Imperdibile appuntamento musicale con le migliori cover della storia della musica

Questo secondo appuntamento con ‘Quelle cover’ possiede il multiplo sapore di un po’ ‘La canzone del lunedì’, un po’ di ‘Retrospettive di Cinema’ e un po’ ‘Forever 80s’. Tre rubriche di ‘FreeTopix Magazine’ unite per un’unica e sentita celebrazione di una cover, appunto, che ha fatto storia più della versione originale. Una seconda celebrazione da parte nostra che oltre ad essere meritata appare anche come una scusa per parlare di un singolo che da oltre quarant’anni a questa parte non stanca mai di essere ascoltato.

Un brano, che a dispetto di quello che si potrebbe pensare, non è veramente figlio del decennio iniziato ormai quarantaquattro anni or sono, ma di qualche periodo musicale precedente. Gli altrettanti mitici anni ’70. Ebbene sì, la versione originale risale a cinquanta anni fa esatti.

Di mitico, in verità, è anche, e soprattutto, il riferimento ad una delle tante icone cinematografiche del passato alla quale, lo stesso brano, omaggia in maniera palese e che, per non dire, è ampiamente dedicato. Un omaggio sentito ad una grande attrice di Hollywood, la quale entrò nell’immaginario collettivo a partire dagli anni ’30.

Era il 1974 quando Jackie DeShannon, una delle prime cantautrici dell’era del rock’n’roll, decise, insieme a Donna Weiss, di scrivere un brano destinato ad esser incluso nell’album, del 1975, dal titolo ‘New Arrangement’.

Si, avete letto ed ascoltato bene e a molti sembra strano udire una versione totalmente differente, seppur spensierata, allegra, scanzonata e in chiave quasi da cantastorie, ma non dello stesso livello di quella che poi sarà conosciuta da tutti nel mondo intero.

L’attrice Bette Davis, quindi, ebbe un prima dedica attraverso le sette note già nella prima metà degli anni ’70. Lei, che era ancora viva in quel decennio, immaginiamo come si sentisse lusingata ma, a quanto pare, non si espresse più di tanto. Sia in senso negativo e sia in senso positivo. Tra l’altro la stessa attrice ritornò sul grande schermo l’anno successivo alla pubblicazione della canzone, con il lungometraggio: ‘Ballata macabra’ del 1976 e per la regia di Dan Curtis.

Più che il film, però, a passare inosservato, per non dire, totalmente snobbato, fu proprio quell’omaggio musicale realizzato dalla De Shannon alla grande attrice americana. Eppure, i versi davano molto risalto a tutte e tre le componenti che decretarono il successo di Bette Davis nei confronti del pubblico: oltre che la bellezza, semplice e dolce, l’immensa bravura e i suoi occhi espressivi i quali, appunto, ispirarono il titolo della canzone stessa.

Come detto, però, la stessa diretta interessata, in quegli anni, non si espresse. Almeno così riportano le cronache dell’epoca. Ciò non vuol dire che non lo fece lontano dai riflettori. Sta di fatto che gli anni ’70 finirono e iniziarono gli anni ’80. Di ‘Bette Davis Eyes’ iniziarono quasi a perdersi definitivamente le tracce; tant’è sembrava che nessuno se ne ricordasse, eccetto per un’altra cantante. Anche lei appartenente al genere rock, ma più vicino al pop rispetto al beat ed al folk rock di Jackie De Shannon. Forse anche lontana dalla cultura dei figli dei fiori che era emersa dagli anni Sessanta in poi: stiamo parlando di Kim Carnes.

La carriera musicale di quest’ultima prese il via, ufficialmente, nel 1971; cinquantatré anni fa, insomma. Il suo primo album, infatti, dal titolo ‘Rest on me’, venne registrato come disco d’esordio. Dopo quell’entrata in scena, in via ufficiale, nel mondo delle sette note trascorsero giusto dieci anni, arrivando così al 1981. Anno in cui ‘Bette Davis Eyes’ si scrollò di dosso la triste etichetta di canzone anonima, per non dire dimenticata, entrando diritto non solo nella storia della musica di quel decennio ma entrando, contemporaneamente, dalla porta principale della dimensione in cui sono ‘raccolte’ le canzoni ritenute immortali.

Il testo non venne modificato. Rimase fedele a quello ideato dalla De Shannon, insieme a Donna Weiss. Le modifiche sostanziali riguardarono la base musicale. Infatti, il sound che sconfinava in un leggero country, quasi anche rilassante, rassicurante persino e senza troppe pretese, venne sostituito da un moderno giro di accordi con il sintetizzatore, ripetitivo ma accattivante e, allo stesso tempo, trascinante. In più ciò che aiutò la nuova versione fu anche il timbro vocale di Kim Carnes: una voce talmente roca e dolce allo stesso tempo, tanto da essere definita come la versione femminile di Rod Stewart.

La cover di ‘Bette Davis eyes’ uscì nel marzo del 1981. Il giorno esatto, purtroppo, non siamo riusciti ancora a scoprirlo. Si sa, però, che da quel momento in poi, per Kim Carnes iniziò un periodo di grandi soddisfazioni musicali, fondamentalmente legate proprio a questa cover. Le vendite furono alte in tutto il mondo. Addirittura, in Francia, si sfiorò il milione di copie e ancora oggi, questa hit, è da considerarsi una pietra miliare di quel decennio.

Forse si potrebbe dire che gli stessi anni ’80 incominciarono, per quanto riguarda le sette note, proprio nel mese di marzo di quarantatré anni fa. E Bette Davis come la prese? Quale fu la sua reazione alla circolazione nelle radio di questa seconda versione? Non solo ringraziò gli autori, ma apprezzò la cover di Kim Carnes, definendola ‘parte dei tempi moderni’.

Non solo. A questa espressione di mera gratitudine potrebbe essere seguita, molto probabilmente, da un pensiero che risulterebbe intriso di retorica. Di sicuro, però, non scontentiamo nessuno affermando questa canzone, oltre che essere ‘parte dei tempi moderni’, è diventata anche parte della storia della musica.

Un piccolo anedotto musicale che lega indissolubilmente due cantanti diverse, eterogenee fra loro, due modi diversi di intendere la musica ma, aspetto che sembra insignificante ma che non lo è: se non fosse per Jackie De Shannon la stessa Kim Carnes avrebbe avuto lo stesso successo? Potremmo rispondervi così: il classico sliding doors delle sette note per non dire altro. perché, come ben si sa, anche in questa dimensione musicale, la storia non si fa né con i sé e né con i ma. Qui sotto la versione classica, quella estesa e live, quando Kim Carnes fece un’apparizione ad un programma francese. L’equivalente dei ‘Migliori anni’ di Carlo Conti.

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