La profilatura di una distribuzione della produzione creativa del primo ‘900 in Campania mette in evidenza un tessuto produttivo di carattere territoriale che era stato sempre tacciato di derivatività provincialistica e che si rivela, invece, portatore di importanti proposte e di grande voglia di protagonismo
Una concezione storica, ingiustificata, ma diffusa, aveva lasciato sempre ritenere che, al di fuori della capitale napoletana, esistesse una condizione di provincialismo culturale incapace di concepire progetti di significativa autonomia propositiva.
Tale concezione trovava le sue ragioni nella profilatura istituzionale dello Stato monarchico meridionale, di fatto profondamente accentratore e – purtroppo – succube di una forte spinta ribellistica delle classi dirigenti che ha sempre caratterizzato, nel corso dei secoli, l’aristocrazia meridionale, incapace di farsi portatrice di un progetto sociale, economico e culturale di cui porsi a dirigere il processo del divenire.
Le responsabilità davvero enormi delle classi dirigenti meridionali, impegnate secolarmente a far lotta alla corona, senza avere, però, una ‘visione’ di progetto complessivo, hanno prodotto un grave danno a tutto il Mezzogiorno.
Si segnalano, certo, casi specifici d’eccezione, come quello di Raimondello nel Salento in età tardoangioina e si segnalano, altresì, i significativi impegni di governo della corona di richiamare all’ordine i feudatari riottosi: dal tempo, almeno, di Federico II, fino a quelli della cosiddetta ‘Congiura dei Baroni’.
Questo il quadro storico: poi, malauguratamente, Napoli, nell’ ‘800, perde la sua autonomia nazionale e statuale e diventa, proditoriamente, parte – anzi, peggio, provincia annessa – del regno d’Italia. Per il Mezzogiorno si esauriscono le ragioni della ‘soggiacenza’ alla capitale partenopea, ma non si aprono più fertili opportunità di protagonismo, dal momento che il Sud nel suo insieme viene considerato come una sorta di ‘colonia interna’, dai nuovi conquistatori di casa savoia, senza che poi, le cose trovino effettivo miglioramento fino ai nostri giorni.
Le arti figurative dimostrano, nella osservazione del lungo processo che ne distingue la profilatura plurisecolare, che il ‘territorio’ meridionale, e specificamente campano, non è mai stato, però, inerte o sterilmente ripetitivo del dettato culturale della capitale partenopea.
Osserveremo, magari in altra occasione di rilevazione storiografica, quanto è, man mano, avvenuto nel corso dei secoli, ma qui ci piace lasciar planare la nostra attenzione su alcuni ambiti territoriali che, a partire dalla seconda metà dell’ ‘800 e, segnatamente, nella prima metà del ‘900, hanno inteso promuovere un’azione di protagonismo artistico dei territori, lanciando la ricerca locale come prodotto di un intervento creativo dagli intenti chiaramente protagonistici.
Pietro Caliendo
Non intendiamo, peraltro – almeno nel contesto di questo specifico intervento di rapida e succinta restituzione storiografica, né lo spazio lo consentirebbe – scendere nel dettaglio analitico di ciò che le realtà ambientali ci consegnano come patrimonio di sensibilità di ricerca e provvederemo, in questa sede, piuttosto, a fornire almeno un primo saggio di mappatura territoriale di quei contesti ambientali che si caratterizzano di propria specifica profilatura.
Luigi Panarella
Achille De Marco
Cominciando dal Nord della Regione, prenderemo a dire di ciò che abbiamo definito ‘Scuola di Gaeta’ (tema specifico al quale abbiamo dedicato ampia produzione di studi monografici durante tutto il periodo della nostra direzione della locale Pinacoteca Comunale di Arte Contemporanea), ove spiccano, tra le maggiori, le personalità di Bartolomei, di Macera, dello stesso Sicurezza che vale, peraltro, a far da tramite con la confinante area capuano-casertana, in Terra di Lavoro.
