Un terzo capitolo con zero cupezza e più familiare rispetto al precedente film
Non a caso, proprio in merito alle critiche, il terzo film di Indiana Jones fu colpito da giudizi alquanto originali da un certo punto di vista. Jonathan Rosenbaum, del Chicago Reader, lo definì senza anima. Ma non fu il solo ad esprimente o comunque ad imprimere attraverso l’inchiostro della carta stampata giudizi non proprio positivi. A completare l’elenco ci pensarono il The New York Observer, con Andrew Sarris, il New York, con David Denby, il The New Republic con Stanley Kauffman, il The Viallage Voice con Georgia Brown.
Ci fu, però, un quotidiano che fu costretto, letteralmente, a pubblicare due recensioni. La prima era forse talmente negativa che la seconda venne vista, addirittura, come un porre rimedio dopo l’errore commesso in un primo momento o almeno così sembrò. Perché, di fatto, Hal Hinson, del Washington Post, definì la storia fondata solo da inseguimenti con tanto di esposizione noiosa.
Non solo, lo stesso Hinson rincarò la dose affermando che la stessa esplorazione della personalità di Jones avesse messo in secondo piano il mistero insito nel Santo Graal. Allo stesso tempo elogiò sia Ford che Connery, ma per Hal non ci si doveva soffermare troppo sulla personalità del personaggio. Il suo collega, invece, Desson Thomson, due giorni dopo, elogiò l’avventura e l’azione del film in tutta la sua essenza. Esaltando, a differenza di Hal, l’approfondimento del rapporto tra padre e figlio; seppur fosse una tematica ultra-sfruttata nel mondo del cinema.
Invece quelle positive come descrissero o come definirono il film? Torniamo a menzionare il critico cinematografico Robert Erbert. Ve lo ricordate? Lo avevamo incontrato nello speciale del secondo Indiana Jones. In questa occasione, il giornalista affermò, riferendosi a Spielberg, che quest’ultimo ‘deve aver sfogliato i suoi vecchi numeri della rivista Boys’ Life. La sensazione di poter inciampare in avventure sbalorditive semplicemente facendo un’escursione con la truppa Scout. Spielberg illumina la scena con i colori forti e basilari delle vecchie riviste pulp.
Invece, l’Hollywood reporter ritenne che sia Harrison Ford e sia Sean Connery meritassero l’Oscar e su questo siamo d’accordo anche noi di FreeTopix Magazine. Soprattutto, aggiungiamo noi, Indiana Jones e l’Ultima crociata, sembrava, per alcuni versi, una sorta di crossover tra lo stesso archeologo e l’agente segreto più famoso della storia del cinema.
Un dettaglio, forse, trascurato da molti. Non a caso è la storia stessa a rivelare questa particolare, come viene sviluppato, per come si comporta la nazista che fa il doppiogioco: che prima sembra buona ed ‘innocente’, per poi tradire all’occorrenza perché non può sottrarsi agli ordini e non solo. Una storia, quindi, che ufficialmente appartiene al genere avventura ma, ufficiosamente, al genere spionaggio, alle cosiddette ‘Spy Story’ e con la presenza dell’attore scozzese non poteva essere diversamente.
Una mossa giusta che permise anche di creare, come già specificato nella prima parte, diverse gag, battute e momenti comici che fungevano dall’altra faccia della medaglia della saga stessa, dopo quanto si era visto nel 1984. Infatti, Peter Travis, del Rolling Stones, concluse che il film era quello più sfrenato e spiritoso Indy di sempre.
Una mossa giusta, abbiamo detto. Una mossa che permise al film di scivolare verso un finale trionfale senza mai e poi mai annoiare. Nonché i precedenti avessero fatto altrettanto, ma sia Spielberg che Lucas avevano pensato ad un turbinio di emozioni e di action in formato familiare, sfruttando nel migliore dei modi possibili due pezzi grossi della Hollywood dell’epoca.
Non solo, in questo terzo episodio si scoprono diversi dettagli fondamentali oltre che della nascita dell’eroe che tutti conosciamo, in quale momento preciso della sua vita agisce prendendo in mano l’iconica frusta ed il cappello; gli autori ci portano alla scoperta anche da dove deriva quel soprannome e di sicuro non riguarda uno dei cinquanta stati americani: l’Indiana. Ma di questo ve ne parleremo più avanti nello speciale.
Importante è anche ricordare tutte le location usate sia per gli interni che esterni. Si pensi per esempio alla prima scena e sequenza: il luogo esatto è l’Arch Canyon National Park situato nello Stato dello Utah. La sequenza, quella successiva del treno, è stata girata tra il Nuovo Messico e il Colorado ed era una linea ferroviaria a scartamento ridotto che si estendeva per ben 103 miglia.
Ancora: la scena d’azione ambientata a Venezia. Per quanto riguarda gli esterni, l’edificio ripreso era la Chiesa di San Barnaba ma che, nella realtà, non era mai stata adibita a biblioteca. Tutti gli interni, come i libri e gi scaffali e le catacombe erano solamente il frutto della fantasia degli autori del film. Per quanto riguarda, invece, il mitico castello di Brunwald era il castello di Burresheim nei pressi di Mayen nella regione della Renania, in Germania.
Infine, tra il 1938 ed il 1939, nella realtà storica, è veramente esistita la Repubblica di Hatay ma non aveva mai avuto una bandiera o molto più semplicemente non ebbero il tempo di realizzarne qualcuna che la identificasse insieme alle altre dei vari paesi del mondo. Questo minuto staterello era sorto nel territorio turco e nell’omonima città.
Anche alcuni dettagli storici furono inventati di sana pianta. Per esempio, la croce di coronado, quella per cui ‘Indy’ si batte all’inizio del film, era del tutto inventata. Non è mai esistita.
Inoltre, il film ispirò sia i produttori che i creatori di videogiochi. Tra il 1981 ed il 1991 vennero realizzati ben tre videogames tematici interamente dedicati al terzo capitolo, dal titolo: Indiana Jones e l’ultima crociata: The Action Game; Indiana Jones e l’ultima crociata: The Graphic Adventure e semplicemente Indiana Jone e L’ultima crociata.
Dunque, una fortuna al botteghino, una fortuna con la critica e soprattutto una fortuna, se non proprio completa, con la statuetta d’oro, edizione 1990. Su tre candidature: Miglior Montaggio Sonoro, Miglior colonna sonora e Miglior Sonoro, il terzo film della saga la spuntò per il Miglior Montaggio Sonoro.
Ma la sensazione è anche un’altra. Rispetto ai primi due capitoli ‘L’ultima Crociata’ potrebbe essere considerato il migliore di quella che poteva essere considerata una vera e propria trilogia. Sì perché ad un certo punto si pensò di smettere con l’archeologo più famoso della storia del cinema.