È trascorso solamente un anno, ma l’affetto è rimasto immutato; indimenticabile come una divinità, indimenticabile da parte di tutti coloro che lo hanno visto e che continuano, imperterriti, a tramandare le sue gesta. Come si fa a non raccontarlo, come si fa a non dire che Diego Armando Maradona è stato e sarà per sempre il più grande calciatore di tutti i tempi?
Oggi, 25 novembre 2021, è un anno che ci ha lasciato. Un anno da quel giorno in cui siamo rimasti di stucco, increduli per la sua scomparsa, per la sua morte, alla quale sembravamo tutti quanti pronti ma che alla fine ci ha spiazzato ugualmente. Forse perché in anni passati, Diego Maradona, ci aveva sempre abituato a certe apprensioni, come nel 2000 in Uruguay.
L’anno scorso, invece, fu l’ultima. Lui, l’unico vero capace di insidiare il trono di un altro grande che in questi mesi ha compiuto 81 anni, ovvero Pelè, se n’è andato lasciando un forte vuoto, non solo nei campi di calcio, ma anche tra i tifosi. Soprattutto tra quelli che lo hanno sempre amato, che gli hanno perdonato tutto, quelli che lo hanno sempre osannato, ringraziandolo di avergli regalato sette anni di pura leggenda, sette anni di puro calcio. Stiamo parlando dei tifosi del Napoli.
La sua genialità non è mai uscita ad intermittenza, anzi. Fin da subito, fin da ragazzino, aveva sempre mostrato e dimostrato quelle particolari capacità con il pallone che lo avrebbero contraddistinto da qualsiasi altro giocatore presente sulla faccia della terra. Una continuità impressionante supportata, ulteriormente, da una spensieratezza impressionate.
Vedere ogni sua giocata era come scoprire qualcosa di nuovo. Il modo con cui portava il pallone, il modo in cui puntava l’avversario e giocava per la squadra, con una visione di gioco a trecentosessanta gradi, non erano di questo mondo. Appartenevano a qualcuno di superiore. Le sue erano giocate diverse non in ogni partita, ma in ogni momento del match. Sembrava che giocasse prima per gli altri e poi per sé stesso.
Il palleggio lo effettuava in qualsiasi modo e con qualsiasi oggetto abbastanza rotondo. Persino con limoni, arance e palline da golf. Un dono della natura, insomma, che a quindici anni, proprio come Pelè, lo portò ad essere esordiente nell’Argentinos Junior.
Eppure, la leggenda narra che i tifosi, di Diego, se ne erano accorti già qualche anno prima delle sue capacità. In modo particolare, durante gli intervalli delle partite del campionato nazionale un gruppo di ragazzini entrava in campo con il compito di intrattenere i tifosi sugli spalti in attesa dell’inizio del match. Indovinate chi non faceva mai cadere la palla a terra?
Un mese prima di morire, Maradona aveva raggiunto la quota dei 60 anni di età. Nato venti anni dopo Pelè, il 30 ottobre del 1960 a Villa Fiorito, in una delle zone più povere di Buenos Aires. ‘El Pibe De Oro’, questo il suo soprannome, apparve per la prima volta davanti alle telecamere intorno ai dieci anni. Indimenticabile quel video di quando era ragazzino, in un campetto, che palleggiava, senza mai far cadere la palla, sognando di giocare nella nazionale e vincere il mondiale. Sogni che realizzò alcuni anni più tardi.
Maradona in carriera non vinse quanto Pelé. Dopo l’Argentinos Junior venne ceduto al Boca Juniors e dopo un po’, a causa dei debiti che lo stesso club aveva contratto, fu costretto a trasferirsi a Barcellona. Con il team catalano non brillò o meglio non vinse nulla di rilevante. Un biennio di magie che non lo portano a consacrarsi come stella di prim’ordine nel mondo del calcio.
Nonostante ciò, il suo talento era apprezzato da tempo. Fino agli anni blaugrana poteva vantare in bacheca un mondiale under 17 vinto con la sua nazionale ma, purtroppo, il c.t. dell’epoca, Cesar Menotti, non lo convocò per il mondiale vittorioso in casa del 1978. Neanche il 1982 gli andrà bene. Si fece espellere contro il Brasile, dopo che sulla sua strada aveva trovato un insuperabile Claudio Gentile. Il quale più con le brutte, che con le buone, lo fermò senza mezze misure.