Di qui al contesto giuglianese-aversano (Luigi Taglialatela, Luigi Panarella) ed a quello, molto specifico, e ricchissimo di spunti di originalità, dell’area atellana, che eredita, peraltro, il portato del grande lascito di Tommaso De Vivo, il salto è breve. Qui ricordiamo almeno i nomi di Achille De Marco, Umberto e Luigi Marruzzella, Candido Mormile, i Giametta.
Ciccio Capasso
Più ad est, si segnala il polo beneventano, ricco, peraltro, della grande tradizione ottocentesca di Vianelli e, poi, delle grandi personalità dei Ciletti e di Virginia Tomescu Scrocco, mentre in territorio irpino, la tradizione creativa otto-novecentesca si segnala per la presenza di un tessuto produttivo molto intrigante e minuto, che si avvale certamente del contributo di personalità come Recchione, Carrillo, Volpe, Lenzi, Uva, Battista.ù
Il rientro nell’area pianeggiante ci fa raggiungere l’ambito nolano, ove si afferma una solidissima capacità di intervento creativo caratterizzata dall’emergere di personalità di grande rilievo spesso in credito di riconoscimento critico-storiografico, come Enrico Fiore o Pietro Salvatore Caliendo, Ciccio Capasso ecc.
La fascia costiera, dalle zone flegree, fino a quelle vesuviane e sorrentine, è ricchissima di nomi di figure di straordinario profilo, da Leon Giuseppe Buono ed Ezechiele Guardascione, fino a Nicolas De Corsi, ad Antonio Asturi ecc.
Il territorio della provincia salernitana offre interessantissime occasioni di riflessione su alcuni ambiti specifici e distinti: quello amalfitano, dell’Agro nocerino-sarnese, quello dianese-cilentano e quello del capoluogo salernitano.
Andrea Capasso
Enrico Corrado
All’interno di queste varie realtà territoriali, segnaleremo le numerosissime personalità che vi nascono e vi operano, cominciando a dire, innanzitutto della ‘scuola dei pittori di Maiori’, detti anche ‘Costaioli’, per poi passare a prendere in esame i contesti più minuti della realtà nocerino-sarnese, ove ricordiamo, tra le altre, le personalità di Sabato Orso, di Salvatore Padula, di Floriano Pepe, dello stesso Don Raffaele Stramondo che opera in quella realtà di Cava de’ Tirreni che costituisce una sorta di enclave artistica in cui svolgono la propria attività creativa personalità di grande rilievo come Matteo Apicella o come Pia Galise.
Né trascureremo di citare altre figure, secondo noi di grande interesse, che hanno operato in ambito dianese-cilentano, come Andrea Capasso o come Enrico Corrado, nativo di Montecorvino Rovella.
Non dovremo dimenticare, ancora, il contesto di Vietri, ove, pur con lo sguardo privilegiato alla elaborazione di una originale ricerca di ambito specifico ceramico, non sarà difficile aver riscontro della straordinaria personalità di pittore che sa disvelare Guido Gambone, accompagnandosi, peraltro, a quel contesto propriamente salernitano, che, con gli Avallone, ad esempio, ma anche con Raffaele e Clemente Tafuri, avrebbe saputo dare avvio ad una sorta di vera e propria ‘scuola’ locale, di cui, poi, nell’immediato secondo dopoguerra, sarebbero stati esponenti di spicco quelle personalità che diedero vita al cosiddetto ‘Gruppo’ dell’Arco. E ricordiamo, quindi, Olga Napoli, Olga Schiavo, Isabella Greco e, necessariamente, Mario Carotenuto.
Luigi Marruzzella
Napoli dov’è? In tutto ciò? Napoli è in filigrana, una realtà indiscutibilmente presente, ma non incombente e questa pittura regionale campana, ricca di tante straordinarie presenze, di cui abbiamo potuto additare sommariamente solo alcune indicazioni di pochissimi nomi, si propone come un incredibile scrigno di preziosità di valori e di intriganti opportunità di scoperte.
(Le immagini che corredano questo contributo sono in larga parte opera dell’autore di questo saggio, ma anche frutto di prelievo dalla Rete. Per tali utilizzi, si ringraziano gli autori per il prezioso contributo fornito alla ricerca ed agli studi sul tema)