Terza parte del racconto del più grande concerto realizzato dal Re del Pop il 1° ottobre del 1992 a Bucarest
Un contributo inevitabile, un contributo iconico quanto la canzone stessa, un contributo che, ancora oggi, nell’ascoltarlo mette i brividi. In fondo è anche questa la potenza di ‘Thriller’. Un brano ed un disco dal quale non si può prescindere nel momento in cui si parla di Michael Jackson. La rappresentazione del singolo sul palco dell’Arena Nationala di Bucarest ricalcava di molto, e non poteva essere altrimenti, il video realizzato nel 1983. Tra ballerini e figuranti lo spettacolo fu davvero assicurato e non solo per i presenti quella sera, ma anche per i posteri. Quelli che al giorno d’oggi ancora devono scoprire nella sua essenza quello show memorabile.
Come fu uno show memorabile anche per la canzone successiva, tratta sempre dal leggendario album; estratta sempre da quell’anno, il 1982, che ha il sapor di spartiacque e non solo per lo stesso Jackson, ma per tanti motivi legati al mondo della musica. Una canzone ispirata da una vicenda personale che toccò lo stesso re del Pop. Un brano che, una sera datata 25 marzo del 1983, entrò nella leggenda e nell’immaginario collettivo, grazie ad un’invenzione dello stesso Michael e anche in quel caso il mondo del ballo non fu più lo stesso.
Il ‘Moonwalk’, il passo della luna, per tutto il decennio 1980 fu come una rivoluzione nel mondo della cosiddetta danza moderna. Si racconta, dopo aver visto all’opera Jackson durante la serata celebrativa della Motown, tutti incominciarono a prendere d’assalto le scuole di ballo per chiedere di apprendere quei magici passi.
In realtà nessun istruttore di danza conosceva quei passi, erano semplicemente il frutto della genialità del Re del Pop. Anche quella sera, in quel di Bucarest i 90 mila poterono assistere estasiati quei saltelli, accompagnati persino dal coro degli stessi novanta mila, che terminavano con una mano sul cappello e un braccio proteso verso l’infinto, le movenze robotiche, le giravolte su sé stesso a velocità incontrollabile e quei versi, quel ritornello diventato, ormai, altrettanto leggendari: stiamo parlando di Billie Jean.
Nel precedente appuntamento, esattamente nella prima parte, avevamo menzionato ad una possibile denuncia ai danni di Michael Jackson da parte di una ragazza, in parte la vicenda è vera, seppure Jacko fosse innocente. Nel senso che, uno, non era riferita alla genesi di ‘Human nature’, ma bensì proprio a Billie Jean; due, che la mitomane in questione era quella che oggi comunemente si definisce una stalker. Difatti, arrivò persino a dichiarare che aveva avuto un figlio con lo stesso cantante. Cosa del tutto infondata.
Dal 1982, Michael Jackson torna indietro nel tempo; torna alla fine degli anni ’70, nel 1979 esattamente. L’anno in cui esce con il suo quarto album da solista, Off The Wall’. Da quel long play decide di inserire, nella scaletta, ‘Working day and night’, un brano influenzato molto dalla ‘disco’. Un brano, che anche in quell’occasione, lo esegue ballando e saltellando da una parte all’altra dell’immenso palco approntato per l’occasione. La canzone stessa, eseguita quella sera, non sarà presente nella versione del concerto andato in onda da noi la sera del 4 ottobre del 1992.
Prima di proseguire nel racconto di quel memorabile concerto dobbiamo soffermarci su diversi particolare che, fino adesso, non sono ancora passati sotto la nostra lente d’ingrandimento. Lo ammettiamo, ci siamo fatti anche noi trasportare dalle singole versioni live che lo stesso Re del Pop propose quella sera e non solo.
Nel senso che la scaletta del ‘Dangerous World Tour’ venne modificato in diverse occasioni. Alcune canzoni non rimasero sempre in scaletta. Tanto per fare un esempio, la canzone ‘Bad’ non venne mantenute in tutte le date, ma solamente in alcune. Per essere più chiari: il medley venne proposto a partire fin dalla prima data, quella del 27 giugno del 1992, e fino all’ottobre dell’anno successivo.
Ancora: Working day and night rimase in scaletta sempre a partire dal 27 giugno e fino al 31 dicembre dello stesso anno; ciò valeva anche per Beat It. La canzone che dava il titolo all’album, Dangerous, invece venne proposta tra gli spettacoli realizzati a partire dal 24 agosto all’11 novembre del 1993. Mentre The way you make me feel dal 27 giugno al 15 luglio del 1992 e dal 12 al 31 dicembre sempre del 1992. Queste stesse date valevano anche per la canzone ‘Bad’.
Per quanto riguarda ‘In The Closet’ venne eseguita, in quel tour, solamente in un’unica data: quella del 16 settembre del 1992, quando il Dangerous World Tour fece tappa a Monaco, in versione strumentale, in onore alla Principessa Stefania di Monaco presente al concerto. ‘In the closet’ venne eseguita, come detto in versione strumentale, prima di Man in The Mirror.
‘Rocket Man’, invece, dal 27 giugno all’11 settembre del 1993 e ripresa durante le ultime tappe del tour: dall’8 al 10 ottobre del 1993 e dal 29 ottobre all’11 novembre dello stesso anno. Nella scaletta venne addirittura inserita anche ‘We are the world’, intonata dallo stesso coro che cantava insieme a Michael Jackson nelle ultime date del tour. Infine, Man In The Mirror: anche qui le date sono le stesse di Rocket Man.
A chiudere, per il momento, questo appuntamento, ci pensa un’altra perla datata sempre 1982, sempre estratta dal leggendario long play ‘Thriller’. ‘Beat It’. Chi la considera solamente una canzone si sbaglia di grosso. La suddetta canzone è molto di più di una semplice hit. Affonda le radici in un genere lontanissimo dalla cultura musicale afroamericana, il rock.
Esattamente si parla rock-pop e come nella tradizione del genere nato settanta anni fa, come abbiamo ricordato in uno speciale di inizio estate, Michael Jackson si scatena come i migliori rocker sulla piazza. Il momento in cui si mantiene, sospeso nel vuoto, con le mani attaccate alle transenne è un chiaro richiamo di quel classico atteggiamento di cantante scalmanato e imprudente.
D’altronde c’è un altro richiamo in quella canzone, per non dire anche nel famoso video musicale, le band da strada che furono usate realmente nella realizzazione del video stesso e, giustamente, sostituite con due ballerini esperti nel ballo e con un finale che sfocia nel hard rock più puro e semplice.