Un successo mondiale i cui versi vennero ispirati dalla condanna a morte del serial killer Ted Bundy
Ormai è da un mese che stiamo analizzando la musica da discoteca e, in particolar modo, con la scusa di celebrare ‘La febbre del sabato sera’ e le canzoni che componevano la sua colonna sonora, la musica che si ballava negli anni ‘70. Anche in questo sabato è così, con la promessa che molto presto la disco music degli anni ’70 si alternerà con quella degli anni ’90. Un’analisi anche in questo caso doverosa.
Il brano di oggi è uno di quelli che ci fa ballare allegri, spensierati e senza cattivi pensieri. Molto probabilmente ci verrebbe anche da pensare, per non dire da credere, che chissà quale motivazione gioiosa abbia, in verità, convinto gli autori nel realizzare questo piccolo cult musicale della seconda metà degli anni ’70.
In realtà non c’è nessun motivo allegro che portò il gruppo musicale conosciuto come The Trammps, a far ballare tutto il mondo in quella quasi fine di decennio. Nel 1976 giunse sia nelle radio che nelle piste da ballo un pezzo che era dedicato, non tanto amorevolmente, ad uno dei serial killer più feroci nella storia degli Stati Uniti d’America condannato sulla sedia elettrica.
Girava con un maggiolino e aveva ucciso ben trenta donne, ufficialmente tra il 1974 ed il 1978. Il suo nome era Ted Bundy e l’ironica ‘Disco Inferno’ era rivolta a lui. Specialmente il ritornello: ‘Burn baby burn, Burn baby burn’ per poi proseguire con il titolo: Disco Inferno. Una hit da discoteca diventata, nell’immediato, anche una sorta di tormentone musicale da ascoltare e riascoltare. Non solo.
Sempre nel 1977 la stessa canzone venne addirittura inserita anche nella colonna sonora de ‘La Febbre del sabato sera’, alimentandone ancora di più il successo e anche quello della stessa band che si era formata giusto cinquanta anni fa Non solo anche in una spassosa scena del film ‘Ghostubusters’ del 1984. Di genere inequivocabilmente disco, il singolo era contenuto nell’omonimo 33 giri uscito nel 1976.
Originariamente la canzone era di ben undici minuti e pubblicata come singolo. Secondo quanto riferì il Dj Tom Moulton, lo stesso che si occupò del mix del brano, affermò che all’inizio i livelli di mixaggio erano totalmente sbagliati. Quando nella primavera del 1978 venne ripubblicata con l’Atlanta Records, con una durata di soli tre minuti, dalla cinquantatreesima posizione salì direttamente all’undicesima, senza scalfire comunque il successo che stava già ottenendo.