Tutto quello che ci viene in mente pensando a John Fitzgerald Kennedy
Dici John Fitzgerald Kennedy e ci viene alla mente una duplice epoca storica: quella che fu e quella che poteva essere se non fosse mai e poi mai successo quello che in realtà accade il 22 novembre del 1963 a Dallas, nello Stato del Texas. Pensi all’attentato e ti vengono alla mente tutte le altre sfortune che la sua stessa famiglia dovette subire. Sfortune, intese come tragiche morti e non solo. Dici John Kennedy e pensi al glamour di lui e di Jackie Kennedy, pensi alla spensieratezza di quegli anni, pensi alla fiducia che lo stesso 35° Presidente degli Stati Uniti seppe instillare al popolo americano nei suoi quasi due anni e mezzo di presidenza.
Pensi, come normale che sia, alla sua fine. Alla maledetta giornata di Dallas e, senza alcuna ombra di dubbio, rifletti su tutti i misteri che aleggiano intorno a quella piazza, la Dealey Plaza, oggi considerata un luogo storico, come giusto che sia, in fondo e nella sostanza dei fatti. Fatti, appunto, quelli che sono emersi a fatica dopo i famosi tre o più colpi di fucile; fatti che, a distanza di 60 anni tondi tondi da quell’evento, ancora non riescono a farsi largo dalla miriade di ipotesi e congetture che, in questi sei lunghi decenni, hanno tenuto banco.
Può anche darsi, e non possiamo escluderlo, che la verità, quella scomoda di Dallas, ci è stata anche offerta su un bel piatto d’argento e noi non ci abbiamo creduto. Perché? Per il semplice motivo che da quel 22 novembre del 1963, sono state dette e ridette troppe versioni che sembravano essere, in maniera fortemente incontrastata, la realtà di quei fatti. Di quell’evento, appunto.
Pensi a John Kennedy, quindi, e ti viene in mente suo fratello Bob, di cui quest’anno abbiamo ricordato i 55 anni del suo tragico omicidio avvenuto nella notte tra il 5 ed il 6 giugno del 1968. Con Jfk ci vengono in mente le lotte per i diritti civili della comunità afroamericana con in testa il Reverendo e Pastore Protestante, nonché premio Nobel per la pace, Martin Luther King, anche lui assassinato nel 1968, ma il 4 di aprile.
Pensiamo a quella maledetta guerra in Viet-Nam, entrata nell’immaginario collettivo come il più grande fallimento della storia americana, ovviamente prima di tutto quello che è accaduto dopo l’11 settembre del 2001. Pensi, anche, alla Baia dei Porci e quel progetto mai e poi mai sentito fino al midollo da parte sua, lasciando morire gli esuli cubani inviati sull’isola per rovesciare Fidel Castro.
Proprio menzionando il dittatore cubano, ci ritornano alla mente quei tesissimi tredici giorni di ottobre, quelli della crisi missilistica di Cuba. Su questo molto si è detto, sostenendo che Dwight Eisenhower, il predecessore di John Kennedy alla Casa Bianca, fu lui, per primo, a piazzare i missili contro l’Unione Sovietica, posizionati in Turchia. Mentre quelli a Cuba, da parte degli stessi sovietici, erano in risposta a quello che sembrava un affronto vero e proprio.
Eppure, ci sarebbe da ricordare prima che lo stesso Kennedy divenne il primo cittadino d’America, la maggior parte degli americani acquistava case con dei bunker antiatomici sotterranei. Dunque, John Kennedy, nel 1962, dovette sbrogliare quella situazione ereditata da colui che lo aveva preceduto come Commander in Chief. Venne aiutato, come in tante altre occasioni, da suo fratello Robert Kennedy, ideando uno stratagemma: eliminando proprio quei missili che erano stati posizionati in Turchia, verso l’Unione Sovietica, per far togliere quelli russi da Cuba. L’idea si rivelò vincente, anche perché i missili americani erano obsoleti.
Ci viene in mente tutto questo e molto altro ancora, mentre pensiamo alla sua istituzionale, eroica e tragica figura. Eroica, perché lo stesso Jfk fu un eroe di guerra durante il secondo conflitto mondiale; istituzionale, per il semplice motivo di essere il Presidente della Nazione più forte del mondo; tragica, perché basta andare a leggere anche la sua storia e non solo per esser stato brutalmente assassinato.
È vero, oggi ci saremmo dovuti soffermare molto di più sulla sua storia e sul suo percorso politico; soprattutto su quell’elezione del 1960 e di come, lo stesso John Kennedy, vinse con uno scarto molto risicato in tutta la storia delle presidenziali americane. Nonostante tutto, è stato amato in pochissimi anni di presidenza, un sentimento esploso e maturato, ancor di più, soprattutto considerando anche come è morto: in mezzo a due ali di folla.
La dipartita, specie quando giunge in certo modo e ulteriormente in giovane età, rende tutti ‘santi’. Una santificazione che, al di là di tutto, non può e non deve essere completa, contemplando anche le sue zone d’ombra e non solo per quanto concerne i ripetuti tradimenti nei confronti della moglie, ma anche per altre situazioni che saranno indicati domani 22 novembre 2023. Nel giorno del sessantesimo anno della sua tragica scomparsa.