A dire il vero, il ‘salernitano’ Eliseu Visconti non era propriamente nato nel capoluogo Salerno, ma nella sua fertile provincia, a Giffoni Valle Piana, dove aveva visto la luce nel 1866.
Già, però, nel 1873 si ritrova trasferito in Brasile, ed è così che il suo nome proprio di Eliseo viene modificato in Eliseu. Studia e si forma in Brasile alla scuola, in particolare, di artisti come Rodolfo Amoedo, che era stato allievo, a sua volta, di Alexandre Cabanel.
Tale linea di fruttuosa discendenza formativa, caratterizzata, peraltro, da un salto d’età molto breve tra questi vari artisti indicati, consente di comprendere bene come si sia potuto rendere possibile che il giovane Eliseu potesse entrare facilmente a contatto – già nella fase iniziale del suo percorso artistico – con le sensibilità più spiccatamente attuali del suo tempo, come quelle, nella specie, di cui fino quasi alla fine del secolo si erano saputi rendere importanti interpreti, in Francia, autori – come, appunto Cabanel, ma anche come William Adolphe Bouguereau – che impersonano l’ideale di artista che conclude la stagione della cosiddetta ‘pittura di storia’ ed apre alle incalzanti sensibilità fin de siècle.
Eliseu Visconti si immerge in queste atmosfere, e viene presto premiato dal successo, dal momento che nel ’92 si ritrova vincitore di un premio artistico consistente in un soggiorno a Parigi. L’occasione è di quelle che cambiano la vita e così avviene per il nostro artista, che, a contatto con le esperienze impressionistiche, ma anche col clima sfavillante della Parigi del tempo, prende innanzitutto ad orientarsi verso una concezione della pittura più aperta e più luminosa.
Al rientro in Brasile riceve molte prestigiose commesse di opere destinate ad edifici pubblici, come, ad esempio, quelle per il Teatro Municipale di Rio. Ma lavora anche a creare bozzetti di francobolli e gli ex libris per la Biblioteca Nazionale.
Seguono altri incarichi importanti e di grande prestigio e dà avvio ad una iniziativa formativa di carattere accademico.
Non va sottovalutata, nel corpus dei suoi dipinti, la produzione di ritratti, né va sottovalutato il contributo fornito alla paesaggistica, nel cui ambito Visconti propone le sensibilità luministiche proprie della temperie impressionistica.
Complessivamente, questa figura d’artista, che non ebbe, comunque, una sua predilezione per le prospettive di avanguardia, può essere senz’altro considerata quella di uno dei padri dell’arte contemporanea brasiliana, dal momento che, anche a leggere in termini di colto e raffinato eclettismo – e sarebbe cosa riduttiva – il suo impegno creativo, emerge, in ogni caso, la pregnanza di un intervento produttivo che ha il merito di inaugurare un aggiornamento significativo della realtà artistica brasiliana.
L’artista si spegne a Rio de Janeiro nel 1944.
Basterà analizzare alcune sue opere come quella, ad esempio, dell’ ‘Autoritratto’ del 1902 per cogliere lo spessore innovativo che anima questa immagine intrigante e preziosa, che, ad osservarne lo sfondo, disposto lungo un gradiente rastrematamente orizzontale, quasi richiama, nelle tonalità cromatiche e nella strutturazione formale, gli affreschi della Stazione zoologica di Napoli, alla cui decorazione del Salone aveva provveduto Hans von Marées procedendo a dettare degli orizzonti marini che sembrano apparentarsi stringentemente, precedendola, all’opera di Eliseu Visconti da noi presa in esame.
Analogie preterintenzionali, non v’è dubbio, ma ciò che è importante sottolineare è la rispondenza di queste cose ad una sensibilità partecipata ed evidentemente circolante che è quella di questi decenni di fine secolo e di esordio del nuovo, quando, di fatto, sono in gioco le nuove vicende artistiche che il ‘900 andrà a proporre con una ventata innovativa assolutamente insospettabile entro gli ultimi anni dell’ ‘800, indipendentemente dal fatto che qualche artista avesse potuto suggerire, isolatamente, ma premonitivamente, qualche exemplum di apripista.
Di grande interesse, altresì, ci sembra possa essere ritenuta una sua opera di anni più avanzati, del 1929, dal titolo di ‘La mia casa’, che è un lavoro che può proporsi, a nostro giudizio, come il punto culminante di quel processo di trasferimento delle logiche impressionistiche nel contesto della realtà locale brasiliana, avendo conto che vi sembrerebbero esemplate anche ragioni figurative che sono consapevoli non soltanto del clima proprio del cosiddetto ‘ritorno all’ordine’, ma anche di sensibilità che sono proprie della pratica artistica nordamericana nei modi più propri, poi, di quella che sarà la stagione della ‘American Scene’, che si affermerà significativamente anche a seguito del ‘Federal Art Project’, che è l’atto di governo che ispirerà le politiche culturali immediatamente successive agli eventi della grande crisi di fine anni ’20 e con l’apertura del corso del cosiddetto ‘New Deal’.
Un artista, quindi, Eliseu Visconti, che appare tutt’altro che confinato nella ‘sola’ realtà brasiliana; e che, anzi, sa provvedere a centralizzare il ruolo della consistenza locale in una prospettiva di più slargato orizzonte, creando le condizioni per un fertile incremento delle opportunità di crescita locali
(Le immagini che documentano questo contributo storico-critico sono tratte da fonti del web di pubblica possibilità di prelievo – wikiart).