Penultimo appuntamento con il Mondo Chiarista
In questo stesso clima esordisce anche un’altra personalità d’artista, Alfredo Beatrice, proveniente per nascita (1937-2013) dalla provincia in- terna campana dell’Irpinia (Fontanarosa). Egli conosce di persona i fratelli De Angelis, ma non ha con loro una relazione di scambio d’esperienze creative, e non può essere comprovato, pertanto, uno specifico rapporto d’intesa ‘poetica’ o ‘di scuola’ fra i tre che erano separati, peraltro, da un certo scarto di età. Detto questo, però, è interessante osservare come anche nella ricerca creativa di Beatrice si proponga un’istanza categorialmente ‘chiarista’, riconoscibile tale non soltanto per l’impermanenza luministica e per il tratto sfaldato di un ductus essenziale, ma anche per una composi- zione che tende a trovare nella matrice cromatica gli assetti giustificativi della ponderazione compositiva.
Possiamo osservare come queste peculiarità distintive della pittura di Alfredo Beatrice si affermino già dai momenti iniziali della sua pratica creativa, a far data almeno dal momento della sua matura presa di coscienza creativa, che si afferma nel pieno degli anni ’60 e che troviamo esemplata in alcuni Paesaggi, del 1968, accompagnandosi, peraltro, ad una sua esperienza di viaggio in Polonia che ebbe per lui un importante rilievo esistenziale ed umano.
Né meno significative appaiono alcune sue opere di carattere ritratti- stico che ci offrono testimonianza evidente della sua disponibilità tonale e della capacità di interpretare nel linguaggio della pittura quei sentimenti semplici, di intimità e di innocenza che caratterizzavano, peraltro, in modo imprimente e distintivo, la sua personalità di uomo mite.
Può essere interessante osservare, inoltre, che sia i fratelli De Angelis, sia Alfredo Beatrice, sono artisti che hanno maturato anche una grande esperienza creativa in ambito ceramico, cosa che li ha educati ad una consistenza dell’immagine realizzata con vibrazioni cromatiche luministica- mente sfaldate.
Troviamo impegnato Alfredo Beatrice a fornire un’immagine convincente della realtà contemporanea, di cui sa osservare i tratti distintivi della pregnanza tecnologica, senza, però, che il dettato della sua pittura perda quell’aura di sottile malia che rimane, anzi, esaltata negli accenti di tonalismo serenamente composto che definiscono gli spessori vaporosi delle atmosfere che avvolgono i suoi racconti figurativi, come avviene in alcune sue figurazioni che ci convince richiamare, come Autostrada o Stazione ferroviaria con treno, del 1986.
Ancor più giovane d’età, dopo queste figure, citeremo quella di Antonio Salzano (1950), artista di area salernitana (Nocera Superiore) che ha maturato importanti esperienze creative all’insegna di una pratica figurativa che noi vorremmo definire della ‘discrezione’ cromatica, lasciando assumere ai suoi dipinti un andamento tonale che sfiora la soglia del monocromato, talvolta, e che s’intride di valori d’atmosfera, creando una narrazione figurativa di visibile sospensione.
Potremmo definirla, recuperando il termine husserliano, una pittura dell’epoché, la sua; una pittura che lascia in tralice i dispacci della comunicazione verbale per concentrarsi sulla connessione sentimentale, scegliendo di fornire una narrazione senza parole, fatta di afflati e di interrelazioni emotive.
Le campiture sfaldate delle stesure cromatiche che egli definisce con larghezza di tratto propongono una visione ampia e diffusiva della pregnanza atmosferica, avvolgendo l’intero tessuto narrativo di ciascuna del- le sue opere in una condizione di impermanenza figurativa che pur non rinunciando affatto alla restituzione della riconoscibilità dell’immagine, procede però, al tempo stesso, a creare una condizione di levità concettuale, nella quale si rispecchia la mitezza d’animo dell’artista e la sua spiccata vocazione ad una ‘innocenza’ che, come avviene sempre, nelle più schiette tradizioni ‘chiariste’, non è mai ingenuità naïve.
Avendo conto anche dell’esperienza figurativa che matura nelle regioni dell’estremo Sud della penisola ed in Sicilia stessa, osserveremo come il tema della luce riesca ad essere anche qui, alle latitudini in cui lo splendore accecante del sole lascerebbe pensare isteriliti i significati di luminescenze soffuse ed impermanenti, un fattore dirimente per la messa a punto di un linguaggio pittorico che sa farsi emblema di una levità di sentire, che non è sinonimo di ‘leggerezza dell’essere’, ma, al contrario, di profonda duttilità dell’animo a sapere adeguare, con pacata intimità di visione, le ragioni della storia alla vibratilità individuale della coscienza, lungo il corso di una prospettiva esistenziale che, forse, ad ancor più fondata ragione, trova motivo di esprimersi come maturità piena di ‘lirismo critico’.