Piccolo speciale dedicato all’arrivo sotto il Vesuvio del più grande calciatore di tutti i tempi nell’estate del 1984
Sul finire della prima parte abbiamo scritto: poi la storia iniziò a cambiare. Con ciò abbiamo voluto sottolineare non solo quella del club del calcio Napoli, ma anche quella del calcio. sembra un’affermazione esagerata da parte nostra, ma nella sostanza tutti sappiamo che è così. pensate per un solo momento se Diego non fosse mai venuto in Italia o quantomeno non fosse mai approdato all’ombra del Vesuvio. Provate a pensarci anche solamente per due secondi. Staremmo qui a parlare di lui?
Provate ad immaginare se non ci fosse mai stata quella mega presentazione, in stile americana, all’allora Stadio San Paolo di Napoli. Dite la verità? Si sarebbe mai svolta in un’altra città con quella partecipazione? Certamente no. Partendo dal presupposto che non stiamo affatto tergiversando, semmai stiamo riflettendo su quello che stava accadendo la sensazione è quella di un qualcosa che, molto probabilmente, neanche il popolo napoletano potevano realmente immaginare. Lo stesso Bruscolotti, storico terzino destro del Napoli degli anni ’80 e quindi compagno di squadra di Maradona, in uno dei tanti speciali interamente dedicati al fuoriclasse argentino, disse testuali parole: non potevamo credere che fosse veramente con noi, tutti quanti pensavamo che così com’era venuto, così se ne sarebbe andato via.
Questa dichiarazione sta a significare due cose, una in maniera diretta, l’altra in maniera indiretta. Con la prima si conferma lo stupore di tutto il capoluogo partenopeo. Con il secondo si tende a giustificare, in maniera indiretta come detto, la partecipazione degli ottantamila tifosi che il giorno 5 luglio di quaranta anni fa accorsero sulle gradinate del San Paolo solo per vederlo palleggiare al centro del campo. Si, proprio così e queste immagini sono eloquenti a distanza di quattro decenni.
Ciò che forse ai molti poco sanno è del perché, ad un certo punto della sua carriera, il più grande calciatore del mondo, invece di andare alla Juve, all’Inter o addirittura al Milan scelse di andare a Napoli. Purtroppo, la verità non è proprio positiva e neanche tanto da ricordare, per certi versi. È risaputo che Diego Armando Maradona venne strappato dal Barcellona, nel 1982, al Boca Juniors. Il club catalano ne approfittò a causa dei problemi finanziari della stessa società di calcio.
In quel biennio, Maradona cercò di ambientarsi in tutti modi senza mai e poi mai riuscirci. C’era un problema di fondo. Gli stessi spagnoli non vedevano di buon occhio gli argentini e così lui pagò questa mentalità, pagò questo pregiudizio nei suoi confronti. E la pagò a tal punto che durante una partita di Liga Spagnola, il difensore dell’Atletico Madrid Goicoechea, gli spezzò, durante un’azione di gioco tibia perone.
Dovette sottostare ad un periodo molto lungo di fisioterapia e quando ritornò in campo, guarda caso proprio contrò l’Atletico Madrid, non solò segnò masi rese protagonista di una clamorosa rissa e per questo episodio venne, addirittura, invitato a presentarsi davanti al Re per chiedere scusa.
Il dramma che si nascondeva sotto la superficie era ben altra cosa rispetto ad un semplice infortunio. La solitudine gli giocò un brutto scherzo, tutti iniziavano a sapere, a conoscere il suo problema senza fare nulla o almeno è emerso questo nel corso degli anni. Molti diranno che quei sette lunghi anni, a Napoli, sono stati magici ed irripetibili; che la squadra raggiunse traguardi importanti come i due scudetti, 1987 e 1990, con quasi in mezzo quella Coppa Uefa che, all’epoca, era quasi una Coppa Campioni parallela per l’importanza di club che vi prendevano parte.
La storia, in fondo, parla chiaro e ha parlato chiaro in quegli anni. Si parlò addirittura di riscatto sociale della città, cosa che forse il riscatto sociale dovrebbe essere collegato ad altre situazioni ben più rilevanti ed importanti. Maradona, comunque, in quel momento, era il fulcro di tutto a Napoli. Catalizzava l’attenzione morbosa dei tifosi e curiosi i quali, involontariamente, nonostante lo volessero far sentire amato, ben voluto, accettato e quindi, seppur nato a Lanus in Argentina, di farlo sentire come un napoletano e, d’altronde, Diego ha sempre confermato tale affetto contraccambiando che altrettante parole d’amore verso la città e i tifosi.
Eppure quel suo malessere iniziò ancor prima di arrivare in Italia. Quel non trovarsi in Spagna, quella sorta di odio che avvertiva nei suoi confronti, l’essere circondato di persone che se ne approfittavano di lui, della sua ricchezza, della sua fama, della sua gloria, ha fatto il resto. Come ha fatto il resto anche il suo essere debole.
In fondo di lui si è sempre sostenuto che Maradona come giocatore non si discute, ma come uomo invece ha lasciato sempre a desiderare. Questo per quel maledetto vizio che, una volta scoperto, rovinò per sempre il suo nome e, come conseguenza, anche la sua onestà sportiva relativa al gioco del calcio.
Per tutto questo la colpa di chi sarebbe? Ovviamente di tutti coloro che sapevano e non hanno fatto nulla per fermarlo o quanto per cercare di fermarlo, come e anche in primis, le responsabilità erano pure le sue. È vero, sembra che stiamo divagando ma non è così. potremmo raccontarvi per filo e per segno di quella improbabile trattativa che lo portò in quello che un tempo era considerato il campionato migliore del mondo.
Ma ci ripeteremmo anche noi con gli elogi, i ricordi, i nomi e gli aneddoti che, anche in queste circostanze, non mancano mai. Ciò che abbiamo voluto fare in questo mini-speciale tutto per Diego, il secondo in pochi giorni, è quello di celebrare un evento che, quasi sicuramente, non ha mai avuto precedenti nella storia del calcio: riempire uno stadio per accogliere un giocatore e vederlo, ripetiamo per l’ennesima volta, solamente palleggiare. Pochi tocchi di palla e poi via a scrivere la storia di una squadra che, adesso come adesso, è famosa grazie alla sua presenza in campo.
Maradona senza Napoli non può esistere e viceversa, intendiamo il club non la città. entrambi hanno dato ad una leggenda senza precedenti, da tramandare in generazione in generazione non solo attraverso i racconti, le foto, i video di allenamenti e di spezzoni ma anche da immagini come queste che rendono già il senso di quel periodo magico ed irripetibile.