Reportage sullo scandalo che portò nella prima ed unica volte nella storia un Presidente degli Stati Uniti a dimettersi

Quella vittoria conseguita nel 1959, dallo stesso Richard Nixon, lo fece apparire, agli occhi del popolo americano, come uno statista di prim’ordine, retto, capace di dialogare con i politici all’estero e, dunque, anche di ambire, tranquillamente, ad essere eletto come primo cittadino della nazione a stelle e strisce. Un’ambizione comune per tutti coloro che intraprendono la carriera politica negli Usa. logico, anche da un punto di vista generale.

Sta di fatto, però, che in quell’altrettanto lontano 9 agosto del 1974 tutto quello che era riuscito a costruire lo stesso Dick era ormai stato spazzato via, molto probabilmente, dall’errore più grosso della sua carriera, quello commesso nel complesso di edifici del Watergate a partire dal 17 giugno del 1972.

Ma il caso, in sostanza, come effettivamente scoppiò? Cosa determinò la scoperta del collegamento tra quei cinque uomini con l’uomo più potente della Terra? Cinquanta anni dopo bisogna ringraziare, nel vero senso del termine, due cronisti molto in gamba che lavoravano per il Washington Post.

A distanza di tempo i loro nomi, ormai, sono paragonabili come quelli delle star che operano e lavorano sotto la collina di Hollywood e che lo stesso mondo in celluloide ha ispirato per ben due volte nella stessa storia del cinema. Ma anche in questo caso e come sempre andiamo con ordine.

I due cronisti sono conosciuti come Bob Woodward e Carl Bernstein. Entrambi, tra la fine del 1972 e fino al 1974, diedero vita ad una delle inchieste giornalistiche più interessanti della storia, non solo. Da quella che pareva un’interminabile serie di articoli venne realizzato un bestseller che ricevette, come logico che fu, il Premio Pulitzer. Il libro vide una prima pubblicazione il 15 giugno del 1974. Quindi due mesi prima delle storiche dimissioni.

Le storiche dimissioni, appunto. Quell’inchiesta, prima, e quel libro, poi, rappresentarono per lo stesso Nixon una vera e propria bomba mediatica dalla quale non riuscì in alcun modo a salvarsi. Due anni più tardi alla vicenda il mondo del cinema, una prima volta, ci mise lo zampino.

Infatti, il grande schermo fu letteralmente ispirato da ‘Tutti gli uomini del Presidente’, titolo del libro inchiesta, che decise di rendere la pellicola, interpretata da Dustin Hoffman e Robert Redford, nei panni dei due cronisti del quotidiano della capitale, omonima.

Diretto da Alan J. Pakula, il film ripercorre, fedelmente, le fasi dell’inchiesta ottenendo un incredibile successo di pubblico e di critica e non solo. Il film venne candidato a ben otto premi oscar, ottenendone solamente, si fa per dire, la metà, tra cui a Jason Roboards. Quest’ultimo già visto nel 1968 nel ruolo dell’amico di Charles Bronson nel leggendario ‘C’era una volta il west’.

Andiamo a vedere meglio non solo le candidature ma anche le statuette conquistate: Miglior attore non protagonista, Miglior sceneggiatura, Miglior scenografia, Miglior sonoro, miglior film, miglior regista, miglior attrice non protagonista e miglior montaggio.

Le quattro statuette conquistate riguardavano: come già detto a Jason Roboards, come attore non protagonista; a William Goldman, per la miglior sceneggiatura non originale; a George Jenkins e George Gaines per la miglior sceneggiatura e ad Arthur Piantadosi, Les Fresholtz, Dick Alexander e Jim Webb per il miglior montaggio sonoro.

Dal 1976 al 2008 passano solamente trentadue anni ma gli echi della vicenda, dello scandalo Watergate, gli echi delle malefatte di Richard Nixon sono ancora troppo forti per sopirsi. Considerando il fatto che, in quell’anno, erano appena trascorsi quattordici anni dalla morte del Presidente più criticato della storia. L’arduo compito spettò, questa volta, ad un altro pezzo da novanta della regia del cinema americano: Ron Howard, si, il ‘Ricky Cunningham’ del leggendario show televisivo ‘Happy Days’.

Questa volta la ricostruzione storica non riguardava nuovamente le fasi del Watergate, no. Questa volta la missione cinematografica era quella di ricostruire ciò che era successo dopo a quel 9 agosto del 1974. Infatti, tre anni più tardi l’ex Presidente Nixon, che aveva persino ottenuto il perdono per lo scandalo da parte del nuovo inquilino della Casa Bianca, Gerald Ford, nonché suo vice negli anni di quello che doveva essere il suo secondo mandato, prese parte ad una serie di interviste molto particolari.

Il conduttore televisivo, australiano, David Frost riuscì nell’impresa non solo di ottenere il consenso di Nixon per i singoli incontri da registrare, che fungevano da altrettante singole puntate da mandare in onda in televisione, ma riuscì anche a fargli ammettere, per via indiretta, la sua colpa per quello scandalo che chiuse, di fatto, la sua carriera politica, comprendo di vergogna gli Stati Uniti d’America.

La sceneggiatura, a sua volta, era ispirata da una pièce teatrale scritta da Peter Morgan il quale, sviluppò anche la stessa sceneggiatura. Ad interpretare David Frost venne scelto l’attore britannico Micheal Sheen, mentre il ruolo di Richard Nixon fu ingaggiato il veterano Frank Langella.

Rispetto a ‘Tutti gli uomini del Presidente’, ‘Frost vs Nixon’ a si ottenuto molte critiche positive, sia per la regia che per la performance dei due attori protagonisti, ma ottenne anche, precisamente ben cinque nomination agli oscar del 2009, senza però conquistare nessuna statuetta. Ma andiamo a vedere ugualmente le candidature: Miglior film, miglior regia, Miglior attore protagonista a Frank Langella, Miglior sceneggiatura non originale e miglior montaggio.

Se avete ben notato, almeno per concerne le candidature, le due opere cinematografiche non hanno tradito le attese. Due grandi film che hanno raccontato e ricostruito, in due momenti diversi, la stessa vicenda. Potremmo quasi azzardare, ma in via del tutto indiretto, che il film del 2008 sia un seguito di quello del 1976 e con un elemento particolare che non li contraddistingue, ma li unisce: ovvero quello della presenza di giornalisti o quantomeno due effettivi, nel 1976, l’altro improvvisato nel 2008.

In entrambi i casi i due film fanno centro, donando non solo al popolo americano ma al mondo intero una degna ricostruzione dei fatti, ma anche, non si sa quanto voluta, anche una sorta di redenzione dello stesso Presidente, etichettandolo comunque tra i colpevoli di un fatto che ancora oggi fa sensazione, che ancora oggi fa notizia.

Ma il cinema e il cinema e la realtà è la realtà, allora andiamo a vedere, effettivamente, come venne scoperto lo scandalo che pose fine alla presidenza e alla carriera politica di Richard Nixon.

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