Non c’è Re senza Regina. Al fianco di Sua Maestà “Il Babà” siede con pari dignità e rango Sua Maestà “La Sfogliatella”. Come in ogni nobile casato si ricercano e si attribuiscono ascendenze che si perdono nella notte dei tempi. Secondo alcuni storici esperti di storia dei dolci la “sfogliatella” ha origini che risalgono pensate un po’…ai romani. Alcune pubblicazioni del 1500 riportano un testo di un tale Celio Apicio “quoque” romano del 1° secolo dopo Cristo. Forse una semplice raccolta di ricette dell’epoca ed il nome di Apicio inventato. Fatto sta che da questo periodo si fa risalire una prima ricetta sulla “sfogliatella”.
Infatti nel 1605 veniva menzionato questo dolce “sfogliatella piena di bianco mangiare” come una rielaborazione di una ricetta più antica, e quindi forse risalente al menzionato periodo romano, da Bartolomeo Scappi, lombardo, nel suo famoso libro “Opera di Bartolomeo Scappi M. dell’arte del cucinare”. Lo Scappi, cuoco di un Papa campano di origine, Pio V, scrive nel capitolo XLIIII del libro quinto di un piatto a base di “ fior di farina impastato con rossi d’ova, un poco di strutto, sale, zuccaro e acqua rosa, e il resto acqua tiepida” denominato “orecchine, et sfogliatelle piene di bianco magnare”.
La descrizione che segue dovrebbe essere la realizzazione di un dolce da cui poi nel corso dei secoli si è arrivati alla sfogliatella come la conosciamo oggi:
“Fatto che sarà il pastone sfogliato, nel modo che si è fatto il sopradetto, taglisi il ruotolo per traverso in manco grossezza di quello del pasticcio, et con destrezza ongasi la mano di strutto liquefatto, et slarghi esso ruotolo, et facciasi a foggia d’una fucaccina, advertendo fare in modo che le sfogliature non si cavalchino l’una con l’altra, et nel mezzo d’essa fucaccina nella parte men sfogliata, pongasi un pezzo di biancomagnare, mescolato con ricotta fresca, et chiare d’ova fresche battute, et pignoli ammogliati; bagnisi il sfoglio con un poco di chiara d’ovo, perche amendue le parti si congiunghino insieme, et faccisi l’orecchina ovata a foggia d’offelle, et ungasi di sopra con strutto liquefatto, et friggasi nel strutto non troppo caldo, et nel vaso ce ne sia assai, perche essa orecchina non vada al fondo, et non volendosi friggere, cuocasi al forno, in la tortiera, o senza su la carta, et servasi calda con zuccaro sopra.“
Questa tesi è avvalorata dal fatto che si parlava di questo dolce circa 80/90 anni prima dell’edificazione del convento di S. Rosa da Lima a Conca dei Marini. Certo la sfogliatella, da queste testimonianze, sembra non essere di origini napoletane, come non lo è il babà. Ma far risalire i dolci come tanti piatti a paesi lontani e a ricette similari è molto semplice. Si sa che gli ingredienti variano da paese a paese e che in sostanza poi sono quasi sempre quelli che si producono nel territorio.
Noi propendiamo, forse per eccessivo campanilismo, per la tesi che la sfogliatella ha sì raggiunto la sua notorietà a Napoli ma la sua vera creazione è avvenuta in un luogo posto tra cielo e mare. Angolo di Paradiso in terra: Conca dei Marini in costiera amalfitana. Dove poteva nascere un dolce così aromatico, delicato, così semplice negli ingredienti, così croccante nella sua tasca e prelibato nella sua farcia se non in un luogo così paradisiaco?
Come si sa nei conventi ed in special modo in quelli di monache e per di più di clausura si sperimentavano piatti ed in particolare dolci. Questi ultimi servivano per accogliere i parenti e gli alti prelati ed anche a dare ai popolani, dietro piccolo obolo, qualcosa che non erano in grado di realizzare per povertà ed anche per mancanza di ingredienti. Nei conventi si aveva tempo ed ingredienti in abbondanza.
La leggenda vuole che sia stata una suora, tale suor Clotilde, che per caso mescolando alcuni ingredienti, semola, ricotta ed aromi, creasse per puro caso questa delizia. In origine era farcita con crema e chiamata per l’appunto sfogliata “Santarosa” in onore della Santa a cui era intitolato il convento. La ricetta rimase segreta e non uscì dal convento per circa duecento anni. La fama di questo dolce si propagò in tutto il territorio vicino ed anche oltre.
Un modesto oste di Napoli, tale Pintauro, era venuto in possesso della ricetta segreta delle monache. Si racconta che aveva costretto una figlia a farsi suora, un’altra versione è quella che aveva avuto la ricetta da una zia monaca, mentre qualcun altro ipotizza che assaggiata la “Santarosa“, dopo vari tentativi in venivano modificati gli ingredienti, realizzò la sfogliatella. Da oste divenne pasticciere e la sua osteria, in via Toledo, diventò la più rinomata pasticceria di Napoli.
La sfogliatella conquista i napoletani e molti pasticcieri di Napoli si cimentano a realizzarla con ottimi risultati. Quarant’anni dopo nasce la variante “sfogliata frolla”. Anche qui sembra che i motivi siano diversi. La sfogliatella riccia sembra che crei difficoltà a chi non ha una ottima dentatura. L’igiene orale in quel periodo era l’ultimo dei problemi ed in special modo per i popolani.
A questo punto un certo Pietro Carraturo, fondatore della pasticceria, che oggi si trova a porta Capuana, e celebre per i suoi “struffoli”, pensa di cambiare la tasca della sfogliatella con della pasta frolla. Nasce così per venire incontro alle “cafoniere”, provinciali che venivano a Napoli per acquistare abiti, ferramenta e altri prodotti, ed ai quali la dentatura difettava moltissimo.
Oggi, quindi. si può affermare tranquillamente che sul trono dei dolci napoletani siede Sua Maestà la Regina “ la sfogliatella riccia o frolla”.
Qualcosa di nuovo però si sta delineando, un altro dolce sta cercando di spodestarla…
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