Uno dei dolci più rappresentativi di Napoli nel mondo e sicuramente il più conosciuto, è il Babà. Proveniente da una cucina regale, quella del duca di Lorena, già Re di Polonia, appassionato di cucina ma in special modo di dolci, deve la sua “nobiltà” alla enorme diffusione avuta nella capitale partenopea e sicuramente alla capacità dei pasticcieri napoletani di renderlo perfetto. Si racconta che Stanislao mentre era intento a rendere un dolce di origini austriache “il Kugelhopf”, morbido per più giorni lo bagnò con un vino fortificato: Il Madeira. Per alcuni “la bagna” fu un fatto puramente casuale. Il sovrano stanco di mangiare quel dolce asciutto lo scagliò lontano colpendo una bottiglia di Madeira che rovesciandosi lo inzuppò rendendolo più gradevole. Inizialmente il suo nome fu ” il Kugelhopf ubriaco”.
Il nome di Alì Babà fu dato dallo stesso Stanislao Leszczinski, grande appassionato delle favole contenute nel libro “Le Mille e una notte”. In seguito, fu migliorato l’impasto e fu arricchito di uva passa, canditi, e zafferano. Il suo incontro con il rum giamaicano lo si deve invece al pasticciere polacco Nicolas Stohrer al servizio di Maria Leszczinski, figlia di Stanislao e sposa del re di Francia Luigi XV. Il dolce “Alì babà”, come si chiamava trecento anni fa a Parigi e come si chiama ancora oggi nella prestigiosa pasticceria Stohrer, aveva una forma leggermente diversa dal “turzo” o ” capocchia”: non conteneva più frutta candita, zafferano e uvetta. Come arrivò a Napoli?
Passò da una corte all’altra ed arrivò nella capitale del regno borbonico grazie a Maria Carolina d’Austria, moglie del vulcanico Ferdinando IV di Borbone re di Napoli e sorella di Maria Antonietta, la regina ghigliottinata. Ma fu successivamente, nella prima metà dell’Ottocento, grazie ai cosiddetti “monsù” cuochi provenienti dalla Francia ed al servizio nelle famiglie aristocratiche napoletane, che ebbe grande diffusione nella capitale partenopea.
E’ qui che, secondo alcuni, fu realizzato il dolce che conosciamo oggi: tre lievitazione per renderlo più soffice, la composizione della famosa e indispensabile ” bagna” e le sue dimensioni ridotte ed a forma di fungo. Divenne ben presto di gran modo come dolce da passeggio tra i signori della Napoli bene.
La bontà del babà sta nella sua semplicità: nella sua consistenza e, allo stesso tempo, delicatezza, nell’eleganza e nell’emozione che suscita con il suo profumo allorché si incontra con la sua “bagna” di rum che gli dà la giusta dolcezza.
Certo non è un dolce da mangiare durante una dieta. Il suo contenuto calorico contiene carboidrati, grassi, sale e proteine, è di circa 250 Kcal per ogni 100 grammi.
Di difficoltà media nella preparazione in casa. Occorrono i seguenti ingredienti: Farina “O”, burro, uova (compreso il tuorlo), lievito di birra fresco, zucchero e sale. Per la “bagna”: acqua, zucchero Rum, aroma strega, Alchermes.
Le dosi e gli ingredienti variano, anche se di poco, da pasticciere a pasticciere e al classico babà al rhum, a seconda dei gusti, ci sono tante varianti con farcitura di crema, cioccolata ecc.
Prossimamente parleremo della Regina dei dolci napoletani…