Con la rinuncia di Biden per il secondo mandato si è ripartita la corsa verso la Casa Bianca
All’inizio doveva essere solamente una serie di articoli e nulla di più. Una serie di appuntamenti settimanali che ci avrebbero accompagnati fino alla data fatidica, quella del 5 novembre del 2024, tanto per intenderci. Per poterla inaugurare, addirittura, si era pensato bene di partire leggermente in anticipo. Un anno e tre mesi per l’esattezza, per seguire la campagna elettorale delle primarie. L’esito, purtroppo, ci aveva riportato al punto di partenza: alla rivincita non tanto invocata tra lo stesso Donald Trump e l’attuale Presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
Era il 5 agosto di un anno fa, quasi. E adesso mancano esattamente tre mesi all’election day che si svolgerà nel giorno e nel mese indicato, con una novità assoluta però. Con un colpo di scena che ha ridestato l’attenzione di molti e, se vogliamo, l’attenzione anche sugli stessi Stati Uniti d’America.
È vero, lo abbiamo definito colpo di scena, ma la scelta forzata, o se per meglio dire obbligata, di Joe Biden era attesa da quasi un mese. Da quando, da quello scorso 27 giugno, in cui si era tenuto il primo faccia a faccia dopo un bel po’ di tempo, tra l’attuale Commander in Chief e l’ex Presidente, battuto dall’inquilino della Casa Bianca nel 2020, e che si è ricandidato per un possibile secondo mandato, lo stesso Joe aveva dato gravi segni di cedimento.
Comunque, anche per Joe Biden sarebbe stato il secondo mandato, se non che, proprio dopo lo scorso 27 giugno, Biden, ha mostrato gravi problemi cognitivi e di tenuta fisica, come detto, appunto. L’incontro scontro si è rivelato essere un vero e proprio disastro per il Presidente degli Stati Uniti. Tant’è, in queste lunghe settimane, molti hanno fatto sentire la loro voce invitandolo ad un responsabile passo di lato o passo indietro.
Eppure, Joe Biden ci era quasi riuscito nel suo intento. Rimanere per altri quattro anni all’indirizzo di Pennsylvania Avenue, come hanno fatto i suoi più illustri predecessori. Come Bill Clinton e Barack Obama. Proprio di quest’ultimo, tra il 2009 ed il 2017, ne è stato il Vice proprio grazie alla sua lunga carriera, grazie alla sua storia politica, grazie al suo peso politico.
Peso politico che aveva, nei lontani anni ’60, Lyndon Baines Johnson. Anch’egli del Partito Democratico, anch’egli vice di un altro Presidente che rappresentava la novità, ma stroncata sul nascere, e anch’egli rinunciatario per un’altra campagna elettorale, quella che lo avrebbe portato alla riconferma alla Casa Bianca, forse. Tutti tasselli, dettagli e coincidenze storiche che, senza neanche farci tanto caso, tornano richiamando periodi storici ugualmente infuocati e, forse, ancor più drammatici di questi nonostante tutto.
Forse è un caso o una coincidenza che Joe Biden inizia la sua carriera durante l’ultimo periodo della Presidenza Nixon, nel 1972? Anche lui dimissionario per altri motivi che fra qualche giorno andremo persino a ricordare. Uno scherzo del destino per Biden. Lui che di scherzi del destino che ha avuti fin troppi e andarli ad elencare equivarrebbe aprire, per lui, delle ferite troppo aperte. Sta di fatto che, in questi quattro anni, ha tentato di riunire l’America. Ga tentato di ridargli un’anima. Quella stessa anima smarrita dall’11 settembre del 2001. Quella stessa anima caduta in balia delle sue stesse paranoie, paure e contraddizioni, domate, per molto tempo, con notevole equilibrio.
Da diversi giorni a questa parte, anzi se vogliamo dire da quasi una settimana esatta dall’annuncio del Presidente degli Stati Uniti, a prendere il posto nella corsa verso la Casa Bianca c’è quella Kamala Harris che è, attualmente, la sua vice. Ora è lei a prendere il posto di Joe Biden. Ora è lei a mettersi sulle spalle tutto il Partito Democratico fino al 5 novembre. 5 novembre, appunto. Il giorno delle elezioni. Prima di questa data, per certi versi, ce n’è ancora un’altra. Ancor più vicina. Ancor più pregnante per certi versi della data fatidica.
Un altro giorno da ricordare, forse, e che ne richiama un altro incastonato nella dimensione di un passato potente. Attenzione, il riferimento non è tanto il giorno o il mese e neanche l’ora. Semmai il luogo: Chicago. È lì che si svolgerà l’ultima convention disponibile per i democratici in cui si dovrà decidere il destino stesso della neocandidata alla Casa Bianca Kamala Harris.
Una convention che si svolgerà dal prossimo 19 agosto fino al 22 dello stesso mese. Di norma si prevede che la nomina avviene attraverso un meccanismo di votazione a cui gli stessi candidati dovrebbero essere sottoposti. Da quello che sta emergendo in questa lunga settimana, a quanto pare, sembra nessuno tra i possibili papabili a rientrare in corsa per giocarsi una seconda chance storica per ottenere la nomination per il 5 novembre prossimo abbia voglia di creare scompiglio all’interno dello stesso partito democratico a meno che non presentano entro oggi la loro candidatura e, entro il 30 luglio, di avere l’appoggio di almeno 300 delegati per la prossima convention di Chicago.
Dunque, l’unica candidata è solo ed essenzialmente Kamala Harris. A questo punto cosa potrebbe succedere: che i giochi sono già fatti? Sembra di sì. Ripetiamo sembra proprio così. eppure, tra tutti quelli che hanno dato l’endorsement alla stessa Harris, oltre a Biden quindi, come anche i Clinton e tutti gli altri possibili candidati, mancherebbe il benestare, diciamo così, di Barack Obama.
In effetti, ancora adesso non si spengono le insistenti voci che vorrebbero, al posto dell’ex procuratrice della California, l’ex First Lady Michelle Obama contro Donald Trump.
Quindi è già tutto scritto? Quindi è già tutto deciso? Sarà solo Kamala Harris a scontrarsi contro il Tycoon a novembre? E diciamo anche la verità, il cambio dello sfidante, essendo comunque campione in carica per usare una metafora sportiva, fa piacere a molti.
Il revival di quattro anni fa, nei conti, non lo voleva nessuno e anche se adesso si stanno rincorrendo le voci per cercare di spiegare, veramente, cosa ha fatto mutare idea a Joe Biden la sensazione è quella che abbiamo specificato all’inizio: l’interesse è tornato ancor più vivo che mai sulle prossime presidenziali americane.
È per questo che, ad un certo punto e non tanto per la nostra classica discontinuità, avevamo mollato l’argomento. Adesso, dopo questo colpo di scena e la nuova tendenza del giornale, più che serie di articoli abbiamo intenzione di preparare una serie di speciali per ogni tematica, aneddoto, particolare, curiosità interamente legata alle presidenziali americane.