Una nostra ed umile riflessione sul cinema nostrano tra presente e passato

Il cinema italiano è davvero in salute o è in crisi? Apriamo così, questa lunga riflessione sul grande schermo nostrano, ispirata da una masterclass che si è svolta più di qualche mese fa. FreeTopix Magazine era stata invitata a seguirla, promettendo che poi, in seguito, ne avrebbe parlato. Non tanto per mantenere la pagina di attualità, semmai per poter esprimere un parere più in generale e poco in particolare sullo stato di salute del nostro cinema.

Ci teniamo, però, a dire una cosa, doverosa, con tanto di ringraziamento a chi, in quell’occasione ci ha voluto rendere partecipe di quello che era una conferenza stampa su un evento che aveva co-organizzato insieme a Walter Cordopatri, fondatore della Scuola di Recitazione della Calabria, invitando il fior fiore del doppiaggio nostrano, settore non sempre valorizzato e, molto volte, artefice, vero, di molti successi dei grandi divi hollywoodiani e no. Si pensi, giustamente, anche altre realtà straniere, come quella francese, inglese o tedesca. Dunque, europea.

Il collega che ci invitò si chiama Marco Bonardelli ed è cronista della Gazzetta del Sud e che, tra le altre cose, conduce, con ottimi risultati, tra l’altro, una rubrica settimanale, sul proprio canale Youtube, https://www.youtube.com/@suggestionipress, tutta improntata sull’intervista con personaggi del mondo del cinema e dello spettacolo, compresi anche i talenti emergenti, che quelli devono essere sempre valorizzati e mai lasciati nel dimenticatoio.

Dunque, l’evento online al quale il caro collega Bonardelli ci attenzionò riguardava l’apertura di una sala di doppiaggio intitolata al grandissimo ed indimenticato attore Oreste Lionello, di cui fra qualche anno cadrà il centenario della sua nascita. Interprete straordinario, come lo era anche da doppiatore, si pensi a Woody Allen: la voce era la sua. In questa sala di doppiaggio, aperta nella stessa Scuola di Recitazione di Reggio Calabria, viene usata per organizzare diverse masterclass con i vari doppiatori.

In quella diretta online, peraltro su Facebook, Marco Bonardelli aveva raggruppato alcuni dei più bravi doppiatori, seppur figli d’arte ma che si sono riusciti a far valere, dove analizzavano, commentavano e riflettevano sulla situazione attuale proprio del cinema, ripetiamo, nostrano. Nell’ascoltarli ad uno ad uno, senza mai intervenire, perché non era nelle intenzioni, lì per lì ci è balenata nella mente l’intenzione di entrare nella mischia e, sperando oltretutto, di non innescare alcuna polemica con chicchessia.

D’altronde la nostra è solo una piccola ed umile riflessione la quale, molto probabilmente, lascerà anche il tempo che trova e che non vuole convincere nessuno di voi, cari lettori, sulle proprie convinzioni personali. In fondo, quando si legge un’opera letteraria, quando si ascolta una canzone o un disco o, appunto, si guarda un film le idee o il pensiero che ne scaturiscono sono sempre soggettive e mai oggettive.

Semmai diventano tali quando rappresentano la maggioranza di coloro che pensa o crede che quel film, libro, canzone, serie tv, disco, quadro e tante altre cose convince la maggior parte di persone in un determinato momento. Quindi che cosa ha innescato, in via del tutto indiretta, questa operazione alla ‘Parole Schiette’, andando, oltremodo, a scomodare anche una delle nostre rubriche? Domanda da un milione di dollari, direbbe qualcuno. Quando lo stesso cinema italiano, da diverso tempo, tra l’altro, sembra andare in una direzione tutt’altro che convincente nell’attirare la maggior parte delle persone. È naturale credere che i critici fanno i critici e il pubblico è, appunto, il pubblico.

Quante volte abbiamo sentito dire che un’opera non ha mai convinto i più esperti, ma poi sempre il pubblico lo ha rivalutato? Ovviamente stiamo parlando di una storia vecchia quanto il mondo, in questo caso: vecchia quanto il mondo del cinema. Tenendo presente, comunque, il modus operandi di ogni stato, di ogni nazione nella realizzazione delle opere cinematografiche. È naturale che chi ha più soldi tende ad arrivare in ogni parte del mondo rispetto a colui che si deve, perdonateci il termine, ‘arrabbattare’.

Premesso questo, ci sono elementi che contraddistinguono il cinema di questo o quell’altro paese: la tradizione, la cultura e, mai dimenticarlo, la storia. Tre elementi imprescindibili per fare in modo, sia nel bene che nel male, di non snaturarsi mai. Premesso anche questo, dunque, cosa succede se una tradizione cinematografica viene osannata come se ci fossero ancora i tempi d’oro, ma si vive un’epoca in cui non è più così?

Premettendo, oltremodo, che anche il cinema americano non è più come quello di un tempo, in cui guidava il mondo, attirava pubblico da tutto il mondo e tendenzialmente ispirava anche gli autori nostrani, come è possibile considerare il cinema, sempre nostrano, all’avanguardia come lo era in passato? Si, è vero: questa è una domanda provocatoria, in uno speciale che tende a porre un solo quesito e cercando, in tutto e per tutto, di instillare quello che non è esiste più da un bel po’ di tempo: il senso critico.

Partendo dal presupposto che le epoche passano e quando tornano lo fanno solo attraverso i ricordi di coloro che le hanno vissute, per poi essere tramandate continuamente alle nuove generazioni, la sensazione che abbiamo è quella, per quanto concerne il nostro cinema, che non ci sia più tutta questa grandezza come un tempo. È vero, in questo ci stiamo rivelando cattivelli e forse anche po’ troppo diretti, per non dire anche, non tanto equilibrati.

Il motivo è ben preciso e quasi sicuramente farà male ai molti che credono, come giusto che sia, non tanto nel cinema in generale, quella è la base di partenza, quanto al nostro cinema in quanto tale, quanto, semmai, aprioristicamente parlando. Da anni sentiamo dire accorati appelli di personaggi illustri che invitano la gente per convincerla ad andare al cinema.

Certo, qualcuno dirà, anche un po’ malignamente, che se il grande schermo è in crisi è soprattutto colpa delle innumerevoli piattaforme streaming il cui boom si è avuto con il covid. Vero e lo sottoscriviamo anche, ma non è da questo che vogliamo partire. Anzi, sarebbe solamente un alibi e nulla di più.

Gli accorati appelli per portare il pubblico nelle sale sono partiti, almeno in generale, dal decennio che noi consideriamo magico: quello del 1980. Già durante le varie e singole edizioni di quelli che erano i Telegatti, qualcuno, qualche personalità di un certo spessore incominciava a lanciare l’allarme del fatto che la gente non andava al cinema. Ma è proprio così?

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