La storia di una leggenda americana della musica mondiale
Dunque, dicevamo. In quel mattino di 70 lunghi anni fa l’anonimo operaio Joe Jackson, nell’ascoltare quella particolare canzone alla radio, era convinto di sentire la voce di un afroamericano. Si sbagliò di grosso. Quel ragazzone che intonava That’s All Right Mama proveniva, si, dal Delta del Mississippi; ma non era nero, non faceva parte della sua comunità: era bianco e con il ciuffo ribelle e si chiamava Elvis Aaron Presley, anche se bastava solamente Elvis Presley.
Quel giorno di luglio nacque direttamente il Rock’n’roll. Indirettamente, quello stesso giorno, nacque il futuro del Pop, che ufficialmente, come già detto, nacque il 29 agosto del 1958, ma Joe Jackson questo non lo poteva sapere. Non era consapevole che, al di là della promessa che si era fatto a sé stesso, indirettamente la stava mantenendo in un modo del tutto involontario. Senza neanche immaginare che, alla settima volta, fece centro, appunto, involontariamente.
Cosa vogliamo dire con questo? Con sua moglie Kathrine Ester Jackson, anche se il vero cognome era Scruse, Joe Jackson stava ponendo le basi per realizzare la sua promessa personale. Stava formando, per puro caso, una band che in poco tempo avrebbe conquistato il mondo. Quando nacque Micheal, la coppia aveva già avuto sei figli. Si potrebbe dire anche sette, ma il nuovo arrivato stava nascendo insieme al suo gemello, che morì prematuramente.
Dopo questa tragedia la famiglia Jackson, comunque, si riprese e continuò il suo percorso, il tran-tran quotidiano nel cercare di sopravvivere in ambito economico. Se Joseph Walter Jackson, questo il nome esteso per il padre, faceva l’operaio, mentre in passato oltre ad esser stato musicista fu anche pugile. Mentre la moglie lavorava come commessa part-time in un negozio e sognava di diventare una cantante country.
Quindi, nei fatti, la musica in casa Jackson era nel destino ed aveva fatto sempre parte della loro vita. Ma nessuno dei due accumulerà la fortuna sognata. Nel senso che non furono né il padre e né la madre di Micheal, ma lo stesso ragazzino nato nel 1958. Di come Joe si accorse del talento dei figli sussiste una leggenda che ha del veramente comico per alcuni versi.
Abbiamo precisato, dunque, che Joe Jackson in un’altra vita avesse fatto il musicista ma senza mai precisare in che ruolo. Ebbene, quest’ultimo fu un aspirante chitarrista. La sua chitarra era sempre conservata nell’armadio con tanta cura e parsimonia. Un bel giorno quei ‘discolacci’ dei suoi figli, perdonateci l’ironia, per giocare o per cercare di cantare o addirittura per provare di cantare sul serio, non si seppe come, ruppero lo strumento musicale.
Joe non lo scoprì subito. E quando accadde la leggenda volle che i cinque figli prendessero una bella lavata di testa ventiquattrore dopo. Ma è qui che la leggenda iniziò a sorgere, a formarsi e a plasmarsi nella realtà. non si sa bene chi spiegò il tutto a Joe, ma lo stesso volle dargli una chance. In fondo era severo, almeno così sembrava, ma era sempre un padre affettuoso, anche in questo almeno così sembrava. I cinque ragazzi provarono davanti a loro padre una canzone, praticamente si esibirono e fu lì che Joe si accorse di qualcosa di mai visto prima fino ad allora.
Questa riportata è solamente parte della leggenda o almeno una leggenda che circola su come il piccolo Michael venne scoperto fra le mura domestiche. Ce ne sarebbe anche un’altra secondo cui riporterebbe che fu la stessa madre ad accorgersi delle doti da ballerino del figlio più piccolo. Sta d fatto che, comunque e al di là delle storie su come andarono i fatti, tutti o quasi sono concordi che il talento di Micheal Jackon iniziava a sbocciare ufficialmente nel 1964. Cinque anni più tardi, dopo varie esibizioni nei locali più disparati e nei festival più disparati venne lanciato da quella che sarà la sua prima vera casa discografica, fondata da Berry Gordy: la Motown.
Sempre secondo la leggenda, quando Joe Jackson portò i ragazzi alle audizioni con la suddetta casa discografica, i musicisti più esperti, per non dire gli adulti, iniziarono a storcere un po’ il naso nel vedere, come frontman di una band, un bambino di soli sette o otto anni. Anche loro si dovettero ricredere. Il talento di colui che all’inizio era solamente considerato un bambino prodigio era troppo naturale.
“Cioè stiamo parlando di una persona che aveva studiato moltissimo, a sei era già in scena. Nel ’65 fece il suo primo concerto con i Jackson 5 in un centro commerciale e la cosa incredibile. A sei anni era già padrone del palco, cantava e ballava. Esatto, proprio come James Brown, il suo mito assoluto. La cosa incredibile che lui non ha mai studiato formalmente, cioè non ha studiato in un conservatorio, non ha mai studiato in un’accademia di ballo ma spesso ha studiato, anche con grandi coreografi, e anche per ore, studiando comunque per tutta la sua vita”.
Parola di Michelangelo Iossa, giornalista e saggista, che abbiamo avuto modo di intervistare quasi un anno fa, in una duplice occasione: la prima, di aver realizzato per il decimo anniversario della scomparsa un libro dedicato a Micheal Jackson; la seconda: quella relativa alla giornata che avrebbe dovuto essere il sessantacinquesimo compleanno del Re del Pop. Queste dichiarazioni le pubblicammo proprio il 29 agosto del 2023 quando, come adesso, volemmo rimarcare la naturalità del suo dono.
Di un dono che gli ha permesso di conquistare il mondo, di andare oltre i limiti imposti sia volontariamente e no. Nella sua lunga carriera Micheal Jackson ha sempre messo al primo posto il pubblico. Lo ha fatto alimentando la sua natura da perfezionista e la sua voglia di stupire. Volontà, ferrea, che iniziò ad emergere subito dopo gli anni della maggiore età, con la fermezza di volersi staccare da quel padre che, sì, gli aveva dato tanto ma che, al tempo stesso, gli aveva anche tolto tanto. Cosa di precisione: quella di essere un giovane come tanti giovani la cui unica preoccupazione sarebbe stata quella di vivere anni spensierati. Eppure, come si può dire che le cose gli andarono male pensando a quello che ha donato alla musica, ottenendo in compenso successo, fama e gloria? Fino ad arrivare, purtroppo a quella maledetta chiamata al 911.