Dieci anni fa si spegneva tragicamente il Genio Naturale di Robin Williams

Ieri avevamo parlato di elemento in comune tra i personaggi che lo stesso Robin Williams aveva interpretato sul grande schermo. Un elemento in comune che non valeva per tutti. Menzionando nuovamente il bizzarro speaker radiofonico e il professore fuori dagli schemi, ci sarebbe anche un altro personaggio con il quale, lo stesso Williams, fece centro verso la fine degli anni ’90: quello del medico del sorriso, colui che attraverso i suoi studi era intenzionato a migliorare la qualità della vita dei pazienti: Patch Adams. Tutti e tre, con qualche altro esempio, sono storie di vita di persone realmente esistiti, con una particolare differenza. Il Professor Keating, nella realtà, non si trovò mai a confrontarsi con la tragica morte di un suo allievo, ma era un docente che lo stesso attore aveva avuto durante gli anni del liceo.

Rispetto ai precedenti appuntamenti di questo reportage non abbiamo condiviso molto da YouTube riguardo alle scene che lo hanno reso celebre. In questa Quarta parte ci rifaremo di sicuro, visto che abbiamo ancora molta carne a cuocere; molte cose da dire e da ricordare: soprattutto da passare sotto la nostra lente d’ingrandimento. Come, per esempio, un particolare che forse nessuno o almeno solo in pochi hanno notato. Ovvero quella possibilità che in alcuni casi, in alcune pellicole in cui prese parte, Robin Williams abbia unito tutte le sue sfaccettature: quella di Adrien Cronauer e del Professore Keating. Ciò è capitato, tra le tante volte, proprio, in maniera definitiva, con il medico del sorriso: Patch Adams. Eppure, nonostante l’incredibile successo che ottenne non fu esente da qualche polemica.

Cosa accade realmente? Accadde che i veri Adrien Cronauer e Patch Adams si risentirono e non poco per le interpretazioni che lo stesso Williams fece di loro due. Forse quello che ci rimase più male dei due fu il medico del sorriso per alcune scene o comunque per alcune improvvisazioni troppo ‘estremizzate’. Di certo il talento di Robin Williams era indiscutibile, ma alcune apparve troppo sopra le righe. Talento che, ripetiamo, gli permise di conquistare delle nominations ma mai un oscar. Anche se in questo caso sussiste un paradosso alquanto strano nella sua carriera. Come precisato più volte in questi quattro appuntamenti, Robin Williams ha interpretato diversi personaggi eccentrici, bizzarri, fuori dal comune. Alcuni di essi erano stati persino ispirati da persone e storie vere ma il riconoscimento più ambito non arrivò per uno di essi.

Il miracolo da parte dell’Academy Awards avvenne grazie a due giovani autori ed attori dell’epoca, a due giovani Talenti della seconda metà degli anni ’90 che si stavano facendo le ossa nel mondo del cinema che conta. Erano Ben Affleck e Matt Damon. Entrambi autori della sceneggiatura e, loro volta, rispettivamente regista e attore del film ‘Will Hunting – genio ribelle’. Robin Williams, in quell’occasione, interpretava la parte di uno psicologo che doveva aiutare un giovane genio della matematica Abbastanza ribelle nel ritrovare sé stesso e fare pace con i propri demoni. Ciò che rimane di questo film è l’intramontabile monologo che lo psicologo pronuncia al ragazzo sul significato della vita vissuta.

Forse fu questo monologo in particolare, forse fu la storia in sé, forse fu anche il proporre un Professore Keating più compassato, ancor più saggio della versione precedente per convincere quelli dell’Academy che la statuetta poteva essere a tutti gli effetti sua. Noi, ci permettiamo di dire, senza alcuna polemica, che questo suo riconoscimento fu un po’ tardivo. Robin era entrato nel cuore degli americani e nel pubblico mondiale in maniera definitivo proprio con ‘L’attimo fuggente’. Se comunque lo psicologo di Will Hunting era la versione più ponderata di Keating, un altro personaggio subì la stessa metamorfosi al contrario: prima completamente fuori dagli schemi come un ribelle o un ragazzino per poi diventare la parte più saggia di sé stesso, mostrando la parte più matura di sé.

Tale personaggio, anche se stenterete molto a crederlo è l’alieno Mork. Si, proprio lui; proprio quell’uragano che ammutolì Fonzie in quel famoso episodio di Happy Days. Il film in questione era la trasposizione cinematografica di un racconto di Isaac Asimov. Il titolo originale era: The Bicentennial Man, meglio conosciuto come ‘L’uomo Bicentenario’. Tratta la storia di un robot che esce dalla catena di montaggio con un difetto alquanto particolare per essere un robot: è troppo umano per essere una macchina e lo è a tal punto da voler comprendere la stessa natura umana, fino a voler condividere ugualmente lo stesso naturale destino.

Il finale dell’uomo bicentenario, quasi sicuramente, è quello più commovente di tutta la sua carriera cinematografica, di forte impatto emotivo, supportato, tra l’altro, dalla bellissima colonna sonora intonata da Celine Dion. Nonostante che il film stesso, realizzato nel 1999, non potrà mai reggere il paragone con L’attimo fuggente, di dieci anni prima. A questo punto vi chiederete voi, cari lettori, come ha fatto il grande improvvisatore ad imbrigliare l’alieno fuori dal comune? La risposta è semplice: bisognerebbe chiederlo a lui, ma sappiamo che non basta. Non basta perché siamo ben consci che non possiamo più riceverla. Ciò che possiamo ipotizzare è che, molto probabilmente, lo stesso Williams abbia fatto lo stesso lavoro interiore per renderlo più maturo.

Negli ultimi anni del suo percorso professionale, precisamente nei primi anni del 2000, il suo personaggio mostrò una sfaccettatura diversa, mai vista prima; non più allegra, spensierata e rassicurante, insomma la persona della porta accanto ma maligna e subdola: in poche parole il suo lato oscuro. Tale svolta divenne ufficiale tra il 2000 ed il 2002. Nel primo One Hour Photo, interpretava un mite e disturbato fotografo che perseguitava le persone; mentre nel secondo era addirittura un serial killer che sfidava persino Al Pacino. Ma questa parte maligna del suo personaggio, questo suo lato oscuro sarebbe dovuto uscire già molto prima sul grande schermo.

Erano gli anni ’80 e sotto la collina di Hollywood si stava per realizzare la prima storica trasposizione cinematografica dell’uomo pipistrello, Batman. In un primo momento, per interpretare la nemesi del supereroe sembrava che i produttori pensassero veramente a lui; la realtà è che lo stavano usando per convincere nel più breve tempo possibile Jack Nicholson. A questo punto ci chiediamo Robin Williams che tipo di Joker sarebbe stato? Soprattutto se questa cosa non se la fosse legata al dito che Enigmista sarebbe stato anni più tardi per il terzo capitolo quando rifiutò il ruolo memore della batosta subita anni prima?

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