11 luglio 1982. Non un giorno qualsiasi, non una data qualsiasi. 11 luglio 2022, quaranta anni dopo ad un match, ad una partita; 40 anni dopo ad una finale del campionato del mondo di calcio che sancì l’entrata nel mito e della leggenda di undici uomini in campo che stupirono il mondo. Era una domenica quell’11 luglio e tutta l’Italia era intrepida attesa che qualcosa di bello, qualcosa di unico ed irripetibile, quella stessa sera si sarebbe avverato.
L’avversario non era di quelli da prendere comunque con le molle. Il suo percorso fu abbastanza lineare e in semifinale aveva eliminato la temibile Francia di Michel Platini. Più che una partita di calcio, quella con la Francia, fu una vera e propria guerra. Mentre i nostri ragazzi, quelli dei Mondiali del 1982, avevano trafitto per ben due volte la difesa della Polonia di Zibi Boniek. Un secco 2 a 0 che non ammise alcuna replica.
Quelle due reti furono realizzate da un numero 20 il cui nome riecheggia ancora nelle nostre menti e nei nostri cuori, che si sono fermati a battere per poi riprendere il proprio ritmo in lacrime quando nel dicembre del 2020 si arrese ad un male incurabile. Era il secondo di quella fortunata spedizione azzurra che ci ha lasciato. Il primo se ne andò nella prima domenica di settembre mentre tutti quanti avevano le radioline incollate alle orecchie per ascoltare, come si faceva un tempo, la trasmissione radiofonica ‘Tutto il calcio minuto per minuto’. Era il 3 settembre del 1989. I due calciatori si chiamavano, rispettivamente, Paolo Rossi e Gaetano Scirea.
Eppure, quell’avventura azzurra non era iniziata bene. No, l’inizio non riguardava ancora le prime tre partite del girone, che furono ugualmente disastrose. Ma ancora prima, in una fredda domenica di marzo. Quando alcuni giocatori vennero arrestati con un’accusa pesantissima ed infamante: quella di vendersi le partite per soldi. Tra di loro c’era, purtroppo, anche Paolo Rossi.
Due anni di squalifica per l’attaccante del Vicenza. Due anni di calvario, due anni d’inferno. Enzo Bearzot, il Commissario Tecnico di quella spedizione, il quale fu riconfermato dopo lo strepitoso mondiale d’Argentina di quattro anni prima, lo convocò ugualmente contro tutto e tutti e alla fine, fortunatamente per noi, ebbe ragione. Prima di raccontarvi questa parte della storia, prima di raccontarvi quella leggendaria finale dell’11 luglio 1982, c’è tutto il resto da ricordare e da riscoprire. C’è anche l’intero Mondiale da ricordare: il Mondiale di Spagna del 1982.
Iniziò tutto il 13 di giugno, giorno di Sant’Antonio. Chissà se c’è stato un po’ il suo zampino per l’epilogo finale. Quel giorno al Camp Nou di Barcellona, futura casa di Diego Armando Maradona, la nazionale argentina, campione del mondo in carica, venne sconfitta per 1 a 0 dal Belgio. L’autore della marcatura fu un certo Erwin Vanderbergh.
Un nome che solamente gli appassionati di calcio possono conoscere e forse neanche pure. Era un attaccante, in forza a quella squadra che un tempo era chiamata Lierse. Il suo nome entra nella storia del calcio e dei mondiali di calcio intorno al minuto sessanta di quel match inaugurale sfortunatissimo per gli argentini.
Maradona alla sua prima mondiale, nello stadio Camp Nou di Barcellona, non riuscì ad incantare il mondo; o meglio si capì dall’inizio che quello non sarebbe stato il suo mondiale, nonostante in quella partita inaugurale partì a razzo, cercando di trascinare la propria nazionale.
Eppure, in quell’edizione non furono solamente gli argentini a soffrire l’esordio. La prima partita fu difficile per i tedeschi, che persero addirittura contro l’Algeria per 1 a 0; per non dire traumatica da parte dei francesi, i quali persero malamente, 3 a 1, contro gli inglesi. Gli Spagnoli pareggiarono, addirittura, contro l’Honduras; è chiaro a tutti che del tiki taka quaranta anni fa non si conosceva neanche il nome.
Gli azzurri, invece? L’Italia pareggiò contro l’avversaria che avrebbe piegato in Semifinale: la Polonia. Non si può chiudere senza ricordarvi l’esordio esplosivo, particolare e anche questo bello tosto del Brasile, definito all’epoca la squadra più forte del mondo. E lo era, questa era la formazione: Valdir Peres; Leandro; Junior; Cerezo; Oscar; Luisinho; Socrates; Falcao; Serginho; Zico; Eder.
I Sovietici passarono in vantaggio per primi, al minuto trentaquattro con Bal. I brasiliani, dal canto loro, consapevoli della loro forza, improntarono, comunque, tutta la partita su estro e magie non sempre personali. Era un collettivo composto da diversi fuoriclasse che miravano ad essere anche una squadra affiatata. Alla fine, i brasiliani ribaltarono il risultato con due super magie di Socrates e di Eder.