La creatività astrattista che si produce in area cilena è caratterizzata da una sensibilità ispirativa geometrica che s’incrocia spesso con l’istanza materica.
È certamente difficile poter definire l’evoluzione della pratica astrattista cilena in modo lineare, additandone, ad esempio, una sua stringente modulazione evolutiva di ordine geometrico, mirante a definire una prospettazione di profilatura analitica distintamente rivolta alla messa in evidenza delle ragioni eidetiche del reale fenomenico.
Ciò può rendersi possibile solo nel caso specifico di qualche artista come Gustavo Pobleta, ma, in generale, l’indagine critico-storiografica della produzione astrattista cilena ci rivela una più larga ed ampia definibilità ‘astrattiva’, disponibile ad una declinazione non aliena da espansioni in direzione propriamente ‘astratto-materica’.
Detto ciò in premessa, occorrerà subito osservare che le dinamiche ‘astrattive’ della produzione artistica cilena si propongono di grande interesse, soprattutto se le si inquadra nel contesto più ampio della intrigante testimonianza che l’arte fornisce nel confronto politico che si anima nel paese.
Si può osservare, infatti, che gli artisti più ‘impegnati’ finiscono con l’assumere una loro particolare collocazione, nel momento particolare in cui la loro azione creativa viene percepita come momento significativo di un progetto di palingenesi sociale nutrito da un ardito disegno politico di natura progressista.
Carolina Olmedo Carrasco, studiando il rapporto arte-politica in Cile negli anni che precedono e seguono il colpo di stato militare che sgretolò l’esperimento politico cui aveva messo mano l’azione di Salvador Allende, cerca di mettere in evidenza la funzione che ebbe l’arte nel proporsi come sponda culturale, andando a concepire una prospettiva di progetto in cui il ruolo dell’artista avrebbe dovuto avere un significato di centrale rilievo.
Possiamo chiederci, a posteriori, se questo non abbia, in qualche modo, difficoltato l’opportunità di una concezione rigorosamente astrattiva, lasciando più spazio ad una interpretazione delle ragioni eidetiche del reale fenomenico secondo una cadenza più disponibile a rivelarsi significativamente intrisa di consistenza materica.
Indurrebbe a suggerire con profitto una tale prospettiva, ad esempio, l’opera di Gracia Barrios, straordinaria artista e figura di intellettuale di notevolissimo spessore, in cui l’istanza materica si propone come gradiente interpretativo di una realtà fenomenica cui la artista si indirizza certamente con spirito ‘analitico’ e, comunque, variamente oscillante tra una sensibilità bidimensionale (da ‘Realismo di Denuncia’, per intenderci) ed un addensamento ‘realistico-materico’ di indiscutibile fascino e sensuosità.
Ricorderemo l’intensità del rapporto personale della Barrios con José Balmes che è una figura effettivamente centrale nel periodo in cui s’inaugura il secondo cinquantennio del secolo del ‘900 e l’eredità del passato viene consegnata ad una nuova generazione.
Il passato sono, ad esempio, alcuni maestri di notevolissimo valore, come Pablo Burchard, di sottile preziosità postimpressionista, o Camillo Mori, di grande prossimità alla stagione ‘magico-realista’. Indiscutibilmente, questo è il ‘passato’, ed è, esso, un passato di grande spessore dal momento che dal suo seno lascia partorire, importanti iniziative culturali che mettono capo, ad esempio, alla formazione di gruppi che, nella loro stessa definizione nominativa, additano la volontà di dirigere l’azione creativa ad un indirizzo di interpretazione ‘razionale’ ed ‘oggettiva’ della realtà fenomenica.
Diciamo, in particolare, del gruppo ‘Rectangulo’ creato nel 1955 da Ramón Vergara Grez – che fu l’animatore del suo progetto ideale – ed a cui aderirono Matilde Pérez, Elsa Bolívar, James Smith e Gustavo Pobleta. Se potessimo ridurre in una brevissima formula l’intento programmatico di ‘Rectangulo’, potremmo sostenere che esso avanzò un’opzione di carattere ‘planista’, significativamente accompagnata da una robusta coscienza dello spessore cromatico e degli accordi tonali che esso avrebbe richiesto di considerare nodali per lo sviluppo della ricerca.
