Ideato dal genio di Robert Louis Stevenson, Long John Silver è un uomo al bivio fra bene e male
In attesa della pubblicazione di alcuni articoli sulla storia della pirateria e della guerra di corsa, appare opportuno dedicare alcune righe ad uno dei più conosciuti pirati della letteratura: Long John Silver, uno dei protagonisti del romanzo “L’isola del Tesoro”. Long John Silver, nato dalla penna di Robert Louis Stevenson, è considerato tutt’oggi come il pirata per antonomasia.
La prima descrizione di Silver ci viene da una lettera che il cavalier Trelawney indirizza al dottor Livesey: «Ero sul molo e per puro caso attaccai discorso con lui. Seppi ch’era un vecchio marinaio, che aveva un’osteria, conosceva tutta quanta la gente di mare di Bristol, si era guastata la salute rimanendo a terra, e cercava un buon posto di cuoco a bordo per ritornare sul mare. Quel mattino se n’era venuto zoppicando fin lì, diceva, per prendervi una boccata d’aria salmastra. Io ne fui profondamente commosso, come sarebbe capitato a voi stesso, e per pura compassione lo ingaggiai lì per lì come cuoco di bordo. Si chiama Long John Silver, e gli manca una gamba; ma questo particolare conta per me come una raccomandazione, poiché codesta gamba egli l’ha perduta servendo la Patria sotto gli ordini dell’immortale Hawke.»
Nel successivo incontro tra Jim Hawkins e Silver alla locanda del Cannocchiale, Stevenson aggiunge altri pezzi al complesso puzzle della personalità di Silver: <<Mentre indugiavo, da una stanza laterale uscì un uomo, e alla prima occhiata ebbi la certezza che fosse Long John. Aveva la gamba sinistra amputata fino all’anca, e sotto l’ascella sinistra portava una gruccia che maneggiava con eccezionale destrezza e che gli permetteva di saltellare dappertutto con un uccelletto. Era alto e robusto, con una faccia pallida e insignificante larga come un prosciutto, ma rischiarata da un sorriso intelligente. Sembrava proprio di ottimo umore, mentre camminava fischiettando e rivolgendo parole cordiali o dando pacche sulle spalle ai suoi clienti prediletti. A dire il vero, già dalla prima allusione a Long John Silver contenuta nella lettera del cavalier Trelawney, m’era entrato il dubbio che si trattasse del marinaio dalla gamba sola la cui apparizione avevo così a lungo spiata al vecchio “Ammiraglio Benbow”. Ma una sola occhiata all’uomo che mi stava davanti mi era bastata. Avendo visto il Capitano, Cane Nero e il cieco Pew, credevo ormai di sapere un pirata cos’era, una figura ben diversa, a parer mio, da questo aperto e gioviale padrone di osteria.»
Gamba sinistra amputata, una rapidità ed un’agilità nel muoversi fuori dal comune, alto, robusto, una bella faccia da canaglia. A questo ritratto manca solo un piccolo particolare che l’autore non tarderà ad aggiungere: un pappagallo posato sulla spalla del capitano e che si chiama Flint, proprio come il terribile capitano sotto cui Silver ha servito.
Il capitano Flint, un uomo terribile che metteva paura a tutti ma, come aggiunge pieno di orgoglio Silver – << lo stesso Flint aveva paura di me>>. Long John Silver è inoltre sposato con una donna africana, cui affida la gestione della sua taverna Il Cannocchiale in sua assenza e che conduce gli affari quando lo stesso è imbarcato.
Anche se Stevenson crea in Silver un’iconografia del pirata, la personalità di Silver non può limitarsi esclusivamente a quella di un comune malfattore o di un bandito come tutti gli altri.
Egli è qualcosa di più. Silver è maestro di ambiguità, un incredibile voltagabbana pronto a passare da un campo all’altro a seconda dei rovesci della sorte. A ciò deve altresì aggiungere la straordinaria capacità di Silver di stare a confine tra bene e male, capace di stare a piacimento in entrambi i campi senza uscirne sconfitto.
Nel corso dell’Isola del Tesoro, Long John assume molteplici ruoli, da cuoco di bordo e mentore di Jim Hawkins ad organizzatore di un ammutinamento dei marinari per uccidere i nobili alla ricerca del tesoro di Flint ed impossessarsene.
Sarà Silver a guidare la rivolta, a comandare l’assedio che i pirati portano al fortino dove Livesey, Trelawney ed il Capitano Smollet si sono asserragliati, salvo poi tradire inesorabilmente i propri compagni e consegnarsi al Dottor Livesy all’ennesimo rovescio della fortuna. <<John Silver siete un furfante matricolato e un impostore: uno spregevole impostore signore>>, queste sono le parole sprezzanti che Trelawney rivolge a Silver mentre accetta la sua resa.
Il destino di Silver dovrebbe essere la forca, punizione allora prevista per il crimine di ammutinamento. Tuttavia, Long John Silver riuscirà a sfuggire alla giustizia grazie ad una rocambolesca fuga, favorita dal vecchio Ben Gun, il quale per alcune ore omette di vigilare sulla custodia del prigioniero.
Oltre a salvare la propria vita, Long John si impossesserà anche di diverse centinaia di ghinee, riuscendo quindi non solo a mettere le mani su una parte del capitano Flint ma ad uscire ancora una volta vincitore da una situazione difficile. La notizia della fuga è accolta con sollievo da tutti gli altri membri dell’equipaggio, come se la fuga di Silver li avesse liberati da tutti i pericoli legati alla sua inquietante figura.
