Detto questo, passiamo ad osservare altre personalità della pittura meridionale che trovano ragione ed opportunità di iscrizione nella temperie ‘chiarista’: in Puglia, ad esempio, incontriamo Francesco Romano, nativo di Gioia del Colle (1880-1924), che produce una pittura di larga conce- zione luministica, particolarmente delicata nella libertà compositiva del tema paesaggistico (Primavera fiorita, 1913, presentata l’anno successivo in una mostra organizzata a Roma dalla ‘Probitas’), sapendo conseguire risultati di ariosa spazialità che in qualche caso anticipano soluzioni come quelle realizzate, ad esempio, da Goliardo Padova, di cui abbiamo già additato Paesaggio di Casalasca, che a questo lavoro di Romano sembra stringentemente apparentarsi.
Di una sensibilità figurativa prossima a quella con la quale si presentano i ‘Chiaristi’ milanesi del gruppo ‘dei cinque’ di Persico, principalmente quando trattano il tema della figura, abbiamo testimonianza in alcune compitazioni, appunto, di figura, di Vincenzo Ciardo (Autroritratto, opera presentata alla ‘III Mostra Sindacale d’Arte Regionale d’Abruzzo e Molise’ svoltasi a Pescara nel 1936).
Quella di Ciardo è una personalità di assoluto rilievo nella temperie artistica meridionale tra le due guerre e mostra di saper sviluppare una pittura dotata di forte impronta personale, tutt’altro che disponibile ad un ossequio pedissequo del dettato ‘novecentista’ e significativamente disponibile a sfaldare lungo un gradiente di consistenze cromatiche sfibrate un ductus producente, capace di animare esso stesso la consistenza compositiva dell’immagine.
Nativo di Bari (1912), Raffaele Spizzico è un artista che persegue l’impegno creativo di dar corpo ad una pittura che cerca di affrancarsi dalle marcature stilistiche, guadagnando una sua libertà ‘espressiva’, che non manca di manifestarsi, talvolta, negli accenti di una sensibilità cromatica aperta alle sensibilità luministiche; e ciò al netto, evidentemente, di ciò che potremmo definire, in termini espressionistici, un risentimento segni- co, lasciando, comunque, emergere un’istanza di ‘lirismo critico’. Alcune opere del Nostro come, ad esempio, Il monastero, consentono di istituire un confronto ideale con gli ottenimenti della pittura di Maria Grazia Di Giorgio, personalità siciliana sulla quale concentriamo in seguito la nostra attenzione. Accosteremo, in proposito, Il monastero di Spizzico con Il convento della Di Giorgio in cui non è certo la similitudine del soggetto ciò che autorizza l’appaiamento critico dei due lavori.
La disamina di questi dipinti suggerisce, inoltre, di prendere in esame la personalità di Ciro Migliaccio, nato nel 1912 a Napoli, che si propone con una pittura in cui la levità cromatica non sottrae forza espressiva alla composizione, trovando giustificazione, anzi, la sua sottile impermanenza ‘espressionistica’ come fondamento di una sorta di emergenza segnica che si lascia opportunamente apprezzare, consentendo di poter dar vita, così, ad un accostamento intrigante della sua personalità con quelle di Spizzico e della Di Giorgio.
Si profila, in tal modo, una sorta di ideale possibile collegamento tra esperienze creative individuali che la ricerca artistica meridionale – intesa, in questo caso, in una sua praticabilità ‘orizzontale’51 – viene maturando, con il raggiungimento di risultanze felicemente comparabili, e dando spessore ad una ispirazione produttiva che sa dare ragione ‘espressionistica’ ad una modalità d’intervento in cui il ductus sfaldato si rende capace di conferire vigore all’immagine senza comprimerla nella robustezza tracciante del segno.
Queste esperienze creative rendono possibile, insomma, che possa essere l’atmosfera stessa a costruire l’impianto compositivo nella libertà sciolta di una luminosità impermanente e sfaldata. Si propone, quindi, fertilissimo questo confronto a distanza fra le opere dei tre autori meridionali di cui discutiamo, uno pugliese, una siciliana ed uno napoletano, associando al Monastero e al Convento, rispettivamente di Spizzico e della Di Giorgio, un dipinto, di Migliaccio dal titolo di Casa a Summonte.
In ampliamento di orizzonte di questa suggerita prospettiva ‘orizzontale’, potrà non essere inopportuno il richiamo ad un altro artista che pro- pone soluzioni figurative apparentabili alle ricerche sviluppate da questi artisti meridionali su cui ci siamo appena soffermati: Vincenzo Ferrante, allievo di Angelo Brando, pittore di cui osserviamo una interessante prova di ‘paesaggio industriale’ dal titolo di Vietri sul Mare52
A Napoli, la consistenza di un fenomeno figurativo che possa avere proprietà di linguaggio che sviluppa una sensibilità apparentabile alla misura ’categoriale’ della scansione ‘chiarista’ emerge, al di là di quegli aspetti di cui abbiamo già dato cenno, nell’opera di Mario Cortiello, (1907-1981) come possiamo osservare, ad esempio, in Aria nuziale sul Vesuvio, un dipinto che ci consegna gli aspetti disfratti di un ductus che fornisce soluzioni figurative abbreviate e sintetiche di immediata presa emotiva, all’insegna di una espressione di fragilità e di mitezza.
Aggiungeremo a tale artista anche il nome di Guglielmo Ferraro (1908- 1988) figura di successo negli anni dei decenni tra le due guerre e varia- mente premiato in molti appuntamenti espositivi, che differenzia, però, da Cortiello, come appare ben evidente nel suo dipinto Il Calore, il suo processo creativo, che appare meno sfibrato nella essenza formativa sia del dettato compositivo che delle stesure di colore, le quali, occorre sotto- lineare, costituiscono il fattore decisivo per la determinazione significativa dell’ordito narrativo.