L’ex calciatore della Sampdoria, della Lazio e dell’Inter si è arreso alla malattia che lo ha colpito nell’estate del 2019

Lo ammettiamo: stavamo per pubblicare un articolo, uno dei tanti a tema natalizio. Ma il lutto che ha colpito il mondo del calcio, mai come in questo periodo attenzionato per i Mondiali in Qatar, ha fatto cambiare i nostri piani di pubblicazione. Qualche ora fa è stato dato l’annuncio della prematura scomparsa dell’allenatore, ex stella in campo delle squadre Stella Rossa, Roma, Sampdoria, Lazio e Inter Sinisa Mihalovic. Se ne andato a soli cinquantatré anni, lasciando la moglie e i figli.

L’annuncio della sua scomparsa è stato reso noto grazie alla famiglia con un comunicato che ha spento ogni tipo di speranza di poterlo vedere fuori dal tunnel della malattia.

“La moglie Arianna, con i figli Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nikolas, la nipotina Violante, la mamma Vikyorija e il fratello Drazen, nel dolore comunicano la morte ingiusta e prematura del marito, padre, figlio e fratello esemplare, Sinisa Mihajlovic. Uomo unico professionista straordinario, disponibile e buono con tutti. Coraggiosamente ha lottato contro una orribile malattia. Ringraziamo i medici e le infermiere che lo hanno seguito in questi anni, con amore e rispetto, in particolare la dottoressa Francesca Bonifazi, il dottor Antonio Curti, il Prof. Alessandro Rambaldi, e il Dott. Luca Marchetti. Sinisa resterà sempre con noi. Vivo con tutto l’amore che ci ha regalato”.

Appena circolata la notizia tutte le personalità, e non solo del mondo del pallone, insieme a gente comune sui social ha lasciato il proprio pensiero per salutare, prima che un campione sul campo, un uomo che non ha mai ceduto alla malattia, mostrandosi con umiltà e senza troppi sensazionalismi. Quella malattia lo ha raggiunto come un fulmine e ciel sereno nell’estate del 2019, commuovendo tutti i tifosi di calcio.

Nato il 20 Febbraio del 1969 a Vukovar, nell’attuale Croazia, Sinisa Mihalovic si è sempre contraddistinto in campo, e anche fuori, per la sua forte tempra. Per il suo carattere da duro, che non le mandava mai dire e che non ha mai accettato compromessi. Sia da calciatore che da allenatore. In carriera ha segnato ben 66 reti. La sua specialità erano i calci di punizione, realizzati con il suo sinistro potente e preciso.

Con lui se ne va un calcio diverso, un calcio più semplice, dove era ancora possibile trovare degli eroi e, cosa ancor più rara al giorno d’oggi, delle bandiere. Un calcio in cui i giocatori rimaneva nella stessa squadra per molto e molto tempo. È inutile ricordare il suo calvario e tutti i momenti che hanno scandito questi luoghi e terribili tre anni e mezzo. Se ne va, appunto, un pezzo della storia del nostro calcio.

FONTE FOTO WIKIPEDIA: PUBBLICO DOMINIO

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