Reportage sullo scandalo che portò alla prima ed unica volta nella storia un Presidente degli Stati Uniti a dimettersi

Per quanto riguarda John Dean? Dean, a quei tempi, era il consigliere legale del Presidente Nixon. Fu lui ad agire in un certo modo affinché l’inchiesta, sia quella dell’Fbi, del Cpr e dello stesso Washington post, si arenasse con un nulla di fatto. Tant’è il 15 settembre del 1972, lo stesso Dean ragguagliando il Presidente Nixon che, effettivamente, la situazione stava prendendo la piega sperata.

Non era forse un caso che quello stesso giorno il Grand Jury, istituito qualche giorno più tardi all’arresto dei cinque dichiarò che le prove era tutte rivolte contro gli arrestati? Senza far menzione a nessuna implicazione esterna o comunque in alto dell’effrazione? Motivando, addirittura, che l’indagine fosse stata approfondita ed accurata.

Il processo stesso vero e proprio iniziò solamente l’8 gennaio dell’anno successivo: solo McCord e Liddy non si dichiararono colpevoli. Mentre Hunt e gli altri cinque sì. Nonostante tutto, dunque, sembrava che Nixon fosse riuscito a cavarsela anche in quell’occasione invece accadde qualcosa di inimmaginabile. In una delle precedenti amministrazioni alla Casa Bianca uno dei Presidenti in carica volle installare un sistema di registrazione per lasciare delle prove agli storici.

Non si sa se lo fece per trasparenza o per manie di grandezza, sta di fatto che alla fine fu sempre un Kennedy a far fuori Richard Nixon. Fu John, negli anni che andavano dal 1960 al 1963 a volere tale sistema. Sistema che risultò essere molto utile ai fini della risoluzione dell’intrigo. La scoperta di quei nastri rappresentò la vera condanna a morte, politica s’intende, dello stesso Presidente Nixon.

D’altronde la coraggiosa inchiesta portata avanti da Woodward e Bernstein poteva fare comunque ben poco di fronte all’evoluzione della politica, visto che sempre verso la fine del 1972 Nixon venne eletto per un secondo mandato. Quindi, furono quelle registrazioni a far saltare banco. Tecnicamente Nixon avrebbe dovuto cedere il passo, per limite costituzionale, ad un altro Presidente, indipendentemente se fosse Repubblicano e Democratico, rimanendo in carica, comunque, fino al 1976.

Non andò così. l’inizio dello stesso 1973 e l’inizio del 1974 fu il periodo più difficile della presidenza di Dick. Su quei nastri prese il via una drammatica battaglia che culminò addirittura nel famoso ‘Massacro del sabato sera’, datato 20 ottobre del 1973. L’allora Procuratore Speciale Archibald Cox, una volta che citò in giudizio il Presidente Nixon il quale, attraverso il Procuratore Generale Elliot Lee Anderson, gli chiese di lasciar cadere la citazione medesima. Cox, da canto suo, si rifiutò e l’impeachment vero e proprio giunse all’alba del 1974, il 28 gennaio per essere precisi.

Prima di quella data lo stesso Cox venne si licenziato ma non per mano di Anderson, su ordine di Nixon, ma dall’avvocato generale Robert Bork dopo che lo stesso Anderson si dimise, ponendo nel caos l’ufficio che presiedeva, quello del Dipartimento di Giustizia.

Ciò che ancora non abbiamo detto, che non abbiamo ricordato, è che lo stesso Nixon, per non consegnare i nastri si appellò al cosiddetto ‘Privilegio governativo’, una forma d’immunità che garantiva al monarca, in questo caso allo stesso Presidente la salvaguardia della propria posizione costituzionale. Priviliegio governativo che non lo salvò.

Infatti, un mese dopo al 28 gennaio del 1974, il 1° marzo i membri dello staff del Presidente Nixon vennero tutti quanti condannati con l’accusa prima di ostacolare ed inquinare le indagini sul caso Watergate. Non solo, il 5 aprile del 1974 uno dei segretari del Presidente fu accusato, addirittura, di falsa testimonianza davanti al Gran Jurì. Ancora: due giorni più tardi fu il turno del Governatore della California, Ed Reinecke, che fu accusato di spergiuro di fronte alla Commissione del Senato.

Ritornando, per un momento, ai membri dello staff di Nixon, i componenti erano conosciuti come i Seven Watergate, i sette del Watergate: ed erano: John Newton Mitchell, Harry Robbins Haldeman, John Erlichman, Charlse Colson, Gordon C. Strachan, Robert Mardian e Kenneth Parkinson.

Di fronte a questo quadro ormai non solo desolante ma soprattutto traumatico da un punto di vista istituzionale per la nazione, la Camera dei Rappresentati inviò formalmente richiesta per impeachment nei confronti del Presidente Nixon. Pochi giorni prima delle storiche dimissioni, la commissione giudicante della stessa Camera dei Rappresentanti, presieduta dall’italo-americano Peter Wallace Rodino Jr, votò a favore della messa in stato di accusa del Presidente. Il risultato della votazione fu: 27 voti contro 11 contrari.

Non solo, due giorni più tardi la stessa Commissione giudicante imputò al Presidente anche altre due accuse: abuso di ufficio e ostacolo al Congresso. Praticamente, la posizione di Nixon era ormai più che in bilico, era del tutto chiaro che non avrebbe più potuto continuare a governare la nazione con i suoi uomini di fiducia che non solo avevano ammesso le loro colpe ma che lo avevano completamente scaricato. Le altre due accuse, per Nixon, giunsero, esattamente, tra i giorni 29 e 30 luglio di quella caldissima ed estate bollente per la politica americana.

Dieci giorni dopo, una volta consegnate le dimissioni al Segretario di Stato Henry Kissinger, Richard Nixon parlò alla nazione confermando e rassegnando le stesse dimissioni, diciamo così, anche nei confronti del popolo americano. Nel discorso che pronunciò alla nazione ci fu una frase che lo stesso Nixon disse: di non essere più in possesso di una base politica sufficientemente forte per continuare l’incarico da Presidente.

Ancor più storiche, forse, sono le immagini in diretta dello stesso Nixon che lasciò la Casa Bianca a bordo dell’elicottero presidenziale. Con effetto immediato divenne capo della nazione il suo vice, Gerald Ford. Qualche tempo più tardi, come ricordato nei precedenti appuntamenti, lo stesso Presidente Ford garantirà il perdono presidenziale a Richard Nixon, il quale quest’ultimo, non ottenne mai e poi mai il perdono del popolo americano.

Ancora oggi, a distanza di lunghi cinquanta anni, la vicenda del Watergate attira incuriositi verso una pagina di storia del tutto particolare. Un periodo storico di una nazione sempre in lotta con sé stessa, capace, anche se non sempre, di crearsi degli ottimi anticorpi affinché il sistema stesso possa mantenersi credibile agli occhi della gente comune. Un periodo storico che viene visto come negativo e che gettò, gli stessi Stati Uniti d’America, in un clima non proprio di totale fiducia, confermando la diffidenza degli americani verso le istituzioni a partire dal tragico 22 novembre 1963.

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