In occasione del remake de ‘Il Corvo’ torniamo a parlare dello sfortunato figlio di Bruce Lee
Era chiaro che si sentisse quasi sempre sotto esame o comunque una sorta di osservato speciale per il semplice fatto di essere il figlio di Bruce Lee. Era anche naturale, essendo a conoscenza delle arti marziali, che quando gli offrivano un ruolo molti si aspettavano le stesse identiche cose che faceva suo padre davanti alla macchina da presa. Ma non sempre un dono si tramanda in padre in figlio o quantomeno non si vuole essere riconosciuti per la stessa cosa.
Nonostante tutto, Brandon aveva sicuramente altre qualità più vicino ad un attore vero rispetto al suo celebre genitore. Deciso su questa strada, nel 1983 scelse la Emerson college di Boston per poi trasferirsi per un po’ di tempo a New York frequentando un gruppo teatrale chiamato American New Theather.
La compagnia teatrale venne fondata da un suo amico che, prima, diventerà un famoso sceneggiatore e poi un apprezzato regista: John Lee Hancock. Quest’ultimo divenne famoso negli anni ’90 per aver realizzato la sceneggiatura di un capolavoro diretto e interpretato da Clint Eastwood con Kevin Costner, ‘Un mondo perfetto’.
Nel giro di due anni, Brandon Lee, riuscii a prendere parte ad un film, seppur con un piccolo ruolo, non venendo neanche accreditato. ‘Crime Killer’ per la regia di George Pan Andreas. L’anno successivo, nel 1986, lavorò a ben due pellicole, segnale che la ruota stava iniziando effettivamente a girare per lui. ‘Legacy of rage’, per la regia di Johnny Hu e il film per la televisione ‘La legge del Kung Fu’, diretto da Richard Lang.
Su ‘Legacy of Rage’ c’è un dettaglio non di poco conto: ovvero quella di essere l’unico film a cui lo sfortunato attore prese parte per una produzione di Hong Kong, insieme a due attori molto conosciuti in patria: Micheal Wong e Bolo Yeung. Quest’ultimo collaborò con il padre al film ‘I tre dell’operazione drago’.
Tra il 1987 ed il 1988, Brandon Lee fece due apparizioni in episodi di due serie televisive differenti, ma sempre con lo sfondo le arti marziali. La prima era ‘Ohara’, il cui protagonista era Pat Morita, il Maestro Mjiagi di Karate Kid; la seconda era la nuova versione di Kung fu, serie ideata dallo stesso Bruce Lee ma interpretata da David Carradine.
Nel 1989 sembra esserci una svolta. Diciamo sembra, perché il ruolo che gli viene affidato è sempre quello dell’esperto delle arti marziali ne film ‘Laser Mission’, ma viene notato ancor di più, sempre per gli stessi ruoli, con un altro film che, a distanza di oltre trenta anni, è ormai considerato un piccolo cult. Insieme a Dolph Lundgren, diventato famoso per il ruolo di Ivan Drago in ‘Rocky IV’, prese parte a ‘Resa dei conti a ‘Little Tokyo’, siamo nel 1991. L’anno dopo lavorò a ‘Drago d’acciaio’ e poi arrivò la chiamata di Alex Proyas per ‘Il Corvo’.
Per quel ruolo era talmente entusiasta che arrivò persino a dire, nell’ultima intervista della sua vita, distribuita dalla casa di produzione Miramax durante le fasi di lancio del film, delle parole a dir poco profetiche e, allo stesso tempo, inquietanti senza neanche saperlo: è un ruolo fantastico, è un ruolo che comporta dei rischi per chi lo interpreta: ti dà l’occasione di rischiare e di metterti alla prova perché nessuno sa come si comporta una persona quando torna dall’al di là?
Ovviamente erano parole di scena, per creare attesa e aspettativa per il film, quello della vita per lui, che stava attendendo da tempo. Finalmente, non doveva più lavorare o comunque mostrare il suo talento in una storia a tematica arti marziali. Per la trasposizione cinematografica de ‘Il Corvo’, fumetto creato da James O’Barr nel 1989, Brandon Lee non venne subito considerato come la prima scelta da parte dei produttori, almeno per quello che poi è emerso nel corso del tempo.
Con lui, in quel film che rientrerà nell’elenco delle pellicole maledette, c’era anche Ernie Hudson, il Wiston Zedemore dei ‘Ghostbusters’. Le scene con le quali abbiamo aperto questo speciale è quella in cui Eric Draven, il protagonista principale ed impersonato da Brandon Lee, fa il suo ingresso, prima nel suo appartamento prima di essere ammazzato, e in un’altra attraverso una finestra, dopo essere tornato in vita, ed esattamente nella stanza in cui trova uno dei suoi killer, Funboy, interpretato da Micheal Massee, a letto con una donna che conosce molto bene, madre di una ragazzina amica di Shelly, la sua findanzata.
Durante quella scena, come detto precedentemente, furono sparati diversi colpi che si credevano essere tutti a salve. Nel rivedere la sequenza, mentre Eric racconta la storia di Gesù che entra in una locanda, il colpo fatale molto probabilmente deve essere il quarto in ordine successione. Mentre per quanto riguarda la prima il colpo, ricordiamolo, è solamente uno. Questo perché nel corso degli anni si è fatta un po’ di confusione su quale sarebbe sia stata l’ultima scena dell’attore.
Per alcuni anni si è anche pensato in cui Brandon Lee sarebbe morto possibilmente anche in una terza scena, quella in cui Eric Draven sfida i criminali della città riuniti prima di appiccare gli incendi durante la notte di Halloween. Ma ormai sappiamo benissimo quale sia, senza andare a cercare altrove ulteriori prove sulla rete.
È inutile ricordare tutte le polemiche che scoppiarono all’indomani della tragedia. Molti si chiesero come fosse stato possibile che un proiettile vero si trovasse nel tamburo o comunque nel caricatore di una pistola di scena. Rob Cohen, un regista statunitense, affermò, senza mezzi termini che questa situazione poteva accadere come fatalità.
Fatalità? Si, potrebbe essere. Ma non quando a morire è proprio il figlio della leggenda delle arti marziali scomparso anche lui in modo misterioso. Soprattutto quando nell’ultimo film che stava interpretando il suo personaggio moriva nella stessa identica maniera del figlio, ma nella realtà. Troppo inquietante per essere solamente un tragico scherzo del destino.
Fatalità, dunque ma coincidenza, e quest’ultima, però, quanto potrebbe essere intesa involontaria. Nel senso, siamo sicuri che non sia stato del tutto voluto come trovata pubblicitaria per incassare molto di più al botteghino? Partiamo dal presupposto che le nostre ipotesi sono delle mere illazioni. Perché lo sono e non possiamo considerarle in maniera diversa al momento.
Ipotesi che sono riprese, in senso ancor più lato, nel libro di Carmine Aymone, Hollywood – Morte e Misteri delle star, pubblicato nel 2017 con la casa editrice Bulgarini