All’interno di tali riferimenti culturali, avanza la coscienza critica dell’impegno degli artisti sul fronte politico e si prepara l’avvento del decennio degli anni Sessanta e della maturazione di una coscienza critica che potremmo definire di carattere ampiamente ‘latino-americana’, in qualche modo favorita da una certa consonanza che andava a stabilirsi con le sensibilità politiche che attraversavano, allora, il ‘Sub-Continente’ e che traevano ispirazione anche dall’esemplarismo cubano.
Fidel Castro ed Allende si scambiavano reciprocamente visita nel corso del 1971 e ciò avveniva quando era già in piena espansione il processo di crescita di una coscienza di ‘arte popolare’ ispirata ad una visione ‘latinoamericana’ governata da una logica della solidarietà e della partecipazione.
La sensibilità astrattiva cilena fu, insomma, in qualche modo costretta a dover fare i conti con un processo di complessa evoluzione, all’interno del quale, certamente la sensibilità razionalista dell’intendimento astrattivo non poteva non avere una sua collocazione dirimente e centrale.
All’origine del processo, che va collocato, storicamente, nel decennio degli anni ’50, si possono osservare alcune personalità di rilievo come quelle già citate di Gustavo Pobleta (1915-2005), di José Balmes (1927-2016), di Ramon Vergara Grez (1923-2012). Insieme con loro, troviamo alcune importantissime figure di artiste: Gracia Barrios (1927-2020), Matilde Perez (1916-2014), Cecilia Vicuňa (1948).
L’intendimento primario per la gran parte di tali artisti fu quello di promuovere una capacità di approfondimento analitico delle ragioni del reale fenomenico agevolando la scelta di un allontanamento deciso da qualsiasi prospettiva di indirizzo simbolistico.
Queste erano le logiche che ispiravano il Movimento ‘Rectangulo’, che contava sull’apporto fondante di Luis Droguett, Gustavo Pobleta, Ramón Vergara Grez, Waldo Vila, Elsa Bolivar, arricchendosi poi delle personalità di Matilde Pérez, Ximena Cristi, Uwe Grumann, Aurel Kessler, Magdalena Lozano, Maruja Pinedo, Aída Poblete, James Smith, Waldo Vila, Aixa Vicuña, Lorenzo Berg, Isabel Sotomayor, Carlos Alarcón, Federico Assler, Adolfo Berchenko, Sergio Berthoud, Guillermo Brozalez, Roberto Carmona e Virginia Huneeus.
Ricorderemo, in tale contesto, anche la figura di Mario Carreño (1913-1999) originario di Cuba, che sviluppa una ricerca di particolare interesse, lasciando oscillare la sua produzione creativa tra una coscienza di matura istanza geometrizzante ed una polarità di ovattata trascrizione del reale, come se il suo spirito intendesse inseguire una linea molto particolare di interpretazione delle cose, capace di coglierne l’oggettività e, non meno, le contraddizioni della evenienza esistenziale.
A Vergara Grez, in particolare, a proposito dell’orientamento di pensiero di ‘Rectangulo’, si devono delle importanti considerazioni che vengono proposte nel contesto della mostra resa nel 1956 nella Sala del Circolo dei Periodici e di cui questo è il senso: “Los integrantes de la muestra ponen el acento en un concepto de orden y geometría; trabajan con el dibujo esquemático y planista que facilita la medición de las partes y la relación de las partes con el todo; reemplazan el toque o la pincelada tradicional por el plano del color”.
L’evoluzione di ‘Rectangulo’ portò, poi, dal 1961, al gruppo subentrante, di ‘Forma y Espacio’ (Ramón Vergara Grez, Adolfo Berchenko, Miguel Cosgrove, Robinson Mora, Claudio Román e Carmen Piemonte), che procedeva ad ampliare l’orizzonte di ricerca, puntualizzando con grande rigore, ad esempio, la necessità della rinuncia al simbolismo,
Rimanevano, insomma, le pure forme della logica geometrica, cui, però, occorre accompagnare, quasi di rincalzo, una sensibilità ‘materica’, che discute con la consistenza eidetica nel tentativo di ricondurre la pratica astrattiva ad una dimensione di robusto ispessimento storico.
Tutto ciò, come avrebbe ben spiegato Ramón Vergara Grez, nel 1985, vale a confermare la coscienza della pratica geometrica astrattiva sudamericana come prodotto non tanto d’una derivazione da provenienza estranea, ma, piuttosto, d’una rivalutazione critica delle ragioni ‘ancestrali’ d’una preesistenza culturale indigena del cui portato non può non farsi ragione, ad esempio, come ispirazione e matrice degli esiti, sostanzialmente ‘costruttivisti’ della contemporaneità.