuna intenzione di intavolare una sorta di macabro approfondimento. Abbiamo, purtroppo, solamente constatato la ripetizione di alcune tragedie relative alle due squadre.

I funerali del leggendario numero 6 bianconero si svolsero l’8 di settembre di 1989 che stava lentamente scivolando verso il passato. Erano molti i volti noti sia del calcio e sia delle istituzioni. Tutti increduli, straziati dal dolore e con pochissime parole da dire. Forse, l’intervista più eloquente, più chiara, più nitida fu quella che venne realizzata all’allora Presidente della e bandiera della Juventus Gianpiero Boniperti. Ascoltiamo le parole che rilasciò all’epoca.

Ecco, come venne descritto Scirea: è difficile già superare il giocatore, ma l’uomo è impossibile superarlo. Per certi versi, per descrivere il suo modo di correre, di come stava in campo e di come ‘dialogava’ con il pallone, venne usato un termine ben specifico: elegante.

Elegante non lo fu solamente in campo, elegante e signore lo fu anche nella vita di tutti i giorni. Mai divo nonostante divo lo era eccome. Con un palmares invidiabile a chiunque e nel suo modo di giocare, forse, lo rese anche più completo anche di un’altra leggenda, di un altro numero 6 per antonomasia: Franco Baresi, libero del Milan negli anni ’80, ’90 e non solo del club di Silvio Berlusconi ma anche della Nazionale Italiana di calcio. Un numero 6 atipico, soprattutto per quei tempi, perché fu, per certi versi e non si sa quanto volontariamente, un innovatore del ruolo stesso.

Tale particolarità risiede nella sua storia personale, nei suoi inizi e, quindi, le prime esperienze tra i campetti di calcio, dopo che, come tutti i ragazzini cresciuti tra gli anni ’50 e ’60 testavano le loro tecniche con il pallone per le strade, a sfidarsi, oppure a far rimbalzare la sfera più volte contro il muro. Leggenda vuole che il giovane Gaetano Scirea fu proprio notato in una di queste occasioni e per la precisione da un giovane allenatore di una squadra di calcio locale. Si dice che lo prese subito senza neanche pensarci due volte.

Anzi, semmai da racconti e testimonianze che poi sono emerse era proprio il giovane Gaetano che non avrebbe dovuto tergiversare per nessuna ragione al mondo e così fece. Nato il 25 maggio del 1953 a Cinisello Balsamo, Scirea venne inserito nella squadra del quartiere, la Serenissima, come attaccante tra il 1963 ed il 1967. In quest’ultimo anno venne prelevato dalle giovanili dell’Atalanta schierandolo come ala.

Dunque, le sue prime esperienze con il terreno di gioco erano relative alla parte offensiva del gioco, non tanto a quella difensiva. Eppure, man mano che cresceva, che faceva esperienza, invece di farsi strada come mero terminale offensivo e anche di notevole qualità, visto che riusciva a segnare anche molti gol, per uno strano caso del destino veniva arretrato sempre di più. Da attaccante, dunque, ad ala; da centrocampista a difensore.  Anche qui il passaggio deve essere chiaro: da mediano a libero.

Già durante le prime uscite in questo nuovo ruolo, in questa nuova responsabilità che gli venne affidata dalla dirigenza e dell’allenatore, Gaetano Scirea incomincerà a mostrare delle caratteristiche che il Libero per natura non aveva mai avuto. Non si limitava a rimanere statico in difesa, a copertura del portiere, come vuole la tradizione.

Le sue proiezioni in avanti non solo erano utili ad aiutare la squadra a salire, ma lo erano anche e soprattutto in termini realizzati. In tutta la sua carriera, Gaetano Scirea firmò il suo nome nel tabellino dei marcatori, complessivamente parlando, per ben 32 volte. Cifra ragguardevole non solo per un difensore; e non un difensore qualsiasi ma proprio per un libero in generale.

La sua carriera nella Juventus ebbe inizio nell’estate di cinquanta anni fa, mentre il suo esordio nella massima serie del campionato italiano di calcio risalirebbe a due anni prima, sempre con la casacca neroazzurra dell’Atalanta. Anche in questo caso bisogna richiamare il termine leggenda nel raccontare, almeno in parte, la storia di questo sfortunato campione di calcio.

Un dirigente della Juventus venne inviato dalla società per osservare attentamente un attaccante. Nella sua relazione, però, farà menzione ad un libero davvero forte: Gaetano Scirea, il quale esordì in Serie A, nella stagione 1972/73. Stagione che terminò, purtroppo, con la retrocessione della squadra lombarda. Scirea, in tutta la sua carriera giocò una sola stagione nella serie cadetta, quella 1973/1974. Quella successiva, appunto, venne acquistato dalla Vecchia Signora e rimase con la maglia bianconera per ben quattordici annate che si conclusero nel 1988.

Durante il suo percorso professionale ha vinto tutto quello che si poteva vincere: sette scudetti, una coppa Uefa, una coppa delle coppe, una coppa dei campioni, una coppa intercontinentale, una coppa Italia una supercoppa di lega italiana e con la Nazionale italiana di calcio il Mondiale spagnolo del 1982, in cui nell’azione del memorabile secondo gol di Tardelli c’è anche il suo zampino.

Anche quando decise di ritirarsi non lasciò mai la Juve. Non riusciva a vedersi con un’altra maglia, nonostante molte società gli avessero fatto svariate offerte d’ingaggio, tra cui addirittura la Roma, la Lazio e alcune società straniere.

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