Le sue rivincite sportive non tardarono ad arrivare e giunsero nella città più bella del mondo rappresentata dalla squadra che non aveva mai vinto nulla. Il Napoli, fino a quel momento, fino a quell’estate 1984, aveva conquistato solamente due coppe Italia. Con lui, in pochissimi anni divenne non solamente una squadra di vertice ma anche una squadra vincente e che annichiliva le grandi corazzate del nord.
Prima di far vincere il primo scudetto all’ombra del Vesuvio, nell’estate del 1986, guarda caso proprio in Messico, trionfò nel Mondiale di quell’anno. Vinse completamente da solo e regalando a tutti gli esteti del calcio non uno dei più gol ma il gol del secolo scorso. Contro l’Inghilterra partì da dietro linea di centrocampo per poi andare, dritto per dritto, verso la porta avversaria. Tutti impazzirono, compreso il telecronista argentino.
Qualche minuto prima realizzò il più grande furto della storia del calcio segnando con la mano. L’Inghilterra in quella giornata di fine giugno venne distrutta come risarcimento per l’umiliazione che gli stessi argentini subirono durante l’inutile guerra delle Falkland. Neanche Belgio e Germania poterono nulla e Diego conquistò il suo unico mondiale in carriera.
Al Napoli regalò due scudetti, 1986-1987 e 1989-1990; una Coppa Uefa, nel 1989; un’altra coppa Italia, nel 1987, e la Supercoppa Italiana, nel 1990. Poi la sua stella iniziò a perdere lucentezza per colpa della sua vita privata, per colpa di un grosso problema che si portava da Barcellona: la droga.
Ecco perché molti lo hanno sempre attaccato, ecco perché molti non lo hanno mai considerato nemmeno il più forte di tutti i tempi. Al di là degli errori, macroscopici, fatti sulla sua persona, prima, e sulla sua carriera, poi, non si può togliere ‘A Cesare quel che di Cesare’. Di certo le cadute di stile, tutte le volte che si è trovato in faccia alla morte, i tentativi di rialzarsi, specialmente nel 1994, hanno attirato su di sé sempre forti critiche. Sempre forti attacchi.
Come detto non ha vinto quanto Pelé, non ha segnato quanto O’Rey. Sicuramente, però, ha fatto divertire di più, portando una squadra mai vincente nell’olimpo della storia del calcio. A Napoli si sentiva amato e al tempo stesso oppresso, proprio per il troppo calore che la città stessa gli regalava con un affetto smisurato. Un amore incondizionato e che ancora adesso, come per due fidanzati, non si è mai affievolito. La sua fuga nel cuore della notte nel marzo del 1991 non ha mai spezzato il legame fra la città ed il calciatore.
La prova di ciò? Quando lo stesso Diego, diversi anni più tardi tornò a Napoli per la partita di addio di Ciro Ferrara, il suo compagno di squadra di quel Napoli vincente. Non solo, dal giorno della sua scomparsa, fino ad oggi, ogni tifoso lo ha omaggiato nei modi più disparati. Ancora: anche il mondo del cinema e delle serie tv non sono stati a guardare: proprio oggi uscirà nei cinema ‘E’ stata la mano di Dio’, diretto da Paolo Sorrentino e che verrà poi distribuito su Netflix dal 15 dicembre prossimo; dallo scorso ottobre, su Amazon prima è stata pubblicata una serie, composta da dieci episodi che racconta la sua storia. Senza dimenticare, in ultimo, una statua realizzata in suo onore e che verrà presentata proprio stasera in occasione del match di Europa League, Napoli – Spartak Mosca.
La sua parabola sembra una leggenda di un personaggio inventato. Invece no, è tutto vero. La sua storia, le sue vittorie e i suoi drammi personali. Nonostante la sua vita altamente sregolata è riuscito comunque ad arrivare ai 60 anni, dunque. E anche se, almeno per qualcuno, non è stato il miglior giocatore per come si è comportato fuori dal campo e per il numero dei trofei vinti, di sicuro era e sarà per sempre il più geniale mai visto sul rettangolo di gioco.
Chiudendo si possono ricordare le parole dell’allora direttore della Gazzetta dello Sport, Candido Cannavò, il quale, per la videocassetta numero 1 della serie ‘I campioni del secolo’, distribuita con il quotidiano, affermò che Pelè era il numero, era il giocatore del secolo; ma Diego Armando Maradona lo considerava come qualcosa a parte, come un gioiello della natura che ci è cascato da cielo.
FONTE FOTO WIKIPEDIA – PUBBLICO DOMINIO