Alla fine del romanzo Hawkins scrive di non sapere quale sia il destino di Silver: << Di Silver non abbiamo saputo più nulla. Quel formidabile uomo di mare con una gamba sola è infine sparito dalla mia vita; ma mi azzarderei a dire che abbia ritrovato la sua vecchia negra, e forse fa una bella vita insieme a lei e al Capitano Flint. Così, almeno, si spera perché difficilmente sarà felice nell’altro mondo. I lingotti di argento e le marmi si trovano tuttora, per quel che ne so io, dove Flint li ha sotterrati; e per quanto mi riguarda, possono restare dove sono. Neppure un carro di buoi riuscirebbe a trascinarmi di nuovo su quell’isola maledetta; e, i miei incubi peggiori sono quelli nei quali odo i frangenti tuonare lungo le coste, o quando sobbalzo nel letto, con la stridula voce del Capitano Flint che mi rimbomba nelle orecchie: “Pezzi da otto! Pezzi da otto!”.>>.
Long John Silver tornerà poi alla ribalta nel 1995 quando sarà pubblicato il romanzo Björn Larssoni “La vera storia del pirata Long John Silver”. Il libro è ambientato molti anni dopo le vicende dell’Isola del Tesoro, quando un vecchio Long John Silver, ritiratosi su un’isola del Madagascar con la sua vecchia compagna, si accinge a scrivere le sue memorie.
Come viene descritto in sorta di proemio all’opera, lo scopo di Silver è quello di raccontare <<l’avventurosa e veritiera storia della mia vita e delle mie imprese di uomo libero, gentiluomo di ventura e nemico dell’umanità>>.
Successivamente il libro prosegue: <<Siamo nel 1742. Ho vissuto a lungo. Questo non me lo può togliere nessuno. Tutti quelli che ho conosciuto sono morti. Alcuni li ho mandati io stesso all’altro mondo, se poi esiste. Ma perché dovrebbe? In ogni caso, spero con tutta l’anima che non esista, perché all’inferno ce li ritroverei tutti, Pew il cieco, Israel Hands, Billy Bones, quell’idiota di Morgan che osò passarmi il bollo nero, e gli altri, Flint compreso, che dio l’abbia in gloria, se un dio esiste. Mi accoglierebbero a braccia aperte, con salamelecchi e inchini, sostenendo che è tornato tutto come ai vecchi tempi. Ma intanto il terrore irradierebbe dai loro volti come un sole ardente sul mare in bonaccia. Terrore di cosa? chiedo io. Certo all’inferno non possono avere paura della morte. Che ve ne pare?
No, non hanno mai avuto paura della morte, visto che per loro non ha mai fatto una grande differenza vivere o morire. Eppure, anche all’inferno avrebbero paura di me. Perché? chiedo io. Tutti, compreso quel Flint che era altrimenti l’uomo più coraggioso che avessi mai incontrato, avevano paura di me>>.
Il romanzo si snoda lungo la vita di Silver, descrivendone la sua giovinezza in Irlanda, il periodo in cui ha servito come giovane marinaio sulle navi di Sua Maestà il re d’Inghilterra, arrivando poi alla sua vita di contrabbandiere e di predone del mare. Pochissimi accenni alle vicende dell’Isola del Tesoro.
Del resto, l’intento di Larsson non è quello di riscrivere o reinterpretare una storia già nota, bensì quello di rendere omaggio ad un grande personaggio letterario e, attraverso le sue parole, descrivere quale fosse la vita dei pirati nel XVIII Secolo.
<<Questa è la vera storia dei pirati, signor Defoe e tutti voi che vi siete dati il compito di farne la cronaca: un cerchio tracciato intorno alle loro navi, povero di uomini e di mete. Non eravamo come gli altri marinai. Le nostre navi non navigavano per arrivare da qualche parte. Ci chiamavamo fratelli e compagni, ma la famiglia e gli amici erano l’ultimo dei nostri pensieri. I benpensanti ci chiamavano nemici dell’umanità, e in un certo senso avevano ragione, perché nessuno poteva essere nostro amico, neppure noi stessi. No, avevamo la memoria corta, e così doveva essere, sul piano umano, se volevamo conservare il buon umore. Chi sentì la mancanza di La Bounche quando sparì? Nessuno di voi, ve l’assicuro, tranne forse il suo pappagallo. Ne avevamo visti troppi inghiottiti nel mare dell’incertezza, che era quello in cui vagavamo come anime in pena senza lasciare scia né onde di prua>>.
Il romanzo di Larsoon, a cui seguirà poi “L’ultima avventura del pirata Long John Silver”delinea un quadro psicologico multiforme di Silver. Un uomo dai mille volti: bugiardo spudorato, mentitore, imbonitore, avido, propenso alla violenza ed a tratti malvagi, sregolato, voltabandiera ma anche un uomo animato da grande voglia di vivere e di amore di libertà, pronto ad utilizzare ogni mezzo per difenderla.
Uomo di mare come tanti altri personaggi della letteratura ma Long John Silver è forse anche altro. Egli rappresenta la capacità straordinaria di alcuni uomini di camminare lungo il filo sottile che separa il bene dal male, senza mai svoltare nettamente per l’uno o l’altro campo. Non sarà certamente un modello di virtù ma Silver non può nemmeno classificarsi come un semplice malfattore, sarebbe troppo semplice e troppo riduttivo.
Uomo dal multiforme ingegno ma anche dalle tante risorse e dai molteplici inganni. Un voltagabbana che con facilità passa da un campo all’altro in nome di una sola bandiera: sé stesso e nessun altro. Un personaggio straordinario ed affascinante, che ogni lettore sente di non poter apprezzare completamente ma nemmeno di poterlo odiare. Un solo sentimento però accomuna i lettori: la paura di incontrare un uomo come Silver lungo il proprio cammino o peggio ancora, il timore di essere come lui.