Dal 1996 fino al 2001 in cui la malattia lo colse per poi scomparire nel 2003
Riguardo sempre alla politica nel 1996, non si del perché, per la città di Roma si sparse la voce che si sarebbe candidato come sindaco, sfidando l’allora primo cittadino Francesco Rutelli. Invitato nella celebre trasmissione, in onda sull’emittente televisiva antesignana di La7, ‘Il tappeto volante’, condotto da Luciano Rispoli, Alberto Sordi chiuse così quella strana querelle che lo aveva visto involontario protagonista: “Il sindaco non si deve preoccupare: io sono stato, sono e resterò fino alla fine dei miei giorni attore”. Quattro anni più tardi, in occasione del suo ottantesimo compleanno, il Sindaco Rutelli gli consegnò, per un giorno, la fascia tricolore come sindaco per un giorno.
Tornando alla tanto ambita statuetta d’oro, per Alberto Sordi è in tutto e per tutto il suo più grande rammarico. Nel suo percorso professionale ha vinto di tutto: dai David di Donatello ai Nastri d’Argento, dagli Orsi d’Oro e d’Argento al Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia e il Golden Globe. Ma l’Oscar mai. Non gli è mai riuscito di vincerlo.
Qualcuno malignamente potrebbe insinuare che non erano bastati gli oltre duecento film a farlo notare all’Accademy Award. In realtà non fu così semplice perché lo stesso Sordi era un attore nazional-popolare. I critici, gli stessi che non amavano neanche il Principe della risata, non sempre lo trattavano come meritava nelle varie recensioni dedicate alle sue pellicole.
Una limitata visione da parte della stessa critica, che non gli ha permesso di raggiungere quello che per ogni calciatore è il trofeo della Coppa del Mondo di calcio, l’Oscar per l’appunto. In questo riconoscimento il grande attore ci aveva sempre sperato, visto che anche il leggendario Charlie Chaplin lo ottenne a 83; invece Sordi è scomparso quasi a quell’età, aveva 82 anni per l’esattezza.
Per molti anni, anche quando era in vita, si erano sempre rincorse delle voci riguardo ad una sua possibile avarizia. Si, proprio come il personaggio dell’opera teatrale di Moliere interpretato dallo stesso attore romano nel 1990 nell’omonimo film diretto da Tonino Cervi. Una volta scomparso si scoprì che era vero il contrario. Aveva fatto molto beneficenza e non solo. La sua intenzione era quella di trasformare la sua villa, dove aveva vissuto, una volta deceduto, in un orfanotrofio.
Ritornando alla sua luminosa carriera, la quale sembra non aver mai incontrato qualche brusco stop, Alberto Sordi si è cimentato anche in ambito musicale tenendo fede, soprattutto, al classico personaggio che ormai lo aveva reso famoso in tutto il mondo.
I brani composti, alcuni anche da lui stesso, erano per lo più ironici, che strappavano un sorriso già dal primo ascolto: si pensi a ‘Ma ‘ndò vai?’ o ancor la più classica ‘E va’… e va’. Il brano che dobbiamo segnalarvi, ancora una volta, riguarda il suo lavoro come doppiatore per Oliver Hardy con ‘Guardo gli asini che volano nel ciel’.
Durante gli anni d’oro furono tante le apparizioni nelle trasmissioni più famose della televisione, non disdegnò neanche i film per la tv: come, per esempio, la versione televisiva del suo film del 1983, Il Tassinaro, e ‘I promessi sposi’.
Sordi si ammalò di tumore ai polmoni nel 2001 e da quel momento in poi le sue uscite pubbliche iniziavano a farsi sempre meno frequenti. L’ultima sua partecipazione televisiva, effettiva, risale al 18 dicembre di quello stesso anno nella trasmissione di Bruno Vespa ‘Porta a Porta’. Un anno più tardi, come detto all’inizio, ci lasciò facendo letteralmente fermare la città di Roma, per non dire l’Italia quasi.
Molti si riversarono nella capitale per rendergli l’ultimo omaggio nei giorni 25 e 26 febbraio. Il giorno successivo ci furono i funerali in grande stile a cui presero parte le più grandi personalità dell’epoca. Intervennero, fra gli altri, il neo primo cittadino della capitale, Walter Veltroni e Carlo Verdone, indicato per diverso tempo, come suo probabile erede. Indimenticabile, invece, fu anche il sonetto che l’altrettanto compianto Gigi Proietti dedicò a Sordi.
Durante una delle sue tante interviste lasciò alcune dichiarazioni importanti, personali e dettate anche dalla malinconica; dal tempo che ormai gli trascorreva davanti inesorabilmente. La prima era quella rivolta alla sua soddisfazione, benché macabra, che gli avrebbe donato il cinematografo: ovvero quello di continuare a vivere anche dopo la morte, segno indelebile della traccia che aveva lasciato durante il suo percorso terreno.
Questo pensiero, però, lo estese anche agli altri suo colleghi che se ne erano andati già da diversi anni, affermando che, sempre il cinematografo, era come se avesse attaccato il telefono per chiamarli e rivederli.
La seconda era quella secondo cui nel cinema che stava per nascere, quello del nuovo millennio per intenderci, non c’erano erano eredi. Frase che poteva essere anche estesa alla sua situazione personale in cui decise di non sposarsi mai, senza però perdere l’occasione di intraprendere storie con donne famose. A chi gli chiedeva quando si sarebbe sposato rispondeva in questa maniera: che me’ metto un’estranea in casa?
Al di là di questa battuta, molto probabilmente e anche umanamente parlando, soprattutto anche per la scelta che aveva fatto, Sordi sentiva comunque la solitudine. Nonostante ciò, la folla oceaniche che si riversò nella capitale per l’ultimo saluto è eloquente del fatto che lui, comunque, non fosse solo. l’affetto, il rimprovero vero per sé n’era andato e rispetto, un po’ dirla come nel sonetto che Proietti gli dedicò, stava semplicemente a testimoniare il fatto che se n’era andato un simbolo non solo di Roma, un simbolo non solo del cinema, ma uno dei simboli più importanti del nostro paese.