Il fiume Sarno ha goduto di buona fama nel tempo antico e molti artisti ne hanno tratto ispirazione per la propria attività creativa. Ecco una disamina che prende avvio dalla stagione settecentesca
Agli onori della cronaca, oggi, con il triste e non invidiabile primato di essere il fiume più inquinato d’Italia, il Sarno vanta, invece, una storia piuttosto ricca ed è un dato di fatto che la sua bellezza ha saputo ispirare numerosissimi artisti a ritrarne le acque e le rive, dalle sorgenti, fino alla foce, non trascurando di lasciar planare essi la propria attenzione figurativa su alcuni scorci particolari come quelli che questo corso d’acqua definisce, ad esempio, nell’attraversamento della cittadina di Scafati.
Il Sarno, insomma – come altri fiumi in Campania; pensiamo al mitico Sebeto o al Volturno ed al Garigliano, o anche al Sele ed all’Alento – ha una storia nobile e complessa, che le pagine dell’arte hanno saputo descrivere, lasciandoci, oggi, una testimonianza particolarmente preziosa sia sotto l’aspetto propriamente artistico, sia nella prospettiva della storia civile.
Senza arretrare particolarmente indietro nel tempo (come pure alcune testimonianze antiche di Moregine o di Sant’Egidio del Monte Albino consentirebbero di poter fare), andiamo ad osservare le prime tracce di ciò che vorremmo definire una ‘imagérie’ del Sarno a partire dall’arte settecentesca, quella, in particolare, che aveva saputo rendere la pittura di paesaggio non soltanto un genere accattivante e fantasioso (pensiamo ai paesaggi d’immaginazione, ad esempio, già dal ‘600, di Salvatore Rosa) ma anche un genere volto ad indirizzare il proprio interesse per una descrizione analitica del territorio (van Wittell).
Rivolgeremo, pertanto, la nostra attenzione verso un autore che ha non pochi meriti nell’aver fornito un contributo importante alla pratica descrittiva delle regioni del Sud, quel Philip Hackert, in ispecie, che si è reso protagonista di una lettura analitica di importanti siti del Regno e, in particolare, a partire dal 1788, della raffigurazione dei più importanti porti delle regioni meridionali.
Hackert provvede alla raffigurazione ‘anche’ del Sarno e ne produce delle soluzioni figurative di intrigante pregnanza, che si distinguono non soltanto per la capacità documentativa dei luoghi, ma anche per la carica di ammirata partecipazione emotiva che queste immagini sanno suscitare.
È pittura ancora tutta settecentesca, ma sembrerebbe preludere alle atmosfere romantiche del secolo successivo, quasi in un gioco di intelligente prolessi della capacità descrittiva e grafemica di Giacinto Gigante.
Il Sarno, nelle opere di Hackert, è raffigurato nella esuberante prestanza di dominio della scena: una scena variamente presentata con vedute di scorcio angolare in cui il paesaggio esalta le sue peculiarità naturalistiche ed in cui assume senso e vigore anche l’additamento figurativo dell’impresa trasformativa del territorio messa in pratica dall’opera dell’uomo.
Sarà utile aver conto di qualche opera particolare come quella che si presenta col torrione sulla destra, il ponte centrale ed una scena georgica e pastorale in piano medio o come quella che descrive il passaggio del Sarno nel contesto della cittadina di Scafati.
L’una opera e l’altra profilano due ‘tagli’ paesaggistici profondamente diversi: bucolico, la prima, ‘illuministicamente cittadino’, la seconda: e si manifesta, così, la modernità di questo artista che sa lasciar svolgere alla propria personalità creativa quel ruolo di cerniera storica che era proprio quanto la committenza reale (Ferdinando IV) si attendeva da lui.
Non senza osservare che corre tra Hackert già detto e Salvatore Fergola, pittore di un po’ successivo, che qui introduciamo, quasi un filo di continuità – vorremmo dire ‘contenutistica’ più che propriamente ‘formale’ – osserveremo come quest’altro artista, anch’egli protagonista di una pratica paesaggistica di forte impronta ‘descrittiva’ (si pensi alla sua opera, ad esempio, della ‘Inaugurazione della ferrovia Napoli-Portici’), provveda a fornirci una esuberante prospettiva contestuale della scena ambientale caratterizzata dal corso del Sarno, vividamente restituito in una prospettiva di veduta costruita secondo gli schemi più propri e personali dell’artista governati da una disposizione dell’immagine articolata secondo una scansione significativamente ‘orizzontalista’.
Citeremo anche di questo autore due opere, in particolare, che rispettivamente illustrano l’una ‘Le sorgenti del Sarno’ e l’altra una ‘Veduta del fiume attraversato da un ponte’.
Mentre quest’ultima è caratterizzata da una impostazione compositiva di piana descrittività, che segue lo schema ‘orizzontalista’ tipico dell’artista, proponendo una visione colloquiale e descrittiva della presenza vitale del Sarno nel contesto abitativo e sociale, l’altra ‘Veduta’ sembra, piuttosto, indulgere ad una sensibilità di diverso tipo, più decisamente versata ad una prospettiva ancora, per certi versi settecentesca e, comunque, volta alla messa a punto di un’immagine suadentemente sentimentale, dai colori caldi, dalla luminosità filtrata ed avvolgente e dall’abbrivio sostanzialmente ‘narrativo’, che tutta la scena intende ispirare.
Nella seconda parte saranno indicate le fonti di prelievo delle immagini di cui già ringraziamo gli autori.