‘Killers of the flower moon’ è un film appartiene ad un Martin Scorsese molto diverso dalle precedenti opere
Scorsese porta al cinema un dramma familiare che riscrive la nascita della nazione americana. A poco più di un mese dalla sua uscita, Killers of the Flower Moon continua a far parlare di sé. C’è chi lo definisce troppo lungo, chi troppo noioso o non così “capolavoro” come preannunciato. È certo che questo film appartenga a uno Scorsese diverso da quello a cui siamo abituati. O, per meglio dire, appartiene a uno Scorsese ritornato a una certa spiritualità, che non ha mai abbandonato sparatorie e violenza, ma che le affronta in un’ottica nuova, quella della non violenza e della parola.
Siamo nel west americano degli anni Venti. La nazione degli Osage si è fortemente arricchita dopo aver scoperto il petrolio, sotto la terra in suo possesso. Nonostante ciò, la legge richiede che il tribunale nomini dei tutori, spesso dei bianchi, che gestiscano il denaro degli Osage, ritenendoli incapaci di farlo in autonomia. Tale situazione segnerà l’inizio di una scia di omicidi, i cui esiti saranno distruttivi.
Mostrando la faccia più violenta dell’America dei pionieri, quella più intrisa di sangue dove, a farne le spese erano quasi sempre i nativi, è chiaro come Scorsese cerchi di riflettere delle situazioni che per noi sono ancora tristemente attuali. È interessante notare come Scorsese mostri il percorso dell’America verso la Magnificenza, attraverso una saga familiare i cui eventi riflettono ancora una volta qualcosa di più ampio.
Tre sono i personaggi pilastri della storia: Ernest Bukhart, interpretato da un immenso DiCaprio, che appare ingenuo e svampito e incapace di affermare le sue idee, succube di uno zio e, forse, della sua stessa incapacità; Mollie, moglie di Ernest, destinata probabilmente a soffrire più di tutti e vittima sacrificale già designata; William Hale, interpretato dal grande De Niro, un gangster prepotente e abile manipolatore che non si redime mai e non si fa scrupoli a servirsi del nipote per i propri scopi. Ed ecco che la dinamica familiare diventa riflesso di un avvenimento più ampio, dell’America bianca che irrompe non solo prepotentemente in terre che non le appartengono, ma che le ruba con ancora più prepotenza ai nativi, accecata dal petrolio.
DiCaprio, De Niro e Lily Gladstone, l’attrice rivelazione che interpreta Mollie, diventano il mezzo in mano a Scorsese per sorprenderci. La vera violenza non è quella fisica, tratto tipico dei suoi film, ma la parola, i dialoghi di cui si fanno portavoce i tre pilastri della pellicola. Molte sono le critiche circa la lunghezza della pellicola, segnata da dialoghi molto lunghi e intensi; tuttavia, questi risultano essere la vera forza del film.
È proprio attraverso la parola che riusciamo a cogliere le profondità dei personaggi e la loro vera natura. La tragedia degli Osage, quella di Ernest e di Molly è una tragedia circolare, che si ripete anno dopo anno nel mondo. L’ambizione dell’America è l’ambizione dell’uomo che sembra commettere sempre lo stesso errore segnato dal delirio e dall’amore per il denaro. Una delle frasi chiave con cui ci viene presentato Ernest è emblematica: “Io AMO i soldi”: Killer of the Flowers Moon è un atipico film di Scorsese che mira proprio a rappresentare un tema fortemente attuale.
Di grande impatto anche il modo in cui vengono rappresentati gli Osage, nelle loro danze, tradizioni e credenze e soprattutto, il modo in cui questi vivono a contatto con i nuovi americani. Alcuni sono amici, altri sono addirittura sposati, ma non c’è mia una reale integrazione. Esiste, anzi, un rapporto di una forte disparità, segnata dalla convenienza.
Con Killers of the Flower Moon, Scorsese ricerca ancora una purezza dell’immagine e del linguaggio cinematografico. Non ci sono sperimentazioni o inquadrature innovative. Ci sono, piuttosto, rimandi a classici del cinema e tecniche cinematografiche note ma usate sapientemente che aiutano a direzionare l’occhio sui personaggi e sugli ambienti rurali e spettacolari dell’America dei pionieri.
È innegabile che Scorsese, con i suoi 80 anni, continui ad essere un grande innovatore tematico, un maestro del cinema che non vuole adagiarsi sui suoi successi, ma che continua ad osare mostrando la natura dell’America da nuovi punti di vista.