Ultimo appuntamento con la storia del cantante bolognese
Il canto del cigno di cui abbiamo fatto menzione la scorsa settimana, però, non sembrava essere chiaro a tutti. Per un semplice motivo: al di là di tutti i titoli degli album pubblicati a partire dagli anni Sessanta e fino a quel 2009 a rimanere, nell’immaginario collettivo, sono alcuni singoli che non solo gli hanno permesso di vendere, ma che hanno fatto la storia stessa della musica italiana. Oltre alle già citate 4 marzo 1943 e Piazza Grande, bisogna ricordare anche Le rondini, Canzone, Se io fossi un angelo’, Ayrton, Ciao e Tu non mi basti mai.
Oltre a questo, dettaglio abbastanza rilevante e non tanto di poco conto, c’è comunque da precisare che negli anni in cui non ha pubblicato delle nuove raccolte d’inediti, Lucio Dalla, non è che rimase a guardare. Era sempre attivo, sempre, diciamo così, sul pezzo: tra una serie di concerti da tenere in qualche parte della nostra Penisola o per non dire in qualche paese europeo, qualche greatest hits, per non dimenticare anche qualche sortita non solo cinematografica, come già ricordata durante i nostri primi appuntamenti, ma anche televisiva.
Giusto venti anni fa condusse un programma, il quale a distanza di tempo è considerato quasi come una piccola chicca, con Sabrina Ferilli. A causa del cognome di uno dei due le battute ironiche si sprecarono in quel periodo. A parte il suo stile musicale, il quale variava di album in album, il suo modo di porsi, soprattutto nel modo in cui appariva divenne, ulteriormente nel tempo, un carattere distintivo che lo differenziava dagli altri cantanti.
Nonostante quello che si potrebbe pensare anche lui, nel 1978, è stato oggetto di contestazione. Accadde che durante un suo concerto un ragazzo, per un motivo ancora sconosciuto, lanciò una bottiglia per fortuna senza provocare alcun danno materiale e soprattutto nessuna vittima. Sempre in quell’anno, quando ormai Lucio Dalla era diventato a tutti effetti un vero e proprio fenomeno che aveva tutti gli occhi puntati su di lui, il noto giornalista dell’epoca Giorgio Bocca lo intervistò per il settimanale ‘L’Espresso’. In quel numero, lo stesso settimanale aveva una copertina irriverente sullo stesso cantautore.
Motivo? I giornalisti di quella testata non sapevano spigare del perché del successo musicale di Dalla. Sembra che non lo riuscissero ad intuire o comunque a carpire nella sua essenza. Strano, vero? Non sempre i grandi vengono da subito apprezzati nel loro momento attuale. Ma fortunatamente non è mai stato considerato un genio incompreso. Il suo valore è stato sempre riconosciuto nel corso della sua lunghissima carriera.
Dopo l’ultimo disco del 2009 farà altre uscite, preparando forse, anche un nuovo album, inteso come Non disdegnando qualche tour per continuare a promuovere la sua musica. Quel nuovo album non ci sarà mai. Dopo tre anni, ci lascerà improvvisamente il giorno dopo ad un concerto tenuto a Montreax, in Svizzera. Fu un infarto fulminante a stroncarlo senza alcuna possibilità di poterlo salvare.
I primi a dare la notizia furono i Frati della basilica di San Francesco d’Assisi su Twitter 23 minuti prima che tutte le testate giornalistiche italiane confermassero la notizia della sua improvvisa scomparsa. Inutile, anche, ricordare tutte reazioni a caldo dell’epoca.
Quasi un mese prima aveva preso parte alla sessantaduesima edizione del Festival della Canzone italiana, in veste di accompagnatore del giovane cantante Pierdavide Caronte con il brano ‘Nanì’. Alla fine, si posizionò al quinto posto durante la serata finale, dopo esser stato prima eliminato e poi ripescato in un secondo momento.
Nella sua lunga carriera Lucio Dalla ha duettato con cantanti come Michel Petrucciani e Ray Charles, Francesco De Gregori nel leggendario album registrato dal vivo ‘Banana Republic’, un disco che fece epoca per non dire altro, e tanti altri ad alimentare la leggenda stessa della sua preziosa ed irripetibile carriera.
Se comunque Dalla non morì nella sua Bologna, i funerali si tennero proprio il giorno del suo sessantanovesimo compleanno, il 4 marzo ormai diventato celebre per la sua storica canzone, in una Piazza Maggiore completamente gremita di fans e personalità illustri.
Furono in molti che si presentarono all’estremo saluto da Jovanotti al compianto Pino Daniele, da Francesco De Gregori a Francesco Guccini. E ancora: Antonello Venditti, Ivano Fossati, Mogol, Eros Ramazzotti, Renato Zero, Claudio Baglioni, Adriano Celentano, Eugenio Finardi, Vasco Rossi e Luciano Ligabue.
La commozione di quei giorni fu così forte che addirittura durante i vari palinsesti televisivi i canali Rai lanciarono nuovamente, a distanza di anni, un vecchio spot pubblicitario per un noto marchio di auto accompagnato da una sua famosa canzone, contenuta nell’album ‘Cambio’. Segno evidente di come lo stesso cantautore bolognese ha di fatto, con la sua musica e quindi le sue canzoni, avesse segnato, in maniera indelebile, un’epoca irripetibile; accompagnando generazioni di giovani che sono cresciuti con le sue opere musicali.
Tornando al discorso di prima, sul fatto che non si fosse mai e poi mai fermato, si potrebbe affermare, senza alcuna ombra di dubbio, quindi, che la sua carriera non fosse mai e poi mai terminata. È sempre stato, insomma, sulla cresta dell’onda senza mai venir travolto da essa. Nel senso: senza mai ostentare comportamenti tipici del divo antipatico o comunque per mostrare, addirittura, una certa onnipotenza.
La sua figura come persona, la sua competenza in campo musicale, il suo genio che lo ha portato sempre ha reinventarsi per ogni disco e ogni canzone che proponeva al pubblico manca molto alla musica di oggi. Non lo scriviamo con il gusto di farvi assaporare un po’ di sana retorica. No. Lo affermiamo perché la mancanza di un personaggio di tale caratura alla musica stessa è come un pentagramma senza le sue note migliori.