Dieci anni fa si spegneva tragicamente il Genio Naturale di Robin Williams

Di sicuro sarebbero state grandi performances recitative le sue. Sta di fatto che semmai non fosse mai stato trattato in quel modo, dai produttori di Batman, Robin Williams non sarebbe mai e poi mai apparso nel terzo capitolo della vecchia saga dell’uomo pipistrello nei panni dell’enigmista. E chissà se fosse rimasto nei cuori di molti nel ruolo del Joker come lo è ancora, a distanza di anni, da Jack Nicholson? Come è naturale pensare o comunque cercare di ipotizzare se fosse riuscito altrettanto a che al posto di Jim Carrey? Comunque, i suoi personaggi antagonisti non ebbero molto seguito. Nel senso che era sempre ricercato per quei ruoli di film più vicini alle famiglie e dal significato molto profondo.

Talmente profondo che il suo cinema lo ricordiamo ancora oggi e, senza troppi giri di parole, ci manca anche molto. Non dobbiamo vergognarci nel dire e affermare ciò. La differenza tra lui e gli altri attori, indipendentemente dal genere che facevano che quando usciva un’opera cinematografica interpretata da lui, eravamo tutti quanti sicuri non solo di trascorrere del tempo non solo ridendo, ma anche commuovendosi riflettendo. Infatti, il suo cinema deve essere considerato come un cinema a sé stante, senza un genere ben codificato. Potrebbe essere anche una sorta di fortunatissima combinazione di cinema commerciale con quello autoriale o viceversa. Nel senso che il suo personaggio, il suo modo di porsi, si sposava bene con il tipo di storie in cui ha recitato.

Storie particolari in cui i suoi personaggi erano particolari ma, per uno strano paradosso, rappresentavano, sia formalmente che sostanzialmente, l’uomo comune che affrontava la vita di tutti i giorni, con le sue pieghe e sfide, con le sue gioie e dolori. Così era per lo speaker radiofonico, per il professore Keating, per Patch Adams, per lo psicologo di Will Hunting. Tutti uomini normali, ma che erano visti come speciali a causa di una società troppo ingabbiata in sé stessa, tra i soliti cliché e pregiudizi, tra i soliti limiti visto come regole senza poter riuscire a capire che alle volte, la straordinarietà è sinonimo di opportunità per migliorare: ‘migliorare la qualità della vita’, migliorare la qualità della prospettiva, migliorare la qualità della società stessa. Una società vittima sia di burocrati e sia di piccoli uomini privi di lungimiranza.

È anche vero che fino adesso, in questo che è l’ultimo appuntamento con il reportage ci siamo soffermati, volontariamente sugli stessi personaggi, tralasciando gli altri, tralasciando quelli che potrebbero essere considerati secondari nel suo luminoso percorso professionale. Ma tale considerazione non sarebbe neanche giusta, seppur quelli menzionati più volte assurgono da mero punto di riferimento. Come è anche vero che in quest’ultima parte stiamo condividendo più video su YouTube, più spezzoni o singole scene tratte dai suoi filmati; proprio per cercare di omaggiarlo al meglio; eppure, dobbiamo ritornare indietro per un momento, tornare al quesito con il quale abbiamo concluso la penultima parte. Raccontandovi due aneddoti particolari della sua esistenza, sempre legati al mondo del cinema, ma relativi al dietro le quinte.

Hollywood riserva sempre sorprese, sia in negativo che in positivo. Ecco, si quest’ultimo aspetto è bene soffermarsi. Si tratta di due episodi, reali, che vedono protagonista lo stesso Robin Williams. Inizio anni ’90, il regista Steven Spielberg era alle prese con la realizzazione di in film sulla Seconda Guerra Mondiale; in modo particolare su uno degli aspetti più tragici, quello dei campi di concentramento. Durante le fasi di riprese delle singole scene l’intera troupe era sempre più giù di morale. Indovinate chi chiamò per risollevare il morale della ‘truppa’? Esatto, Robin Williams in quel caso fu come Adrien Cronauer. Non solo.

Si, perché fu anche un altro il gesto che ancora ci fa urlare, positivamente nei suoi confronti, alla leggenda. Non solo, dunque i membri del cast di Schindler’s List poterono esclusivamente godere dello spettacolo naturale che offriva, tra improvvisazione ironiche, ci fu anche un’altra stella di Hollywood che aveva bisogno di aiuto. Uno dei suoi migliori amici ebbe un brutto incidente a cavallo, rimanendo paralizzato fino all’ultimo giorno della sua vita, dal collo in giù. Respirava solamente grazie ai macchinari. Avete capito bene di chi stiamo parlando, di Christopher Reeve, il leggendario Superman anni 70 e 80. L’attore newyorkese, a causa del suo stato, non voleva gente che piangeva davanti a lui.

https://www.youtube.com/watch?v=mBq0CCB_6XY

Robin Williams, nonché suo grande amico dai tempi della Julliard School di New York, si presentò nella stanza dove era ricoverato vestito da medico, facendolo ridere, facendogli dimenticare anche per qualche minuto la durissima realtà che avrebbe affrontato per i successivi nove anni. Era l’anno 1995 e in quello stesso periodo, Robin Williams si stava preparando al ruolo di Patch Adams, il medico del sorriso che sarebbe arrivato al cinema nel Natale di tre anni dopo. Dopo questo aneddoto cos’altro si potrebbe dire nei suoi confronti? La verità è che non abbiamo raccontato tante altre cose. Non ci siamo addentrati nella sua vita privata, scelta voluta da parte nostra. Ci fermiamo qui, per non scadere nella retorica.

Lo facciamo sapendo che molto ancora si potrebbe dire, soprattutto per quel suo animo tanto tormentato che lo portò ha commettere quell’insano gesto che non ti aspetti, un atto che da uno come lui, che aveva donato risate e riflessione al mondo sulla vita in generale non penseresti mai che commetterebbe. Era l’11 agosto del 2014, il giorno dopo alla notte delle stelle, quelle cadenti. La Sua era risalita in cielo scioccando e intristendo tutti. Persino l’allora Presidente Barack Obama volle ricordarlo ed omaggiarlo come si deve, come si deve ad un uomo che non aveva rappresentato gli americani ma tutto il mondo.

Era da un po’ di tempo che Robin Williams non stava più bene, non era più come prima; iniziavano a circolare delle voci su una possibile depressione, determinata a causa di una malattia degenerativa che gli avrebbe fatto perdere la dignità e che non venne diagnosticata nel modo giusto. Ancora oggi, a distanza di dieci lunghi anni, ci viene il magone solo a pensarci. Per chiudere questo lungo reportage non abbiamo scelto solo una scena ma ben due: perché per anche noi di FreeTopix Magazine siamo lieti di poterti ricordare… Grazie a Te: Capitano mio Capitano…

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