Il settimo disco di Bruce Springsteen venne inciso a partire dal gennaio del 1982

Nell’apertura di questo speciale dedicato al quarantennale della consacrazione di Bruce Springsteen, come avete notato, non abbiamo proprio incominciato dall’inizio. Nel senso, non siamo partiti seguendo l’ordine della tracklist del disco in oggetto della nostra analisi, senza neanche, almeno fino adesso, indicare l’iconico titolo.

Da parte nostra è una scelta voluta, prevista e dettata dalla volontà non tanto di proporvi la classica cronaca giornalistica, no. Semmai la volontà di raccontarvi una delle tante storie di musica che affollano il pentagramma da cui attingere informazioni, eventi e protagonisti mitologici delle sette note.  

La prima traccia, quella che attribuisce titolo all’intero trentatré giri, ve la lasciamo per ultima e non è solo perché vogliamo chiudere con essa, come giusto che sia, questo speciale. ci sarebbe anche un altro motivo di cui vi renderemo conto più avanti. Una storia nella storia, dunque.

Dicevamo, con le canzoni condivise ieri, come ‘Cover Me’, ‘Darlington County’ e ‘Working on te highway’, il solco dell’idea musicale di Bruce Springsteen era ormai tracciata. Si continuava sempre nell’ambito dei testi autoriali, nel senso di portare avanti il discorso del racconta-storie o cantastorie, come meglio preferite, sempre nell’ulteriore solco del folk come sound di base o di partenza. Questa volta, però, con una forte connotazione commerciale.

Con il brano con il quale abbiamo aperto ieri lo speciale, uscito come secondo singolo estratto dal disco il 31 luglio del 1984, Cover Me, anche se nella tracklist è il secondo, Bruce Springsteen, originariamente, lo scrisse per Donna Summer. Fu il suo produttore che lo convinse del contrario, che lo convinse ad inciderlo proprio per questo settimo album. Il testo della canzone parla di un uomo in difficoltà, che chiede aiuto.

Il secondo brano di ieri, che sarebbe in ordine esatto il terzo è interamente dedicato alla Contea di Darlington, della Carolina del Sud. È una ballata, rock, con qualche sconfinamento nel pop per renderla ancor più orecchiabile; più appetibile all’interno de suo settimo disco.

Il terzo brano, quarto nella scaletta originale, è rappresentato dalla potenza tipica del sound del ragazzone di Tupelo il quale, poi, mise radici a Memphis. Stiamo parlando di Sua Maestà Elvis Presley. Un brano tra il rock ed il country puro. È questo, nella sostanza, ‘Working on the Highway’; ed è, quasi sicuramente, insieme ad un altro singolo che andremo analizzare il più adrenalinico. Ma andiamo, come sempre, con ordine.

Gli altri tre brani sui quali ci focalizzeremo oggi sono ‘Downbound train’, ‘I’m on fire’ e ‘Surrender’. Tra canzoni che mantengono invariato il tema musicale, non creano discrepanze con la linea scelta. Sempre con quella perfetta miscela di folk, testi autoriali e quella commercializzazione che avrebbe aiutato Springsteen ad arrivare a più persone. Ad ampliare la sua schiera di fans e non solo negli Stati Uniti d’America. prima di proseguire con le singole analisi dei tre brani, ebbene soffermarsi su un particolare non del tutto chiarito nella prima parte di questo speciale.

Abbiamo affermato che le sessioni di registrazione e d’incisione del suo settimo album avvennero a partire dal gennaio del 1982. Dunque, ciò cosa significa? Nebraska, il sesto disco della sua carriera, venne pubblicato ufficialmente nel settembre dello stesso anno. Quindi, vuol dire che Springsteen, in quello stesso periodo, era doppiamente impegnato nella lavorazione di due raccolte di canzoni inedite. Solo che con ‘Nebraska’ le sessioni di registrazione era quasi terminate, per il suo settimo album i lavori si erano appena aperti.

‘Downbound train’, infatti, era stata ultimata durante il periodo temporale indicato ed uscì, successivamente, il 6 maggio del 1984. Aperta con un riff di chitarra alla Keith Richards, la base musicale si estende come un classico lamento country; per non dire sofferente, quasi. Per quanto riguarda il nostro giudizio su questo singolo siamo costretti a rinviare a quando, in una delle altre parti di questo speciali, ci soffermeremo sulle varie recensioni rilasciate dai critici, si in via generale e sia in particolare in relazione ai vari singoli.

A seguire troviamo ‘I’m on fire’, la cui traduzione in italiano, con tanto di video rilasciato sempre in quel lontano 1984, è tutto un programma. ‘Sono tutto un fuoco’, la traduzione, appunto. Un fuoco di passione, di voglia e di fare qualcosa con una ragazza. Dunque, non proprio un testo prettamente romantico, ma un brano in tutto e per tutto a luci rosse.

Il sound per alcuni versi, rappresentato da una sorta di ritmo martellante soft, indicherebbe tutt’altro. porterebbe a pensare a qualche tipica strada isolata, deserta degli Stati Uniti d’America. nel video che condivideremo fra non molto, beh, la strada c’è ma è ripresa di notte con il nostro beniamino, che interpreta un meccanico, tutto intendo a riportare la macchina alla legittima ed affascinante proprietaria della vettura.

Tale brano venne registrato ed inciso nel febbraio del 1982, quando iniziarono, in via del tutto ufficiale, le sessioni del settimo disco. Alcuni versi della canzone erano stati scritti per un altro singolo ‘Spanish girl’, pubblicato anni più tardi nel disco-sequel di ‘Darkness On The Edge of Town’, dal titolo ‘’The Promise’. Venne estratto come singolo il 6 febbraio del 1985.

L’ultimo brano della giornata, almeno per questa seconda parte, è rappresentato da Surrender, erroneamente conosciuto con il ritornello ‘No Surrender’. Uscito come singolo il 4 giugno del 1984, ‘Surrender’, per certi versi venne usata in supporto di una campagna elettorale. Quella di venti anni dopo all’uscita del disco, per sostenere l’allora candidato del partito democratico per le presidenziali di quell’anno John Kerry.

Tale scelta venne attuata dallo stesso cantante il quale, in maniera diretta, si schierò in favore di colui che poteva diventare il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America e che invece dovette cedere a quello che era l’attuale Presidente Bush, per il secondo ed ultimo mandato alla Casa Bianca.

Toccare questo passaggio non è proprio involontario. In effetti, in quel lontano 1984, la canzone che dava anche il titolo al disco fu oggetto di una polemica politica non proprio indifferente. È vero, ci stiamo anticipando con un questo dettaglio e ci fermiamo qui. Al momento vi rinviamo a domani con la terza parte e con altre canzoni del disco.

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