Un piccolo capolavoro cinematografico che racconta una storia vera di uno sfortunato eroe
Basta solo nominarlo e nella nostra testa prende vita un blog immaginario, tutto interamente dedicato a lui. Alla sua vita, alla sua carriera ed ai suoi successi. Negli ultimi anni ci ha regalato perle cinematografiche di rara bellezza e di rara profondità nei contenuti e di significati, impliciti ed espliciti. Il penultimo suo lungometraggio da regista, parafrasando il titolo, è l’ennesimo gioiello incastonato in un percorso professionale infinito.
Questa breve e intensa premessa possiede il duplice scopo, non solo quello di elogiare per ancora una volta la figura di Clint Eastwood, alimentando sempre di più la sua leggenda, ma anche per trovare le giuste parole per incominciare la recensione del suo ultimo capolavoro.
Si, perché in alcune occasioni non è mai facile trovare un perfetto inizio per aprire un nuovo articolo sul suo penultimo film. Specialmente dopo questo, e lasciateci ripetere l’espressione, ennesimo gioiello; dopo questa ennesima storia, tratta da un fatto vero, raccontata con tanta maestria mescolata a tanta umiltà.
Nonostante non ci sia la matematica sicurezza, qualsiasi altro regista che si rispetti, nella vicenda dell’uomo che salvò diverse vite durante l’attentato alle Olimpiadi del 1996, avrebbero intriso la trama di toni retorici, sconfinando nell’estremizzazione dell’ideale americano. Con Clint Eastwood invece, il cui script è stata firmato dallo sceneggiatore Billy Ray, il patriottismo a stelle e strisce emerge ma è calpestato dallo stesso arrivismo delle singole istituzioni che si occuparono del caso: quella classica dell’FBI e quella del giornalismo d’assalto.
In ‘Richard Jewell’ sono incastonate un po’ tutte le grandi contraddizioni americane e, nello stesso tempo, anche tutte le grandi paranoie di una società che, purtroppo, diventeranno reali l’11 settembre del 2001. Gli interpreti chiamati ad impersonare personaggi realmente esistiti nella realtà avrebbero meritato, di sicuro, maggior attenzione da parte dell’Academy Awards. L’unica che è riuscita ad ottenere una candidatura agli Oscar 2020 fu la navigata attrice Kathy Bates, come miglior attrice non protagonista.
Ciò non vuol dire che Paul Walter Hauser, nei panni dell’eroe sfortunato, e Sam Rockwell, nel ruolo dell’avvocato di Richard Jewell, siano stati da meno nella loro performance interpretativa, anzi; una recitazione sorretta ed impreziosita anche da dialoghi che hanno facilitato l’attenzione dello spettatore. Attraverso battute ironiche al punto giusto ed una vena malinconica che non ha per nulla attecchito lo sviluppo del film. Sia dalla prima scena fino alla conclusione, Clint Eastwood ci mostra una ricostruzione meticolosa degli eventi senza forzature
Ci fa commuovere al punto giusto, senza alcuna esagerazione, e ponendo al centro il patriottismo americano bistrattato, come detto prima, non riconosciuto nei confronti di chi, come capita spesso, nelle istituzioni e nelle leggi ci crede veramente. Calpestato non dalla mera applicazione della legge, ma dal pregiudizio onnipresente che a sua volta ha innescato l’applicazione del diritto penale.
‘Richard Jewell’ dunque è un film da vedere e rivedere; quindi da consigliare. Un film che mette in luce non solo la storia personale e pubblica del personaggio, ma mette in risalto persino la sua disarmante bontà e compostezza. Forse è questa la vera intenzione di Clint Eastwood: di esaltare con semplicità questo tipo di atteggiamento, ponendolo come punto di riferimento per tutti coloro che si sono ritrovati o che si ritrovano, purtroppo, in questa particolare situazione.