Quarta parte sull’analisi sui pregiudizi in cui stiamo ancora girando intorno all’argomento vero
Il vero motivo che ci ha spinto ad aprire con l’ambiente scolastico questa particolare e lunghissima analisi sui pregiudizi è, nella sua essenza, molto semplice. Non servono giri di parole per dirlo, basta giungere direttamente al dunque. La scuola medesima, per quanto ci possa piacere oppure no è la base della società in cui viviamo. I più giovani, qualsiasi età abbiamo e qualsiasi istituto scolastico od universitario frequentano, sono i cittadini del futuro e da questo concetto non si può derogare.
Più che un concetto, direte voi, semmai una constatazione morale. Molto probabilmente la si può intendere anche così. Ma quello che stiamo cercando di farvi notare che la galassia dei pregiudizi è talmente vasta che è difficile, alle volte, evitarli e non sempre alcune espressioni emergono da intenzioni meramente negative, anche con le parole medesime.
Viviamo in un’epoca parecchio strana. Molti punti di riferimento sono saltati. Un certo tipo di morale non è più tollerata e forse, al tempo stesso, sta nascendo una forma d’intolleranza di cui non ci rendiamo neanche conto. Non è facile individuarla, come non è facile neanche combatterla. Sempre alle volte non bastano neanche gli strumenti adeguati a essere sicuri di vincere questa battaglia perché, dietro l’angolo, c’è sempre la paura di qualcosa.
C’è sempre, guarda caso, il pregiudizio di identificare come qualcosa del passato come negativo a priori. Ma su questo punto ci arriveremo e non è facile affrontarlo. La scuola, dunque, come mezzo necessario per abbattere i pregiudizi. Ma cosa succede se il pregiudizio medesimo è già presente nelle menti di coloro che, per lavoro, dovrebbero però aprire la mente e quindi evitando di possederlo? Un quesito che sa tanto di scioglilingua.
Altro esempio: si è sempre detto, si è sempre sostenuto che chi non studia non può ambire a grandi traguardi; chi non ha un percorso lineare o comunque non mostra delle capacità in certo modo non difficilmente avrà successo nella vita. Questo è quello che ci siamo sempre sentiti dire ogni santo giorno della nostra vita. Anche in questo caso sussiste un po’ di pregiudizio.
Ci sono casi della vita in cui non sempre essere uno studente lineare porta ad essere vincenti nella vita. Ci sono casi in cui di personaggi famosi che, durante il periodo della loro gioventù, che hanno mostrato, se così si potrebbe dire, il peggio di loro: essendo indisciplinati o comunque non studiano del tutto o non studiare affatto.
Questo perché una certa regola morale ci impone nel dire, per dire anche nel credere, che chi segue un certo percorso è, a priori, un vincente. Non sempre è così. Il nostro percorso esistenziale è determinato da numerose variabili siano positive che negative che ci portano a compiere delle scelte. Molte volte, queste scelte, vengono attuate durante un’età in cui è un po’ complicato capire veramente ciò che si vuole a meno che non si mostra un talento particolare.
Ecco, anche su quest’altro particolare: il talento. Non è detto che debba per forza sbocciare in un certo modo, come non è detto che debba per forza di cose uscire nell’immediato. Ognuno di noi ha i suoi tempi. Ognuno di noi è sicuramente portato per qualcosa. Non esiste il non essere predisposto per un’attitudine. Solitamente, queste espressioni le sentivamo dire quando, magari, si era un po’ svogliati a scuola o c’era la classica materia che non ci piaceva e, di conseguenza, non ci impegnavamo. Il professore di turno ci bollava come: non è portato per lo studio e quindi, in automatico, non è allo stesso tempo portato a non possedere nessuna capacità.
Delle esternazioni un po’ troppo sempliciotte che non sempre alimentavano un giusto dialogo tra lo scolaro e docente. Ma tutto questo serve solamente a scaldare l’argomento, perché quelle che in verità stiamo toccando rappresentano ancora ed essenzialmente delle piccole tematiche all’interno di questa analisi. Al prossimo appuntamento.