Il suo assassinio ispirò un famoso legal-thriller negli anni ’90
Non finisce qui: dopo la storica vittoria datata 17 maggio del 1954, lo stesso Medgar Evers, iniziò ad indagare su un efferato caso di cronaca avvenuto il 28 agosto del 1955, otto anni prima dello storico discorso di Martin Luther King. Un undicenne, afroamericano, proveniente da Chicago, si recò nel Mississippi, nella contea di Money, per trovare i propri parenti.
Il suo nome era Emmet Till. A causa di un solo sguardo rivolto ad una donna bianca, il ragazzo venne massacrato di botte fino alla morte. Medgar Evers, secondo quanto è emerso anni dopo, si sarebbe travestito da raccoglitore di cotone per individuare i veri responsabili. Una mossa astuta e degno di Serpico in persona, si potrebbe dire, oltre che affermare, anche con un po’ di enfasi, concedetecelo dopotutto, che è molto probabilmente fu in questo momento che la sua leggenda si consolidò in maniera definitiva.
Le sue lotte proseguirono anche negli anni successivi. Dopo la sentenza nel 1954 otto anni più tardi, nel 1962, si interessò al caso di James Meredith all’Università del Mississippi, il primo studente nero ammesso all’Università del Mississippi. Venne addirittura coinvolto in un ulteriore boicottaggio: quello nei confronti di commercianti che vendevano solo ai bianchi.
Il suo attivismo sociale, dunque, le sue battaglie non conoscevano soste. Nemmeno quando il 28 maggio del 1963 venne lanciata una bottiglia molotov nella rimessa di casa sua. Fu l’unica avvisaglia: perché tredici giorni più tardi venne assassinato davanti casa sua con una fucilata alle spalle, sparata dal fanatico razzista e membro del Ku Klux Klan Byron De La Beckwitt.
La notte in cui Evers venne assassinato il Presidente John Fitzgerald Kennedy, tra l’11 ed il 12 giugno del 1963, parlò alla nazione proprio in merito alla questione razziale, come abbiamo ricordato all’inizio della prima parte. Un caso di cronaca, il suo, dunque, che ispirò, come detto, anche un famoso film.
E’ il caso de ‘L’agguato’, che uscì il 20 dicembre del 1996, ed era diretto da Rob Reiner. L’opera cinematografica viene ricostruita la vicenda giudiziaria relativa al brutale assassinio di quello che era, esattamente, il segretario locale della Naacp nello Stato del Mississippi: Medgar Evers, avvenuto nella notte tra l’11 ed il 12 giugno del 1963; l’attentato mortale avvenne durante il discorso pronunciato dall’allora Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy proprio in merito al problema razziale.
Interpretato da Alec Baldwin, nei panni del Procuratore Distrettuale Bobby De Laugther, Whoppi Goldberg, nel ruolo della vedova di Evers la quale si battè disperatamente per ottenere giustizia per suo marito e James Woods, nei panni del fanatico razzista, nonché assassino di Evers, Byron de La Beckwitt. Il cast è completato da attori come: William H. Macy, Bill Cobbs, Craig T. Nelson, e Bill Smitrovich.
Nella sceneggiatura realizzata da Lewis Colick non viene messa in disparte, nonostante si tratti di una tragica storia, ironia ed adrenalina processuale. Il titolo originale dell’opera cinematografica è ‘Ghosts past of Mississippi’ che, molto probabilmente, si addice di più rispetto al nostro titolo italiano, seppur è collegato alla dinamica dell’omicidio. Difatti in una battuta si riprende proprio il titolo originale in cui, senza mezzi termini, si dice che ‘non è un bene rinvangare il passato nello Stato del Mississipi’.
Invece il film il passato lo rinvanga senza tralasciare nulla al caso, riportando lo spettatore indietro nel tempo; non solo tra la fine del decennio ’80 e l’inizio dei ’90, periodo in cui si svolse il terzo processo contro il vero assassino di Evers, ma negli anni ’60. Ricordando non in maniera completa, ma non per questo in modo non adeguata, il completo contributo che il vero Medgar Evers diede in favore dei diritti civili.
Il film ottenne due nominations agli Oscar del 1997 per merito della performance di James Woods; la prima, appunto, come miglior attore non protagonista, la seconda, per il trucco che gli applicarono sul viso. Non sono stati da meno nemmeno Whoopi Goldberg, commovente la sua performance, ed Alec Baldwin, senza dimenticare William H. Macy nel simpatico aiutante del Procuratore Distrettuale Bobby De Laughter.
L’opera cinematografica spicca anche per i titoli iniziali: dove vengono passate in rassegna, accompagnate musicalmente, dalla dolce e soave canzone gospel ‘I wish I knew How It wuold Fell to be free’ di Dionne Farris, tutte le immagini storiche in cui i neri sono riusciti ad ottenere importanti vittorie nella conquista dei propri diritti nel corso dei decenni; appare inevitabile ricordare che in questa storica carrellata sono presenti anche i due leader all’antitesi fra loro: Martin Luther King e Malcom X.
In definitiva ‘L’agguato’ è uno di quei film da vedere e rivedere per scoprire una vicenda, non solo lontana nel tempo, ma purtroppo ancora attuale. I messaggi che vengono lanciati attraverso i personaggi sono essenzialmente carichi di speranza. Per esempio, quando in una scena il personaggio di Whoopi Goldberg, raccontando un aneddoto del marito, ricorda una frase che gli disse: quando tu odi qualcuno, stai male tu ma non lui.
Oppure un’altra frase dello stesso Medgar: ‘Non so se andrò all’inferno o in paradiso, ma so che ci andrò da Jackson’, luogo in cui avvenne l’attentato mortale. Senza questo lungometraggio, quasi sicuramente, questa storia non si sarebbe mai conosciuta. Un film da considerare se non proprio il capolavoro, ma almeno un piccolo capolavoro del genere lo è di sicuro.
E per quanto riguarda il vero Medgar Evers e la sua eredità? In questo breve e si spera intenso speciale che gli abbiamo dedicato, molto probabilmente, non è venuta ancora fuori tutta la sua storia. D’altronde la sua parabola è rimasta confinata nel territorio statunitense fino a quando il cinema non lo ha fatto conoscere al mondo.
Si può ben dire, al di là di qualche fatto riportato più come mera leggenda che attinente alla realtà, il suo modo di fare e di agire deve essere considerato, realmente, come un esempio da seguire per tutti coloro che hanno intenzione di vincere la battaglia contro il razzismo. Ha lottato non con l’odio, anzi, ma con la speranza di poter abbattere quelle malsane idee credendo non solo nel prossimo ma anche negli stessi Stati Uniti d’America nonostante fosse un afroamericano.