Il 22 giugno del 1983 la quindicenne scomparve alle ore 19.30 e si perse ogni traccia di lei
Ci sono storie che non vorremmo mai ricordare. Eventi che hanno toccato profondamente la nostra società, scioccando l’opinione pubblica comune. Per dovere di cronaca. Per dovere di ricordare anche i fatti più tristi, più cruenti o comunque più inquietanti ci tocca parlare di un mistero che avvenne il 22 giugno del 1983. Giusto 40 anni fa e di cui, purtroppo, se ne parla ancora oggi: la scomparsa dell’allora quindicenne Emanuela Orlandi, cittadina del Vaticano e figlia di un messo del Vaticano. No, neanche noi non ci siamo dimenticati di lei. Nessuno può farlo.
Il suo fu un caso, all’epoca, che ebbe delle implicazioni, addirittura, internazionali e che portarono le indagini verso piste, forse, troppo grandi per ricondurle alla scomparsa, seppur grave, di un’adolescente la cui unica preoccupazione avrebbe dovuto essere quella di godersi la vita come si deve, cercando di capire che cosa si vuole dalla vita stessa. Invece: l’attentato al Papa nel 1981, prima, lo strano suicidio del banchiere Italo Calvi, poi, e la connessione con il finanziamento a Solidarnosc, a seguire, hanno determinato l’inondazione di fiumi di parole su questa vicenda senza mai, almeno fino a questo momento, mettere, una volta per tutte, la parola fine.
Ancora oggi, a distanza di quaranta lunghi anni, tiene ancora banco la duplice domanda: che fine ha fatto Emanuela Orlandi? Che cosa le è successo in quel tardo pomeriggio del 22 giugno del 1983?
Furono veramente i lupi grigi a rapirla per liberare Mehemet Alì Agca? Oppure fu la Banda della Magliana perché, sempre secondo le ipotesi che hanno preso corpo in questi lunghi quaranta anni, lo stesso Vaticano non restituì alcuni soldi per il finanziamento al sindacato anticomunista in Polonia, Solidarnosc? Una pista, questa collegata, anche alla misteriosa morte del banchiere Italo Calvi.
Un ricatto, dunque? Per alcuni versi sembrerebbe di sì. Eppure, c’è qualcosa che non torna. Qualcosa che manca: il movente o comunque un ‘perché’. Si, proprio così. In questo articolo, lo ammettiamo, non ci dilungheremo molto nell’analisi delle possibili ipotesi. In fondo la vicenda è altamente delicata e complessa che non è il caso di alimentare questa o quell’altra ipotesi, per il solo gusto di attirare l’attenzione per ottenere qualche visualizzazione in più. Non è nel nostro stile e mai lo sarà.
Quale è, dunque, questo perché? La risposta che deriva da questo quesito rappresenta, a sua volta, un ulteriore interrogativo: perché lei? Perché le organizzazioni criminali di un certo spessore o comunque le organizzazioni terroristiche di un certo rilievo avrebbero puntato gli occhi su di lei? Una ragazzina innocente di soli quindici anni la cui sorta è ancora avvolta nel mistero. Aveva visto qualcosa che non doveva vedere?
Per qualcuno la risoluzione del caso si troverebbe entro le mura più sacre del mondo e, lo ammettiamo, fa un certo effetto scrivere queste cose. Non solo perché si può essere credenti o meno, ma per il semplice motivo che in alcuni luoghi non si potrebbe mai pensare che potrebbero succedere alcune cose indicibili o comunque non si pensa mai che il male possa primeggiare nelle sacre mura del Vaticano.
Il punto non è tanto legato alle varie ipotesi che in questi lughi quattro decenni hanno monopolizzato l’intera opinione pubblica italiana. No. C’è dell’altro. C’è qualcosa di cui non si può parlare o quantomeno sembra così: perché fino a quando non si hanno certezze e comunque prove al riguarda è inutile far passare una convinzione, seppur quasi oggettiva, come una mera certezza.
In fondo, in questa ambigua e misteriosa storia ciò che rischia di essere toccato sono, appunto, le certezze di coloro che hanno dei punti di riferimento sia se si crede oppure no. Diciamo questo perché oggi non vogliamo dire nulla che sia fuori posto. Mettiamo le mani avanti per le convinzioni di ognuno di noi sono sacre e con la stessa sacralità devono essere rispettate indipendentemente da tutto.
Nel coraggioso documentario pubblicato su Netflix e introdotto dal giornalista Andrea Purgatori, il quale ha seguito fin dall’inizio la vicenda, all’ultima parte, dopo che le tre precedenti hanno approfondito, anche in maniera esaustiva ogni singola ipotesi menzionata in precedenza, viene mostrata la testimonianza di una delle amiche della ragazza.
La donna afferma di aver sentito e visto almeno una settimana prima della scomparsa la quindicenne. In quell’occasione Emanuela Orlandi chiedeva di vedersi con lei, e poi di confessare o comunque di rivelare un qualcosa che forse, all’epoca, era troppo grande da poter rivelare: qualcuno vicino al Papa mi importuna. Una frase shock che a distanza di quattro decenni getta più di un’ombra sulla possibile sorta della quindicenne.
All’epoca il Santo Padre era Karol Woytila, un uomo molto amato e stimato. Soprattutto per il suo impegno affinché il regime comunista, nei Paesi dell’Est Europa, crollasse per lasciare quei popoli in assoluta libertà. Cosa che poi, sei anni più tardi, è iniziato ad avvenire. Il mistero, però, qualche anno più tardi divenne ancor più complesso quando venne scoperta la tomba di Renato De Pedis, il numero 1 della Banda della Magliana. Seppellito in una Chiesa nelle vicinanze dello stesso Vaticano. Perché? Forse fu lui a far sparire la ragazzina o lui era collegato al Vaticano per qualche altro scandalo?
E quindi Emanuela Orlandi è sparita per qualcos’altro d’inconfessabile? Qualcosa che farebbe tremare non solo i polsi ma, forse, tutto il mondo cattolico, specialmente ripensando a ciò che disse Emanuela alla sua amica oppure è solo una tragica coincidenza?