Ci sono attori che del loro mestiere ne fanno una ragione di vita o meglio una missione da compiere. Per loro il cinema non è mito e spettacolo, legato alla riflessione, come intendeva il maestro Sergio Leone, ma solo ed essenzialmente riflessione, inteso come impegno civile. In Italia, che abbia mostrato queste caratteristiche ben marcate, rispetto agli altri, c’è stato un interprete che ha voluto, attraverso le opere cinematografiche in cui ha lavorato, scavare affondo nelle storie più oscure del nostro Paese.
Nacque a Milano il 9 aprile del 1933, con il nome di Gian Maria Volonté. Venne al mondo in piena epoca mussoliniana; suo padre, appartenente nella milizia fascista, al termine della guerra finì in prigione con l’accusa di aver assassinato alcuni partigiani.
Fu un duro colpo per lui che, inizialmente e causa di problemi economici e per fare fronte alle limitate disponibilità economiche della famiglia, lasciò gli studi dedicandosi ai diversi più disparati lavori. Proprio da questa brutta esperienza in lui si alimentò la convinzione che il cinema fosse solo ed esclusivamente impegno civile.
Il 6 dicembre di 27 anni fa ci lasciò improvvisamente a causa di un infarto mentre era impegnato nella realizzazione di un film dal titolo: ‘Lo sguardo di Ulisse’, diretto dal regista Theo Angelopoulos. In quell’occasione avrebbe recitato al fianco di Harvey Keitel.
Tra i suoi ruoli più iconici, molto probabilmente quello che gli diede maggior soddisfazione fu quello che gli valse, nel 1968, il Nastro d’argento come miglior attore protagonista per il film del 1967, e tratto dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia, ‘A ciascuno il suo’.
Nonostante ciò, la fama e la notorietà arrivarono tre anni prima, nel 1964, con ‘Per un pugno di dollari’ di Sergio Leone; dove tutti si ricordano il suo ruolo in quel film: l’antagonista di Clint Eastwood. L’anno seguente partecipò anche a ‘Per qualche dollaro in più’. La sua carriera, però, ufficialmente ebbe inizio nel lontano 1960 con ‘Sotto dieci bandiere’, un lungometraggio di guerra basato su fatti realmente accaduti. Un percorso professionale, il suo, che è poi, come detto, da film di mero impegno civile e ricordarli tutti sembra quasi impossibile: Il Caso Mattei, Aldo Moro, Le quattro giornate di Napoli, Lucky Luciano, Sacco e Vanzetti, Sbatti il mostro in prima pagina, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Cronaca di una morte annunciata, La classe operaia va in paradiso e tanti, tanti altri ancora.
Nel prendere parte a questi lungometraggi ha collaborato, oltre che con Sergio Leone, in particolar modo con Elio Petri, Francesco Rosi e Giuliano Montaldo. Nel 1980 si improvvisò sceneggiatore per la pellicola ‘Stark System’; inoltre, in due occasioni, non aveva nemmeno disdegnato la prosa radiofonica Rai con titoli come: La rosa rossa e La congiura.
Di lui, a distanza di oltre un quarto di secolo, ci rimangono tutte le sue interpretazioni che, a nostro modesto parere, sono tutte iconiche. Nessuna supera l’altra per rilevanza e per capacità di stare davanti alla macchina da presa.