E siamo a tredici. Un numero che negli Stati Uniti d’America è sinonimo di sfortuna, di sciagura. In questo 25 giugno sta a significare anche un’altra cosa, ci si ricorda di un pesante lutto che colpì la musica in questo giorno ma nell’anno 2009. Una notizia alla quale nessuno pensava, ancora, di udire: che il Re del Pop, Micheal Jackson, improvvisamente passasse a miglior vita durante la preparazione di quello che avrebbe dovuto essere il suo grande ritorno.
‘This is it’ questo era il titolo della serie di concerti, inizialmente dieci, per poi diventare troppi in poco tempo. Concerti attraverso i quali il Re del Pop, ormai quasi cinquantunenne all’epoca, avrebbe dovuto dimostrare che non era finito. Disse, nella conferenza stampa di qualche mese prima, che quelle date londinesi sarebbero state le ultime della sua irripetibile carriera.
Così fu annunciato e così sarebbe dovuta andare. Anche se poi quei concerti non si tennero mai. Alla vigilia del tour e il giorno dopo all’ultima prova effettuata allo Staples Center di Los Angeles, Micheal Jackson venne ritrovato privo di vita nel suo letto. Furono vani ogni tentativo di rianimarlo. Tentativi maldestri in base a ciò che emerse sia durante le indagini e sia durante il processo nei confronti del dottor Conrad Murray.
Accusato di avergli iniettato impropriamente dei tranquillanti, in modo particolare il propofol. È vero, il Re del Pop non riusciva a dormire in quel periodo. Soprattutto era schiacciato dai debiti. Il suo nome era caduto nel fango e nella polvere a causa di quelle accuse che sapevano d’infamia. C’è chi ci ha creduto e chi no. Di fatto, comunque, la sua immagine era ormai definitivamente compromessa. Anche la sua capacità di produrre musica di un certo spessore.
Erano lontani i tempi di ‘Off The Wall’, del pluri venduto ‘Thriller’ e del perfetto ‘Bad’. In ‘Dangerous’ si inizio a registrare una certa flessione; non tanto nella qualità della sua produzione musicale, quanto nei numeri di vendita. Due anni dopo la mazzata finale dalla quale non si sarebbe mai più ripreso. Tredici anni, dunque. Lunghi e infiniti. Tredici anni che cadono nell’anno in cui due dei suoi long play storici, quelli realizzati e pubblicati nel magico decennio del 1980, compiono rispettivamente 40 e 35 anni: ‘Thriller’ e ‘Bad’. 33 giri che verranno analizzati nella loro essenza e rispettivamente nel dicembre 2022 e il 31 agosto del 2022, a pochi giorni di quello che avrebbe dovuto essere il suo sessantaseiesimo compleanno.
È inutile continuare questo articolo raccontando la sua vita, della sua infanzia negata e dell’incredibile successo che ha avuto in vita. Certo, una volta deceduto, Micheal Jackson, dopo esser entrato irrimediabilmente nel tunnel del viale del tramonto, la sua stella, la sua immagine tornò ad illuminarsi come neanche nei tempi migliori. La macchina del fango, veritiera o no, nei suoi confronti resta.
Il suo nome, la sua carriera, le sue canzoni, i suoi videomusicali che equivalevano come short film, hanno riacquistato una rilevanza tale che le vendite sono schizzate subito in alto. Molto si è detto sulla sua fine. Che si sia suicidato, che in realtà è stato ucciso accidentalmente. Altri ancora, come nel caso di Elvis Presley, negano addirittura che lui sia morto e che sia vivo e vegeto da qualche parte.
Tutto questo a causa di una foto che lo ritraeva con gli occhi chiusi nell’ambulanza che lo stava trasportando di corsa al Ronald Reagan Hospital di Los Angeles. La sua pelle, in quell’occasione, ricordava quella di quando si ustionò i capelli nel lontano 1984, durante la lavorazione dello spot della Pepsi. Voci su voci insomma. Dicerie su dicerie che non hanno mai portato a nulla.
Solamente atte ad alimentare, uno, il mistero sulla sua morte, due, di non permetter a nessuno di dimenticarsi di lui. Ma su questo secondo punto è molto difficile che ciò potrà avvenire. Micheal Jackson non si dimentica. Micheal Jackson era, è e sarà la leggenda della musica ed è per questo che il suo nome rimarrà scolpito nella storia delle sette note.