Un lungo reportage sul regista indiscutibile Maestro del Cinema
Dicevamo, avendo genitori di notevole spessore nel mondo del cinema e maturando, sempre di più, la sua passione per il cinema proveniente dagli Stati Uniti d’America era inevitabile che lo stesso Sergio Leone seguisse le orme paterne e per certi versi anche materne. Non divenne mai attore, eppure le sue prime esperienze furono come comparsa. Per esempio, all’età di diciannove anni apparve nello storico film di un altro mostro sacro del cinema italiano, settore ‘Neorealismo’. Stiamo parlando di Vittorio De Sica, scomparso il 13 novembre del 1974.
Il film in questione era: Ladri di biciclette del lontano 1948. Un film epocale e un’opera cinematografica essenziale per comprendere appieno il cosiddetto neorealismo italiano. nonostante queste sue primissime esperienze davanti alla macchina da presa, Leone preferiva creare le storie che si sarebbero poi realizzate al cinema. Il suo apprendistato come regista fu comunque non facile e irto, comunque, di ostacoli, come la classica gavetta raccomanda.
È naturale pensare, credere e quindi anche affermare che la sua iniziazione come regista doveva per forza di cose avvenire grazie a suo padre, nel 1941 con il lungometraggio ‘La bocca sulla strada’, per poi farsi le ossa anche con altri nomi: come lo stesso Vittorio De Sica, per poi lavorare con uno dei mostri sacri del cinema hollywoodiano, William Wyler con l’iconico genere cosiddetto Peplum ‘Ben Hur’.
Quest’ultimo settore del cinema, in un primo tempo, sembrava attirarlo un po’ di più; forse non sapeva ancora che cambiando ambientazione, proprio di quello che un tempo era il suo maestro John Ford, avrebbe trovato la sua nuova frontiera. Ma andiamo in ordine con i titoli della sua filmografia e soprattutto con i ruoli che ha ricoperto nel cosiddetto dietro le quinte.
L’elenco continua, come comparsa, con titoli come: Milano Miliardaria, Il folle di Marechiaro, Hanno rubato un tram, addirittura ‘Per qualche dollaro in più’ come voce fuori campo e ‘Sai cosa faceva Stalin alle donne?’. Titoli, questi, girati tra il 1961 ed il 1969.
Come sceneggiatore: Afrodite, la Dea dell’amore; Nel segno di Roma; Gli ultimi giorni di Pompei; Le sette sfide; Romolo e Remo; Le verdi bandiere di Allah e con questo ci fermiamo ancora per un attimo. Questi copioni sono stati scritti tra il 1958 ed il 1963. L’elenco più nutrito, più corposo, invece riguarda la sua trafila con assistente regista, la quale combacerà con quella di sceneggiatore, già vista, e come aiuto regista.
I titoli sono: Il trovatore, La forza del destino, Taxi di notte, Il voto, Il brigante Musolino, I tre corsari, Il folle di marechiaro, La tratta delle bianche; Jolanda, la figlia del corsaro nero; L’uomo, la bestia e la virtù; Frine, cortigiana d’Oriente; Tradita; Questa è la vita; La ladra; Mi permette, babbo; Il maestro; Afrodite, la Dea dell’amore; La legge mi incolpa; Il figlio del corsaro rosso; Gastone; Sodoma e Gomorra. Ventidue lungometraggi realizzati tra il 1949 e 1962. Quasi quindici anni di apprendistato nel cinema, presso gli studi di Cinecittà.
Precedentemente avevamo identificato una prima parte del suo lavoro sotto ad un regista come aiuto regista: ci siamo sbagliati, perché era Direttore della seconda unità di regia per i film come: Quo Vadis? Ed Elena di Troia; e poi ‘Ben Hur’, Gli ultimi giorni di Pompei e per concludere Sodoma e Gomorra. Titoli tra il 1951 ed il 1962.
A questo punto, vi chiederete, la sua vera attività da regista quando effettivamente ebbe inizio. Quando fu realmente inaugurata? La risposta è nel 1961. Con il film ‘Romolo e Remo’? No, ma fu sempre un peplum che lo fece esordire come regista con un’opera cinematografica tutta sua e, per di più, scritta anche da lui. Un titolo che, nei varie liste sviluppate in precedenza non abbiamo di proposito inserito, proprio per usarlo per entrare nel vivo e, semmai ci permettete il paragone azzardato, un po’ come quando Clint Eastwood, in ‘Per qualche dollaro in più’ interrompe la prima parte del duello tra Lee Van Cleef e Gian Maria Volontè, con l’ausilio del carillon.
È sempre, quindi, un film del 1961 e trattava del famoso ‘Colosso di Rodi’. Di questo suo primo film disse: il produttore de ‘Gli ultimi giorni di Pompei sapeva che Bonnard non aveva messo piede sul set e che avevo fatto tutto io. ha continuato a lavorare per gli spagnoli della Procusa e mi ha proposto di dirigere un film epico. Con un budget altissimo. È venuto da me mostrandomi un articolo che parlava delle sette meraviglie del mondo. agitando la rivista, mi ha detto che bisognava fare Il colosso di Rodi. Ho accettato e ho chiamato la squadra di Bonnard per scrivere la sceneggiatura.
In questo suo esordio alla regia, Sergio Leone anticiperà di qualche anno la sua operazione materializzata in maniera più chiara, più definita e più diretta nel suo capolavoro del 1968: C’era una volta il West. Ovvero, con Il Colosso di Rodi fece in modo di uccidere lo stesso genere perché non voleva essere più coinvolto in quel tipo di operazioni cinematografiche. Praticamente usò la statua del Colosso per uccidere, nel film s’intende, tutti i culturisti che erano stati ingaggiati per il film. Tre anni dopo il suo mito iniziò sul serio a prendere piede.
La leggenda narra che il cosidetto ‘spaghetti-western’ iniziò per colpa dei tedeschi. Ecco, appunto, adesso ci chiederete, cosa c’entrano i tedeschi con il west, visto che è sempre stato un affare prettamente americano? Per certi versi i tedeschi iniziarono ad imitare le grandi produzioni del genere che provenivano oltreoceano. L’esponente più noto del cinema tedesco in quegli anni era Karl May e tutti quanti, per alcuni versi, vollero imitarlo.
A quanto pare, dunque, Sergio Leone non solo fu tirato in ballo ma, nello stesso, tempo non seguì dettagliatamente la scia che i suoi colleghi gli indicavano. Il suo era un tipico atteggiamento della frase: Va bene, sapete che c’è adesso ve lo invento il vero film western. È così fu. Per lui bastò una sola scintilla per fargli uscire l’ispirazione giusta. Un’ispirazione che portava il nome di Akira Kurosawa.