Il 25 giugno di 15 anni fa se ne andava il leggendario artista americano

Come si racconta una leggenda? Bella domanda. Il problema è che la risposta non è mai univoca, varia da personaggio a personaggio, da mito a mito, da, appunto, a leggenda a leggenda. La storia della musica, in fondo, insegna una cosa molto semplice: che non è solo ed esclusivamente costituita dalle singole canzoni, dai dischi e dai concerti che hanno conquistato milioni e milioni di appassionati in tutto il mondo. E’ anche una questione di dettagli, di fatti, di aneddoti, di storie di uomini che hanno contribuito, direttamente ed indirettamente, ha tracciare un solco tra un prima ed un dopo e non solo in ambito personale, anche nello stesso mondo musicale.

Il protagonista di questa storia è uno degli artisti più famosi del globo, la sua musica, il suo modo di proporla ha conquistato tutti, chi più e chi meno, bruciando record di vendite con cifre che fanno impallidire chiunque al solo sentirle ancora adesso. Prima però, come ogni racconto che si rispetti, c’è sempre un antefatto da cui partire. Un antefatto che segna, appunto, quel solco sia in ambito personale che in ambito oggettivo.

In questo caso le date sarebbero tre da tenere presente, di cui l’ultima ve la conserviamo nell’ultima parte di questa serie di appuntamenti inaugurati oggi. La prima rappresenta, propriamente, le origini di tutto; mentre la seconda l’inizio della storia che vi stiamo per raccontare.

Il destino scelse il giorno, il mese e l’anno. Una data che ritorna sempre quando si vogliono ricordare i bei tempi di un genere musicale che sembra sparito del tutto o che non è più come quello di un tempo. I bei tempi di un genere che venne rappresentato da diversi geni della musica e, a sua volta, permise la voglia di rivalsa di anonimo operaio che lavorava a Gary nello Stato dell’Indiana.

Qualche anno prima Joe Jackson, questo il nome dell’operaio, aveva tentato la strada della musica, cercando fortuna. Aveva persino fondato un suo complesso, come si chiamavano all’epoca. Il nome era persino suggestivo: The Falcons. Ma le cronache dell’epoca non hanno mai chiarito del perché a quel povero operaio afroamericano, voglioso di far parte dei grandi come quelli ascoltava alla radio, la fortuna gli avesse voltato le spalle.

Un momento, però, che non si era capito fino a quel lunedì 5 luglio del 1954. Una data epocale, una data scelta dal destino. Per molti nacque un genere da cui non si può prescindere. Secondo altri nacque un legame indiretto tra due leggende della musica americana.

Ma andiamo con ordine: la leggenda vuole che lo stesso Joe Jackson, dopo essere tornato da una nottata di lavoro, andò in bagno per farsi una doccia prima di mettersi a letto. Accese la radio e lo speaker radiofonico lanciò una nuova hit che sarebbe diventata sicuramente di successo, noi diremmo storica. Fin dai primi accordi di chitarra Joe rimase positivamente folgorato e, allo stesso tempo, anche meravigliato dal sentire la voce di un afroamericano nell’esecuzione di una canzone tipicamente da bianchi.

Fu proprio quella la molla che lo spinse a promettersi a sé stesso che la musica sarebbe rientrata nella sua vita. Solo che non pensava che sarebbe entrata in questo modo quindici anni più tardi. Era la sera del 14 dicembre del 1969. Sulla Cbs, ed esattamente dal 1948, andava in onda un programma che settimanalmente teneva incollati tutti gli americani.

Una sorta di varietà dove la musica era d’obbligo ed anche i cantanti che la proponevano dovevano, in realtà, passare sotto l’egida del conduttore, come una sorta di trampolino di lancio ufficiale o per meglio dire una sorta di vera e propria iniziale consacrazione in ambito nazionale dopo aver impressionato mediante le varie esibizioni effettuate in lungo ed in largo per le strade d’America.

Le immagini che abbiamo condiviso da Youtube sono di per sé eloquenti e chiare. Joe Jackson era anche presente. Sta di fatto che quei cinque ragazzini che l’iconico presentatore annunciò al pubblico americano sarebbero diventati riconoscibili con un solo nome che divenne, in poco tempo, un vero e proprio marchio di fabbrica. Si chiamavano: Tito, Jarmaine, Jackie, Marlon, Randy e Michael o più semplicemente I Jackson 5.

Ecco, soffermiamoci, soprattutto, sull’ultimo nome dei cinque. Micheal Joseph Jackson, come avete sempre visto dalle immagini, aveva solamente undici anni, compiuti il 29 agosto. Era nato nel 1958 ed Elvis Presley era già il Re del Rock. Nessuno quella sera, come neanche suo padre Joe e i suoi fratelli e l’America intera e per non dire anche il mondo intero, avrebbe mai immaginato di aver visto, per la prima volta nella vita, il futuro nuovo sovrano della musica. Si, ma della musica Pop.

I cinque ragazzi si esibirono in un medley di tre canzoni: Stand, Who’s loving you e I want you back. Ecco, soprattutto ci dobbiamo soffermare sul titolo indicato in mezzo; dobbiamo porre l’accento, perché gli altri due singoli erano abbastanza semplici da cantare, soprattutto per un cantante normale. Appunto, questa parola: normale. In quella performance cosa c’era di effettivamente normale? Nulla. Quel ragazzino, quell’undicenne non cantava come uno della sua età come un ventenne alle prima armi.  Almeno questa era l’impressione iniziale.

Perché se poi vogliamo soffermarsi sull’aspetto prettamente canoro, sul porsi e sul muoversi davanti al pubblico e, tanto per non farci mancare nulla, anche la capacità, naturale, di saper persino interpretare il testo delle canzoni. Di fare tuo quello che in vita, ancora, non hai mai vissuto e di sentirlo dentro di te. È questa, in fondo, l’essenza vera della prima apparizione di Micheal Jackson con il pubblico italiano: mostrò subito di che pasta era fatto ed un talento che nasce ogni cento o al massimo ogni mille anni. Si, è vero stiamo esagerando per alcuni versi ma sapete che questa è anche un po’ una verità non proprio scritta.

Se molti, in quel 14 dicembre del 1969, molti non si resero conto di quello che stava per succedere in ambito musicale. Molti non vollero neanche credere, quaranta anni più tardi, che quella bellissima storia delle sette note sarebbe finita nel peggiore dei modi quando si attendeva, solamente, un suo gradito ritorno sul palcoscenico mondiale.

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