Lunghissimo speciale dedicato alla figura del grande autore di bestsellers mondiali

Nel mondo dello spettacolo sono in molti che si specializzano in un determinato settore. Prendete ad esempio coloro che cantano, che recitano, che scrivono, che fanno teatro o che fanno addirittura i comici o comunque, come esisteva una volta, il cabaret. Senza dimenticare anche coloro che conducono delle trasmissioni televisive e tanto altro ancora. Come è anche vero che gli inizi portano a delle strade professionali, sempre nel mondo dello showbusiness, che non sempre rimangono tali.

Nel senso che chi inizia come comico o come cabarettista, non è detto che finisca la carriera come tale; magari diventerà anche un grande attore, con la capacità di ricoprire diversi ruoli, sia quelli ironici o spensierati e sia quelli prettamente drammatici. Questo, almeno, nella maggior parte dei casi.

Ma cosa succede se un cabarettista, iniziando come tale, si trasforma, nell’ultima parte della sua carriera, in uno dei più grandi scrittori di bestsellers mondiali? Con copie vendute in tutte il mondo? Qualcuno, ovviamente, dirà che non è possibile. Che semmai potesse, in realtà verificarsi, una situazione del genere capiterà una volta su un milione.

Ebbene, almeno per il nostro paese, uno così lo abbiamo veramente avuto e, per uno strano caso del destino, non viene mai e poi mai ricordato come si deve. Soprattutto perché è riuscito a spaziare proprio dalla comicità alla recitazione seria, dalla musica addirittura impegnata, ma non ideologicamente, alla scrittura di romanzi di cui ancora oggi se ne parla eccome.

Per molti sarà per sempre i mitici personaggi che proponeva nelle varie trasmissioni televisive a cui ha preso parte, con quelle caricature che ancora oggi ci fanno sorridere; per altri sarà per sempre lo scrittore affermato al pari dei grandi nomi che ritroviamo sempre tra i titoli degli articoli online o nelle classifiche dedicate alla letteratura. Ma sicuramente il punto fondamentale è veramente un altro ed è semplicemente questo: è impossibile definire Giorgio Faletti.

Semmai digitate il suo nome, le prime due informazioni che vi appaiono sulla scheda in generale di Google sono due: scrittore ed attore. Se poi, ancora non siete soddisfatti, ecco che potete andare a cliccare su wikipedia il quale lo indica come: scrittore, attore, cantautore, comico e cabarettista.

In questo lungo speciale, dedicato alla sua figura, c’è solo una cosa da esaltare e, oltre tutto, anche da tener bene a mente quando si parla di lui. Non è che ha fatto tante cose e basta. Ha fatto tante cose e non ne ha sbagliata neanche una. Mai, di fatto, in tutto quello che faceva avesse mai ricevuto una critica negativa o, magari, un’opera proposta, una canzone, un romanzo, un film il pubblico stesso non avesse apprezzato, anzi al contrario.

A dieci anni esatti dalla sua prematura scomparsa ci sentiamo di scrivere subito, in questo speciale, che uno come Giorgio manca come il pane a tavola e non solo per la carenza di talenti cristallini, ma anche per il modo in cui alcuni personaggi sono lanciati e fatti passare come veri talenti di un settore ben specifico o in generale senza aver compiuto quel passaggio quasi obbligato, in maniera adeguata, conosciuto come la classica gavetta.

Nato ad Asti, il 25 novembre del 1950, Giorgio Faletti era figlio di Carlo Faletti, un commerciante ambulante, il quale vendeva bottoni e forcine per i capelli in piazza Vittorio Alferi, e di Michela Dafarra, una sarta. Mentre uno dei nonni di Giorgio era stato, in vita, un antiquario e raccoglieva nel proprio magazzino oggetti antichi: come opere d’arte, mobili e libri.

L’infanzia del futuro cabarettista, attore e scrittore si svolse a Borgo Torretta, uno dei borghi principali della città di Asti, ed esattamente in via Corso Torino n. 133. La storia vuole che si stesse apprestando a laurearsi in giurisprudenza. A pochi esami dalla fine, però, le sirene del mondo dello spettacolo furono più forti portandolo ad abbandonare, di fatto, il suo percorso di studi intrapreso fino a quel momento. Decise prima di trasferirsi a Milano e poi, sempre sotto ‘alla Madunnina’, di iscriversi alla scuola teatrale, fondata di Maurizio Nichetti, ‘Quelli di Grock’.

Erano gli anni ’70 e c’era fermento dovunque nel paese, seppur solamente in alcuni centri o città ben precise si raggruppavano i giovani talenti per poi cercare di sfondare nel giro che contava, quello delle celebrità. Tra i tanti locali milanesi che attiravano gente e pubblico c’era il famoso Derby.

Un locale che svolgeva serate con talenti emergenti della comicità o comunque del cabaret e lo stesso Giorgio, in quei primi anni della sua carriera, si ritrovò a dividere il palco con gente che di lì a poco diventerà altrettanto famosa. Gente con nomi come: Diego Abatantuono, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Paolo Rossi, Giorgio Porcaro, Francesco Salvi ed Enzo Jannacci.

Dobbiamo fermarci un momento su questo punto per poi tornarci in seguito. C’è un motivo per cui lo facciamo: per farvi comprendere la natura istrionica del suo talento nel passare da una parte all’altra con notevole facilità con queste dichiarazioni di una persona che lo ha conosciuto molto bene:

“Mi ha fatto un’ottima impressione perché a me in generale mi piacciono le persone entusiaste; entusiaste della vita, entusiaste del proprio lavoro e lui, in quel momento, aveva appena terminato d’incidere un album che si chiamava ‘Non sense’. Era molto felice del risultato di questo album, perché ci aveva lavorato con un arrangiatore bravissimo che si chiamava Lucio Fabbri, storico musicista degli Pfm e quindi era veramente entusiasta di quel progetto, di quel lavoro. Lui aveva l’entusiasmo dei ragazzi, degli adolescenti, proprio come quando sono felici di una cosa che è andata come se l’aspettavano, per cui mi fece ascoltare dal telefonino, in anteprima, alcuni pezzi dell’album, così rimanemmo a parlare fino alla sera di cose varie, di musica, delle sue esperienze musicali a Sanremo, delle sue esperienze sportive, aveva anche corso come pilota in alcuni rally, d’importanza internazionale come quello di Montecarlo, di Sanremo. E dunque mi fece un’ottima impressione perché vidi una persona molto entusiasta. Considerando che lui all’epoca ne aveva quarantanove anni, quindi non era un ragazzino ma nemmeno era in là con gli anni”.

FINE PRIMA PARTE

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