La canzone deriva da due canti gospel del primo Novecento
Dopo l’articolo dedicato alla lezione di pace del Reverendo di Ebenezer, Martin Luther King, in questo secondo articolo di giornata con ‘Usa’, appuntamento particolare, ci soffermiamo, brevemente, sulle origini di un brano americano diventato, nel giro di pochi anni, l’inno dei diritti civili negli Usa.
Quasi centoventi anni fa un reverendo di Philadelphia, Charles Tindley, intonava, presso la sua chiesa, una canzone gospel con un verso in particolare: ‘I’ll overcome some day’. Leggenda vuole che da proprio questo verso derivi la ben più famosa ‘We shall overcome’ resa, appunto celebre, da Peter Seeger.
Non finisce qui, perché un’altra parte della storia vuole che ‘We shall overcome’ deriverebbe addirittura da un secondo gospel dal titolo: ‘Deep in my heart, I do Believe (I’ll overcome dome day’). La svolta però giunse nel lontano 1946, quando i dipendenti di una fabbrica dell’American Tobacco Company, a Charleston nello Stato della Carolina del Nord, andarono in sciopero. Gli scioperanti erano per lo più donne e, unitesi in cordone per un picchetto, intonarono diversi inni. Una fra le tante, in modo particolare, di nome Lucille Simmons cantò una versione della canzone di Tindley, mutando il verso originale in ‘we’ll overcome’.
Ad ascoltare quella performance improvvisata ma di notevole spessore era presente una donna bianca, nonché moglie del fondatore della Highlander Folk School, di nome Zilphia Horton la quale, l’anno successivo, insegnò la canzone proprio al cantante folk Peter Seeger.
Potremmo dire che il resto è storia, ma mancano ancora alcuni dettagli. Si, perché siamo ancora all’origine della nascita del mito per questa storica canzone della cultura americana. Qualche anno più tardi, esattamente nel 1959, ‘We shall overcome’ divenne a tutti gli effetti un inno per i diritti civili. In che modo?
Dal 1946 al 1959 lo stesso Seeger, come ha raccontato diversi anni più tardi, modificò il verso originale, aggiungendone altri. Per esempio: We’ll overcome, divenne We Shall Overcome. Gli altri versi aggiunti furono: We’ll walk hand in hand, cammineremo mano nella mano; the whole wide world around. Tutto questo, Peter Seeger, lo insegnò al cantante californiano Frank Hamilton il quale, a sua volta, la insegnò a Guy Caravan che la introdusse all’Highlander proprio nel 1959.
Il clou della canzone, però, giunse qualche anno più tardi. In occasione del discorso di Martin Luther King, soprattutto in attesa che il futuro premio Nobel per la pace prendesse la parola, la cantante afroamericana Joan Baez la intonò rendendola così immortale. Nel corso dei decenni la canzone è stata proposta più volte attraverso le varie cover. L’ultima è datata 2006 grazie a Bruce Springsteen che la pubblicò in onore proprio di Peter Seeger.
In ultimo: cosa mai significa ‘We shall overcome’? Lo supereremo. Il riferimento era chiaro: riguardava a tutte le vessazione che i neri subivano da parte dei razzisti bianchi che, fortunatamente, anche da questa piccola storia non tutti i bianchi in America lo sono.