La moda è la modificazione obbligatoria del gusto (Georg Simmel)
Sono quasi sempre le mode che periodicamente fanno apparire e sparire barba e baffi dal volto maschile. Da sempre la barba è stata considerata simbolo di virilità e saggezza.
La storia della barba è molto interessante poiché illustra come, con il progresso della civiltà, il maschio preferisce manifestare la sua mascolinità in modo più raffinato. Gli Assiri erano soliti cospargere la barba con oli profumati per darle lucidità, aggiungendo nelle occasioni solenni polvere d’oro o argento.
Nell’antico Egitto la barba veniva considerata simbolo di potere e rispetto, anche la regina Hatseputh (1480 a.C) ne utilizzava una finta quando sedeva sul trono. Poco utilizzata invece dai Greci che ritenendola un pericoloso appiglio per i nemici, erano soliti radersi, fatta eccezione però dei filosofi per i quali resterà come segno distintivo nel tempo: lunga per i peripatetici, corta per gli stoici e lunga e riccioluta per gli epicurei.
Passano i secoli e la barba diventa sempre più di moda. Nell’Alto Medioevo c’è chi la faceva crescere per essere temuto o chi, all’opposto voleva farsi accreditare come uomo di penitenza; e chi addirittura la portava lunga e divisa in ciuffetti legati con fili d’oro (soprattutto dopo la seconda crociata), suscitando così ampie critiche dalla chiesa che accusava l’indecenza delle troppo ricercate acconciature maschili.
Nella Venezia di quei tempi venne anche emanata una legge che proibiva le barbe finte che troppo spesso venivano indossate per nascondere il volto dei criminali. La barba come simbolo di mortificazione e dolore ricomparve in seguito nel ‘500, quando al tempo del sacco di Roma (1527), papa Clemente VII non si tagliò più la barba in segno di lutto.
Nel’600 alla corte d’Inghilterra, gli uomini esibivano barba e baffi appuntiti e nasceva la “mosca”, un ciuffetto di peli sul mento ritenuto simbolo di grande virilità la cui moda sarebbe continuata anche nel secolo successivo con l’aggiunta dei baffi dalle punte all’insù.
IL 1800 è stato definito “l’era dei baffi”: è in questo periodo che hanno il loro periodo d’oro insieme alle basette, in gran voga tra i giovani. Grande cura quindi durante il giorno, quando venivano profumati e unti con preziosi unguenti ed anche la notte quando venivano avvolti nella carta velina. Per tenerli in piega si diffonderà in seguito il “piegabaffi”: una toppa che i signori la sera prima di dormire, applicavano ai baffi, assicurandola alle orecchie.
Le basette sono due strisce di barba che salgono a congiungersi, davanti alle orecchie, con i capelli; si allungano poi intorno alla mascella formando “la barbetta” resa famosa da Cavour.
Fino al 1850, bastava un’occhiata al viso di un uomo per sapere come la pensava in fatto di politica: se il mento fosse stato liscio si sarebbe trattato di un conservatore; se il signore ottocentesco ostentava i baffi o il pizzo si poteva concludere che era una testa calda e cioè un patriota.
Nel Novecento a partire dal secondo dopoguerra, dopo l’imponente revival sessantottesco della barba, dei baffi e dei capelli, la corrente si porta via tutto quel pelo. Barba e baffi tenderanno a scomparire sempre di più, lasciando il posto ad una bella rasatura considerata segnale di pulizia e bell’aspetto.
Oggi si predilige una barba corta ben curata, questo ornamento maschile è simbolo di stile e scegliere quella più idonea è prerogativa estetica e di virilità.